L'esperto risponde

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All'interno della presente sezione è possibile reperire articoli, news e interviste realizzate con la collaborazione dei nostri esperti relativamente alla pedodonzia. Si tratta di articoli redatti con chiara valenza scientifica, con l’obiettivo di fare il punto su nuove metodiche, tecniche e trattamenti.

Inoltre è possibile votare gli articoli, condividerli, stamparli, per avere sempre a portata di mano gli argomenti più rilevanti in materia di pedodonzia, ortodonzia pediatrica, patologia orale pediatrica.

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Mai più impronte fastidiose… ora sono digitali! Lo scanner intraorale

Che cos`è lo scanner intraorale?

Lo scanner intraorale è un dispositivo innovativo che permette di registrare la forma e le caratteristiche dei denti, oltre che in generale delle diverse strutture anatomiche presenti nel cavo orale, e immagazzinare le immagini in un software specifico.

Come funziona lo scanner intraorale?

Lo scanner, tramite l’uso di un sensore, fotografa meticolosamente tutta l’anatomia della bocca e proietta l’immagine in tempo reale su un monitor. Così facendo, il clinico ha la possibilità di osservare i dettagli di un determinato trattamento ortodontico prevenendo possibili errori di realizzazione e/o di calcolo. L’immagine in tre dimensioni, una volta salvata, viene immediatamente inviata al laboratorio dentale che poi svilupperà il lavoro in termini ristretti di tempo.

Lo scanner può risultare fastidioso?

Assolutamente no! Lo scanner è stato ideato con la finalità sia di lavorare clinicamente con un minor margine di errore sia con l’obiettivo di migliorare l’esperienza del paziente. Il sensore non entra in contatto con nessuna parte del corpo e viene fatto passare sia sull’arcata dentale superiore che su quella inferiore.
Essendo dunque un procedimento non invasivo, elimina definitivamente l’uso di materiali quali l’alginato o il silicone che spesso creano sensazione di nausea e vomito nei pazienti durante il registro delle impronte dentali.

Perché i materiali usati in precedenza causavano episodi emetici?

Il materiale di per sè non ha proprietà o caratteristiche tali da creare episodi di nausea nei pazienti. Tali reazioni sono dovute al fatto che per un periodo di tempo variabile tra i 30 secondi e i tre minuti un cucchiaio di metallo porta-materiale entra in contatto con il palato o la lingua attivando, in alcuni pazienti, un riflesso emetico o una sensazione di soffocamento. Questa problematica sembrerebbe però aver trovato finalmente una soluzione.

Lo scanner intraorale sostituisce dunque le impronte tradizionali anche nei bambini?

L’obiettivo della tecnologia scanner è quello di sostituire le tecniche utilizzate in passato, quali le impronte, apportando notevoli vantaggi dal punto di vista ergonomico e della qualità finale del trattamento odontoiatrico. Si può utilizzare sia sugli adulti che sui bambini.

Per quali trattamenti odontoiatrici viene utilizzato lo scanner intraorale?

Lo scanner intraorale ha molteplici applicazioni, essendo esso utilizzato sia in odontoiatria pediatrica e ortodonzia nella programmazione di eventuali apparecchi fissi o mobili, sia in chirurgia per le riabilitazioni con gli impianti sia in protesi per le corone, intarsi e ponti dentali.

Lo scanner intraorale ha la stessa precisione delle tecniche utilizzate in precedenza?

Uno dei vantaggi dello scanner risiede proprio nella precisione del registro rilevato, aspetto che spesso era soggetto a errori con le tecniche utilizzate in precedenza.
Si può affermare che la precisione è aumentata con lo scanner.

Lo scanner intraorale può essere utilizzato da tutti i dentisti? Richiede una certificazione speciale?

Può essere adoperato da tutti i dentisti senza una specifica certificazione proprio perché richiede una breve curva di apprendimento.
Ha dunque un uso universale indipendentemente dall’età del paziente.

Autore

Dott. Federico Villani

Dott. Federico Alcide villani

Il Dott. Federico Villani si è laureato con lode in Odontoiatria e Protesi dentaria presso l’Università Europea di Valencia (Spagna) nel 2017. Dopo aver conseguito il Master in Odontoiatria Ospedaliera presso l’ Universitat de Valencia nel 2018, è attualmente iscritto al Master di I livello in “Salute orale nelle comunità svantaggiate e nei paesi a basso reddito” presso l’Università di Torino.
Svolge l’attività di odontoiatra libero professionista presso l’Ospedale San Isidoro di Trescore Balneario, l’Istituto Stomatologico di Milano e cliniche private. Si occupa prevalentemente di pedodonzia. E’ autore di articoli scientifici su riviste nazionali e internazionali.

La pulizia dei denti professionale nei bambini

A che età è consigliata la prima pulizia dei denti professionale?

Una prima pulizia dei denti professionale può essere generalmente programmata già a partire dai tre/quattro anni di età, qualora ve ne sia la necessità.
Ricordiamo che il primo dente spunta in arcata verso i sei mesi di vita e l’igiene orale domiciliare è consigliata sin dall’eruzione del primo dentino, con spazzolino e dentifricio.
Il completamento eruttivo di tutti i denti da latte termina all’incirca verso i tre anni.
Va comunque segnalato che ci possono essere variazioni nel lasso di tempo eruttivo medio che non devono far preoccupare i genitori.

Quando si rende necessaria la pulizia dei denti dal dentista?

La pulizia dei denti dal dentista nei bambini si rende necessaria per diversi motivi.
Spesso i genitori riferiscono molta difficoltà nel praticare l’igiene orale quotidiana ai loro figli, con conseguente accumulo di macchie e tartaro che -una volta adese alla superficie dei denti- non vanno più via con lo spazzolino manuale o elettrico utilizzato a casa.
In alcuni casi poi i bambini presentano delle macchie nere causate da batteri (le black stains), che richiedono una rimozione professionale, essendo molto resistenti e difficilmente asportabili con lo spazzolino manuale o elettrico.
Inoltre una seduta di approccio si rende spesso necessaria nei bambini piccoli o non collaboranti che devono intraprendere cure più complesse, come le otturazioni o le devitalizzazioni dei denti da latte.
Se il piccolo paziente che non ha mai fatto nessuna cura dal dentista, iniziasse con dei trattamenti complessi e invasivi, sarebbe molto difficile ottenere una buona collaborazione anzi nella maggior parte dei casi si rischia di incutere timore al bambino che assocerebbe la figura del dentista al dolore e alla paura.
Meglio quindi iniziare con una pulizia dei denti che abitui il piccolo paziente a stare in una posizione supina, a tenere la bocca aperta, ad abituarsi ai rumori dell’aspiratore e dell’ablatore, ad avere l’acqua in bocca…così che sia già preparato per le sedute successive.
Ricordiamo inoltre che i dentisti amici di dentalbaby prima della pulizia dei denti eseguono le istruzioni di igiene, insegnando al bambino e al genitore a lavare i denti in autonomia.

Ablazione, detartrasi, igiene professionale, pulizia del tartaro… Che differenza c’è?

Nessuna, i quattro termini in questione sono sinonimi. Non vanno però confuse con uno spazzolamento clinico, che è un procedimento nel quale si rimuove unicamente la placca depositata sulla superficie dentale, in assenza di tartaro, tramite uno spazzolino specifico montato su uno strumento professionale apposito che assomiglia ad uno spazzolino elettrico.

Qual è la differenza tra placca e tartaro?

La placca è una fine patina di residui di cibo, batteri e cellule morte che si accumula sulle superfici dentali, sia nei bambini che negli adulti. In caso di una non perfetta igiene orale domiciliare, e soprattutto grazie anche all’azione della saliva, la placca si può trasformare in depositi duri dal colore giallognolo, comunemente chiamati tartaro. La placca può essere rimossa tramite lo spazzolamento mentre il tartaro richiede l’intervento di un professionista dentale che per rimuoverli utilizzerà degli strumenti ad ultrasuoni o manuali.

Il tartaro e la placca si formano anche sui denti da latte?

Purtroppo si, sia i denti da latte che i denti definitivi sono soggetti alla formazione di tartaro. Per questo motivo, può essere necessario prescrivere a un paziente pediatrico una seduta professionale di detartrasi.

Gli strumenti utilizzati per la pulizia dentale possono danneggiare i denti da latte?

Assolutamente no! Per la pulizia dentale vengono utilizzati degli strumenti a ultrasuoni chiamati ablatori che, tramite la vibrazione e un’abbondante fuoriuscita di acqua, rimuovono i depositi duri del tartaro senza andare a danneggiare lo smalto dei denti da latte e/o adulti. I professionisti sanno bene come utilizzare questi strumenti senza recare alcun danno allo smalto dei denti.

Con quale frequenza è consigliata fare una detartrasi?

Generalmente è consigliata una seduta professionale di detartrasi ogni 6 mesi, che coincide anche con il controllo clinico periodico.  Per chi è soggetto a una formazione più celere di tartaro o porta apparecchi che facilitano la ritenzione di placca, è consigliabile allora un richiamo più ravvicinato nel tempo.

È necessario effettuare un’ablazione del tartaro se poi tanto i denti da latte cadono spontaneamente?

Gli effetti terapeutici della pulizia dentale si riflettono sia sulla salute dei denti che su quella gengivale. Il tartaro, infatti, indipendentemente che si tratti di un bambino o un adulto, crea un’infiammazione sulle gengive e ciò si può manifestare con dolori orali diffusi e sanguinamento gengivale spontaneo o allo spazzolamento.
Dunque, mantenere la bocca in condizioni di salute, può evitare lo sviluppo di problematiche che portano anche alla perdita prematura di denti da latte.
Come visto anche nei precedenti articoli pubblicati su questa piattaforma, perdere prematuramente un dente da latte può pregiudicare il processo eruttivo di quelli definitivi.

Effettuare una pulizia dentale può prevenire le carie?

La pulizia può prevenire le carie in modo indiretto, ovvero sia, andando a eliminare tutti quei fattori che possono incidere nella formazione di una lesione cariosa. Inoltre, durante la pulizia, il professionista sanitario può scovare piccole carie in formazione fino a quel momento rimaste nascoste.

Mio figlio/a porta l’espansore del palato, può effettuare lo stesso la pulizia?

La presenza di apparecchi ortodontici sia fissi che mobili non limita in nessun modo la realizzazione di una pulizia dentale. Al contrario, proprio nei pazienti in cura con apparecchi dentali, sono consigliate frequentemente sedute professionali di igiene data sia la maggior difficoltà nella manutenzione domiciliare sia l’azione ritentiva che questi esercitano.

Che differenza c’è tra la pulizia dei denti e l’applicazione clinica del fluoro?

Entrambe hanno una finalità preventiva. La pulizia rimuove sia la placca che il tartaro mentre la fluoroprofilassi è un procedimento che consiste nell’applicare in studio sui denti decidui o definitivi uno strato di fluoro durante 4/5 minuti, in modo tale da creare una remineralizzazione dello smalto e uno scudo contro la formazione di lesione cariose.

Il Bicarbonato si utilizza nei bambini? Non è troppo aggressivo?

La pulizia del tartaro si accompagna, oltre agli strumenti a ultrasuoni, di specifiche polveri che aiutano a rimuovere macchie e pigmentazioni presenti sui denti.
Mentre negli adulti viene utilizzato il bicarbonato con questa finalità, nei denti dei bambini viene consigliata l’applicazione della polvere di glicina, che è meno aggressiva sullo smalto ma allo stesso tempo efficace.

La pulizia dei denti nei più piccolini può far cadere le otturazioni già effettuate in precedenza? A me, da adulto/a, è successo una volta che durante la pulizia venisse via un’otturazione!

La pulizia dentale non può creare un danno a un’otturazione pre-esistente. Le otturazioni, se fatte seguendo i protocolli clinici prestabiliti, non risentono del passaggio dello strumento a ultrasuoni utilizzato durante l’ablazione.
Negli adulti, a causa di abrasioni o carie, si possono effettuare delle otturazioni nelle zone dei “colletti” dei denti, localizzate nella superficie esterna del dente in prossimità della gengiva. Se vertono già in una situazione precaria, cosa che non dovrebbe essere normale, e se danno da tempo segni di cedimento, possono staccarsi al passaggio dello strumento professionale in clinica così come anche a casa quando ci si passa lo spazzolino.

Mio figlio/a porta un apparecchio acustico, può interferire durante la pulizia?

Come tutti sappiamo, la pulizia professionale, per quanto necessaria e fondamentale per la nostra salute orale, prescinde dall’uso di strumenti che dal punto di vista del suono possono ricordare quello del gessetto sulla lavagna. Tutto ciò può essere superato tramite l’uso di musica o radio che distrae dal rumore di fondo.
Gli strumenti, comunque, non interferiscono nel funzionamento degli apparecchi acustici ma, nonostante tutto, vanno sempre seguite le eventuali indicazioni del medico curante.

L’ablazione del tartaro è un procedimento doloroso nei bambini? Richiede l’applicazione di anestesia? Io soffro molto di sensibilità e spesso richiedo al mio/a dentista l’anestesia per poter fare la pulizia dei denti.

L’ablazione è un trattamento indolore, soprattutto nel caso dei pazienti pediatrici.
Negli adulti, complici la presenza di abrasioni per l’età, fattori esterni come il fumo, mancati controlli annuali e una forte infiammazione gengivale, la pulizia del tartaro può risultare fastidiosa e in casi specifici, su richiesta del paziente, viene effettuata un’anestesia locale previa. Ma, come detto prima, ciò non accade nei bambini, il cui approccio è molto più soft e grazie ai più moderni strumenti è possibile regolare la potenza, la velocità e il flusso d’acqua dell’ablatore.

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Dott. Federico Villani

Dott. Federico Alcide villani

Il Dott. Federico Villani si è laureato con lode in Odontoiatria e Protesi dentaria presso l’Università Europea di Valencia (Spagna) nel 2017. Dopo aver conseguito il Master in Odontoiatria Ospedaliera presso l’ Universitat de Valencia nel 2018, è attualmente iscritto al Master di I livello in “Salute orale nelle comunità svantaggiate e nei paesi a basso reddito” presso l’Università di Torino.
Svolge l’attività di odontoiatra libero professionista presso l’Ospedale San Isidoro di Trescore Balneario, l’Istituto Stomatologico di Milano e cliniche private. Si occupa prevalentemente di pedodonzia. E’ autore di articoli scientifici su riviste nazionali e internazionali.

Gli errori più frequenti che un genitore commette quando accompagna i propri figli dal dentista

Ho paura del dentista. Cosa devo fare per non trasmettere le mie fobie ai miei figli?

Spesso i genitori, inconsciamente, trasmettono una visione negativa ai propri figli riguardo la visita dal dentista. Avere paura del dentista non è una colpa, anzi, è un sentimento comune. Chiunque pratichi questa professione si è sentito dire almeno un centinaio di volte piuttosto di andare dal dentista preferirei… completando la frase nei modi più grotteschi. I bambini che vanno dal dentista per la prima volta, dietro un’apparente agitazione, in verità celano un’innata curiosità verso un mondo nuovo e fino a quel momento sconosciuto. Il genitore dunque non deve condizionare questa sensazione.

Posso entrare nello studio durante i trattamenti?

Generalmente si consiglia al genitore di presenziare durante la prima visita.
In tal modo, è in grado di conoscere il professionista che prende in cura il figlio/a e instaurare un rapporto di fiducia verso lo specialista. Inoltre, durante la prima visita, viene spiegato al genitore il piano di cura necessario e le eventuali correzioni da apportare a livello di igiene orale e alimentazione.
Nel caso fossero necessarie cure dentali, è preferibile che il paziente entri da solo e che il genitore aspetti in sala d’attesa.

Ho avuto esperienze negative dal dentista quando ero bambina. Come posso fidarmi?

Molti genitori, ma in generale la maggior parte dei pazienti, riferisce di aver avuto esperienze poco piacevoli dal dentista quando erano piccoli e che da quel momento l’odontoiatra è visto sempre con ansia e agitazione.
Come in tutte le cose, i traumi infantili vengono portati dietro per tutta la vita. C’è chi avrà per sempre paura dei cani perché è stato morso, magari anche in maniera affettuosa, quando era bambino e chi teme il dentista perché decadi addietro gli era stata curata una carie senza anestesia.
Va sottolineato che per fortuna l’odontoiatria è in costante evoluzione e sono stati introdotti nuovi materiali e nuove tecniche con la finalità di aumentare il confort del paziente durante il trattamento. Possiamo quasi dire che ormai sia diventato piacevole andare dal dentista!

L’anestesia fa male? Mio figlio sentirà dolore?

Come sottolineato precedentemente, sono stati introdotti nuovi materiali e procedure che distraggono il paziente durante l’anestesia e che rendono impercettibile la somministrazione dell’anestetico. Spesso si associa il momento dell’anestesia con quello del prelievo del sangue, perché il comune denominatore è pur sempre l’ago. In realtà, grazie alle nuove tecnologie, il momento dell’anestesia risulta essere completamente indolore.

Che termini o che espressioni devo evitare di usare?

Se non fai il bravo ti porto dal dentista, oppure andiamo dal dentista che ti fa la puntura. Queste sono due delle frasi che più possono determinare in modo negativo la percezione che hanno i bambini del dentista. La visita odontoiatrica non deve essere vista come una punizione, tutto il contrario. Il bambino deve capire che il dentista, così come gli altri dottori, sono figure che lo aiutano a risolvere determinate problematiche.
Usare termini forti, come puntura o trapano, possono creare un’inutile agitazione nel bambino, che sviluppa uno stato di paura verso strumenti che, usati in buone mani, sono totalmente innocui.

Che comportamenti devo adottare per prevenire problemi ai denti di mio figlio?

La prevenzione è il primo strumento di cura. Un’adeguata igiene dentale domiciliare, i controlli periodici dal dentista e un’attenta alimentazione sono imprescindibili per la salute orale.

Quando devo eseguire la prima visita dal dentista?

È consigliabile eseguire la prima visita quando appare il primo dente da latte, intorno ai 6-7 mesi. A partire da quel momento andrebbero fatti controlli periodici dal dentista in modo da rilevare eventuali problematiche in modo precoce.

Mio figlio si comporta meglio se sono presente nello studio. Così accade quando lo porto dall’oculista o dal medico per il certificato sportivo.

Il dentista è purtroppo (o per fortuna) una realtà a sé stante. Il fatto di dover osservare e analizzare il cavo orale può inconsciamente essere percepito dal paziente come un’intrusione nella propria intimità. È necessario che si instauri fin da subito un rapporto di reciproca fiducia tra dentista e paziente. Per questo motivo è preferibile che i genitori aspettino in sala d’attesa. La loro presenza all’interno dello studio dentistico puó essere vista dal bambino come ancora di salvezza dalla visita dentistica, portando a un comportamento non collaborante.

È sbagliato sgridare il proprio figlio se piange in sala d’attesa perché non vuole entrare?

Non c’è una risposta categorica a questa domanda. Le lacrime non sempre sono associate a un capriccio. Spesso possono derivare da un forte stato di agitazione. Sarà dunque compito dell’odontoiatra quello di calmare il piccolo paziente e metterlo a proprio agio. A volte basta anche un semplice gesto per cambiare in positivo lo stato d’animo del bambino.

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Dott. Federico Villani

Dott. Federico Alcide villani

Il Dott. Federico Villani si è laureato con lode in Odontoiatria e Protesi dentaria presso l’Università Europea di Valencia (Spagna) nel 2017. Dopo aver conseguito il Master in Odontoiatria Ospedaliera presso l’ Universitat de Valencia nel 2018, è attualmente iscritto al Master di I livello in “Salute orale nelle comunità svantaggiate e nei paesi a basso reddito” presso l’Università di Torino.
Svolge l’attività di odontoiatra libero professionista presso l’Ospedale San Isidoro di Trescore Balneario, l’Istituto Stomatologico di Milano e cliniche private. Si occupa prevalentemente di pedodonzia. E’ autore di articoli scientifici su riviste nazionali e internazionali.

Carie da biberon: una problematica diffusa ma evitabile. Le indicazioni necessarie da seguire

Cosa sono le carie da biberon?

Il termine carie da biberon, dall’inglese Baby Bottle Syndrome, indica una situazione clinica nella quale il bambino presenta molteplici lesioni cariose dovute a un’esposizione, frequente e prolungata nel tempo, a liquidi contenenti zucchero.

Il biberon dà il nome a questa condizione clinica perché veicola le sostanze zuccherate nella bocca del bambino.

Perché lo zucchero è pericoloso?

I batteri presenti nel cavo orale metabolizzano lo zucchero e producono una sostanza acida che attacca lo smalto dei denti. La saliva esercita un effetto tampone, ossia protegge i denti.

Di notte però, vi è una minor secrezione di saliva e dunque una maggior esposizione all’azione cariogena dei batteri, con una conseguente minore protezione nei confronti della carie.

Come appaiono clinicamente le carie da biberon? Sono riconoscibili?

Le carie da biberon colpiscono inizialmente gli incisivi superiori, quindi il gruppo di denti anteriore. Con il passare del tempo appaiono carie anche a livello dei molari. La particolarità di questa situazione clinica è che, negli stadi iniziali, le carie si localizzano solamente nell’arcata superiore, mentre l’arcata inferiore può risultare in salute o con limitate zone ipomineralizzate. È consigliata una visita dal dentista già dopo l’eruzione del primo dentino, intorno ai sei mesi di vita, per una eventuale diagnosi precoce.

Esistono dei fattori preesistenti che possono predisporre a questa sindrome?

Alcuni batteri, quali lo Streptococco mutans presente nella saliva materna e che quindi potrebbe essere trasmessa al bambino, la scarsa salivazione notturna e la presenza di ipomineralizzazione dello smalto (conosciuto come MIH) sono fattori che si associano a una maggior incidenza di carie da biberon.

Quali possono essere le possibili complicanze?

La presenza diffusa di lesioni cariose in giovane età può comportare un danno sia estetico che funzionale al piccolo paziente pediatrico. A seconda dell’estensione e dell’entità della carie, si possono occasionare infiammazioni del nervo (pulpiti), ascessi o perdite premature di elementi dentali. La mancanza di denti si ripercuote negativamente nella masticazione del bambino, che, in situazioni complesse, può manifestare iposviluppo corporale, osseo e perdita di peso.

Cosa devo fare per prevenire l’insorgenza di carie?

Una volta compresa l’entità del problema, è necessario apportare modifiche, spesso drastiche, al proprio stile di vita. È dunque necessario ridurre l’assunzione di zuccheri, eliminare le bevande zuccherate o il ciuccio intinto nel miele prima di dormire, avere una igiene orale meticolosa e attenta, educare anche i genitori per evitare recidive o future complicanze. Inoltre è consigliabile eseguire controlli periodici dal dentista di fiducia per una corretta prevenzione orale.

Mio figlio non riesce ad addormentarsi senza biberon, cosa devo fare?

Secondo l’Associazione Americana di Odontoiatria Pediatrica, il biberon deve essere assolutamente eliminato prima dei due anni, ancora meglio se questo passaggio viene eseguito prima dei 18 mesi. Il distacco dal biberon deve essere graduale. Gli esperti consigliano un aumento degli intervalli di tempo tra un uso e il seguente, la sostituzione del latte con acqua e un’introduzione alla tazza.

I denti affetti da questa sindrome possono essere curati o devono essere estratti?

Il trattamento delle carie da biberon dipende da molti fattori. In primo luogo, è necessario valutare la magnitudine della lesione cariosa, l’età del paziente pediatrico e le condizioni di salute sistemiche. La cura per le carie è l’otturazione; nel caso vi sia un interessamento del nervo sarà necessario procedere con una pulpotomia o pulpectomia.

Se la lesione è irreversibile, sintomatica e si accompagna anche da ascesso, puó essere anche necessaria l’estrazione.
In soggetti molto piccoli e con carie superficiali si tende a procedere con la fluoroprofilassi e vigilanza.

Come genitore, che errori devo assolutamente evitare?

I genitori giocano un ruolo fondamentale nella prevenzione delle carie, soprattutto in quelle secondarie ad uso incorretto del biberon. È dunque assolutamente da evitare la somministrazione di latte o di bevande contenenti lo zucchero prima di andare a letto se poi non viene eseguita un’approfondita igiene orale. Lo stesso discorso vale per il biberon, che spesso accompagna il sonno dei più piccoli ma in realtà sta favorendo l’azione cariogena dei batteri presenti in bocca.
Una alimentazione equilibrata e un’ottima igiene orale sono le chiavi per la prevenzione dentale. Inoltre ribadiamo l’importanza dei controlli periodici dal dentista.

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Dott. Federico Villani

Dott. Federico Alcide villani

Il Dott. Federico Villani si è laureato con lode in Odontoiatria e Protesi dentaria presso l’Università Europea di Valencia (Spagna) nel 2017. Dopo aver conseguito il Master in Odontoiatria Ospedaliera presso l’ Universitat de Valencia nel 2018, è attualmente iscritto al Master di I livello in “Salute orale nelle comunità svantaggiate e nei paesi a basso reddito” presso l’Università di Torino.
Svolge l’attività di odontoiatra libero professionista presso l’Ospedale San Isidoro di Trescore Balneario, l’Istituto Stomatologico di Milano e cliniche private. Si occupa prevalentemente di pedodonzia. E’ autore di articoli scientifici su riviste nazionali e internazionali.

I traumi dentali

Cosa sono i traumi dentali?

I traumi dentali sono eventi accidentali che possono interessare sia i tessuti duri che i tessuti molli del distretto oro-maxillo-facciale (denti, ossa, labbra e mucose). Gli elementi più colpiti sono gli incisivi centrali soprattutto i superiori a causa della loro fisiologica sporgenza.

Sono frequenti?

Le Linee Guida del Ministero della Salute riportano una incidenza annuale di circa il 4,5% con una prevalenza maggiore nei bambini in età prescolare (che varia dal 6,1% al 62,1%) e scolare (5,3%-21%). Soltanto ¼ dei casi avviene a carico di individui adulti.

Dove avvengono?

I traumi dentali possono avvenire in ambiente domestico, scolastico e durante il tempo libero. Spesso si verificano anche in luoghi pubblici come in presenza di strade sdrucciolevoli, in presenza di lavori in corso, incidenti stradali etc..
In ambiente domestico i ragazzi fino all’età di 14 anni hanno una maggior incidenza di incorrere a traumi dentali soprattutto in ambienti quali il soggiorno, essendo questo l’ambiente maggiormente dedicato al tempo libero e al gioco.
L’ambiente scolastico è sicuramente un luogo in cui avvengono molti traumi dentali: mordere oggetti di cancelleria, litigi, cadute accidentali durante attività sportive e ricreative etc..
In ambiente sportivo i traumi dentali avvengono maggiormente negli sport da contatto (basket, calcio, pallavolo, rugby etc..) ma non sono infrequenti anche in sport senza contatto (nuoto, danza, equitazione etc..).

Quali sono le cause?

La difficoltà a camminare tipica dei bambini della prima infanzia che muovono i primi passi può sicuramente incidere aumentando la possibilità di incidenti e traumi dentali, ma anche nei bambini diversamente abili temporaneamente e permanentemente.
L’obesità e l’essere in sovrappeso in ogni fascia di età aumenta l’incidenza di caduta e urtare oggetti che possono poi provocare traumi. Nei bambini e adolescenti incide anche il carattere: individui più vivaci hanno sicuramente una maggiore probabilità di incorrere in traumi.
La letteratura riporta traumi anche in relazione a rapporti con gli animali, soprattutto traumi a livello di labbra e mucose dovuti a graffi e morsicature: in questi casi è fondamentale prevenire anche eventuali infezioni secondarie.
Una condizione anatomica come l’aumento di overjet dentale ossia l’aumento della sporgenza in avanti dei denti centrali superiori può predisporre maggiormente ai traumi: l’overjet aumentato si riscontra in bambini che hanno usato il ciuccio o succhiato il pollice oltre i 2 anni di età.

Distinzione dei vari tipi di traumi dentali

I traumi dentali si classificano a seconda della zona colpita e della tipologia di danno. Si possono presentare fratture (dentali, alveolari, mascellari), lussazioni o avulsioni.
Le fratture alveolari e mascellari sono le più complesse da gestire, e si verificano in seguito a traumi con un’elevata forza di impatto: cadute da altezze elevate, incidenti stradali, etc..
La loro gestione riguarda non solo il dentista ma anche il chirurgo maxillo-facciale.
Le fratture dentali possono essere radicolari se interessano la radice del dente, sono spesso associate a dislocazione del dente o perdita di frammenti dentali e spesso si ha interessamento della polpa del dente con perdita della vitalità del dente stesso.
Si parla di fratture coronali se interessano la corona ossia la parte visibile del dente. Possono essere più o meno gravi a seconda dello strato dentale interessato (si va da semplici incrinature a fratture vere e proprie che possono interessare lo smalto, la dentina ed esporre o meno la polpa dentale).
Le fratture corono-radicolari interessano sia la corona che la radice del dente.
Le lussazioni sono di solito determinate da impatti a velocità ridotta, e provocano uno spostamento del dente dalla sua posizione. Tipica è l’intrusione del dente.
L’avulsione rappresenta invece la fuoriuscita completa del dente dalla sua sede anatomica.

Conseguenze dei traumi dentali

L’entità del trauma e la tipologia condizionano l’esito. Per quanto riguarda i denti permanenti la conseguenza peggiore è la perdita del dente a causa di una frattura non ripristinabile o di una avulsione completa non recuperata in tempi rapidi. Queste condizioni necessitano di importanti riabilitazioni protesiche e/o implantari. Quasi sempre i traumi dentali necessitano di terapie conservative estetiche per il ripristino della normale morfologia ed estetica del dente.
A volte l’elemento interessato diventa grigio, perde la vitalità e si rende necessaria la devitalizzazione se la radice è già completamente formata, altrimenti si esegue un trattamento chiamato apecificazione che porta allo sviluppo completo della radice dentale in denti che a seguito dei traumi non si verificherebbe fisiologicamente. E’ importate sapere che se i traumi dentali interessano i enti da latte, modificano i tempi di permuta fisiologici.

Cosa fare in caso di incidenre e traumi dentali

L’intervento in caso di trauma dentale deve essere tempestivo e specifico, mettendo in sicurezza chi ha subito il trauma.
Si ricercano eventuali frammenti che devono essere recuperati e conservati fin da subito in acqua fisiologica, latte o saliva: questo preserva il normale mantenimento della struttura dentale del frammento rendendo possibile - ma non certo - un ripristino funzionale ed estetico.
Occorre recarsi il prima possibile dal proprio dentista pediatrico di fiducia, che, dopo aver raccolto l’anamnesi in maniera precisa, procederà con la terapia.
Non è da sottovalutare la dinamica del trauma perché può indirizzare il sospetto di eventuali inclusione di frammenti, fratture alle ossa, lussazioni e/o intrusioni dentali, etc..
Non devono essere esclusi eventuali sintomi come nausea, vomito, alterazioni della vista, perdita di coscienza, crisi convulsive, difficoltà del linguaggio, sanguinamenti e otorragie.
Nel caso di traumi sui denti decidui bisogna sempre considerare eventuali danni alle gemme degli elementi permanenti, sia di natura estetica (alterazioni del colore del dente, deformazioni) sia strutturali (aree di iposviluppo dello smalto dentale) che però non possono essere confermati clinicamente né radiologicamente fino alla completa eruzione dell’elemento permanente in questione.

Cosa non fare in caso di traumi dentali

Qualora il trauma avvenga sui denti da latte, la conservazione di eventuali frammenti o dell’intero elemento se avulso interamente non è necessario perché il reimpianto dei denti da latte non è necessario, anzi potrebbe generare l’anchilosi del dente da latte con impossibilità di eruzione del dente permanente. Se il trauma interessa gli elementi permanenti è necessario invece conservare frammenti o l’intero dente prendendolo sempre per la corona all’interno di soluzione fisiologica, latte o saliva e recarsi dal dentista il prima possibile.
Si sconsiglia anche di evitare ogni terapia fai da te e di recarsi il prima possibile dal dentista.

Cosa fa il dentista pediatrico in caso di traumi dentali?

Il dentista pediatrico farà un’accurata raccolta anamnestica anche per escludere ogni sospetto di maltrattamento o negligenza se avvenuto in ambito scolastico o sportivo, oltre che un esame clinico completo e degli esami radiografici e un test di vitalità dell’elemento (se necessari). Sarà poi rilasciato un referto completo firmato dall’odontoiatra che sarà aggiunto ad un eventuale referto di pronto soccorso qualora ci si fosse recati.
Saranno necessari dei controlli inizialmente più serrati e poi più cadenzati fino alla caduta del dente da latte e all’eruzione del dente permanente.
Bisogna sempre tener presente che la priorità è mantenere la salute e l’integrità degli elementi permanenti anche se non ancora erotti, di conseguenza può capitare che in alcune situazioni di traumi a denti da latte si prediliga l’estrazione del dente.

Cosa succede se un bambino ha subito un trauma e il genitore non lo porta dal dentista per un controllo?

Non portare il bambino da un odontoiatra specialista subito dopo un trauma dentale significa compromettere la possibilità di ripristino funzionale, strutturale ed estetico di eventuali danni.
Possono per esempio rimanere non diagnosticate fratture ad ossa mascellari confondendo otorragie ed ecchimosi come semplici conseguenze del trauma. Eventuali traumi a denti da latte non valutati possono incorrere a necrosi e quindi ascessi e infezioni che possono facilmente raggiungere le gemme degli elementi permanenti e provocare danni anche a questi.

Cosa significa che il dente diventa scuro senza una causa apparente?

Il genitore e l’odontoiatra devono sempre confrontare il colore dell’elemento dentale che ha subito il trauma. E’possibile infatti una necrosi successiva dal trauma, che si manifesta con la perdita della lucentezza del dente e l’assunzione di una colorazione tendente al grigio: questa eventualità indica la perdita della vitalità dell’elemento. Se su un dente permanente è necessaria la devitalizzazione, su un dente da latte si valuterà la pulpectomia

I traumi dentali si possono prevenire?

La prevenzione totale relativa ai traumi dentali non è possibile.
Sicuramente è possibile ridurre i fattori predisponenti e ridurne la gravità. Tramite terapie ortodontiche può essere ridotto l’overjet dentale se troppo aumentato (sporgenza dei denti in avanti). In soggetti con problemi nel camminare, sovrappeso, iperattivi o soggetti frequentemente a traumi e cadute (sport di contatto) possono essere fabbricati dei paradenti.

Cosa consiglia ad un genitore il cui bambino ha subito un trauma dentale?

Consiglio di programmare controlli seriali dall’odontoiatra pediatrico per seguire il decorso clinico. Ricordiamo che i traumi sia a livello dei denti decidui che dei denti permanenti possono dare ripercussioni anche a distanza dall’evento del trauma stesso.
Consiglierei inoltre di rivalutare la dinamica del trauma per evitare un ulteriore trauma.

Cosa consiglia ad un insegnante qualora un alunno abbia un trauma dentale A scuola?

La scuola è un ambiente dove spesso avvengono traumi a livello dentale. Consiglio che il personale scolastico docente e non docente venga formato nella gestione dei suddetti traumi e che eventualmente vengano esposti cartelli e/o tabelloni relativi alle manovre da eseguire. In caso di trauma bisogna avvertire tempestivamente i genitori o i tutori legali ed analizzare attentamente la dinamica del trauma. Reperire quante più informazioni possibili può semplificare l’analisi dell’evento in caso di sviluppi giuridici e/o assicurativi.

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Dott. Jacopo Padalino

Dott. Jacopo Padalino

Il Dott. Jacopo Padalino si è laureato con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università Insubria di Varese, tra i primi in Italia si è specializzato con lode in Odontoiatria Pediatrica. Master in Chirurgia Orale – Implantologia, tutor degli studenti presso l’Università Insubria di Varese, svolge la libera professione a Legnano (MI).

Mio figlio ha il palato stretto!

Sempre più bambini giungono all’osservazione del dentista pediatrico con problemi di palato stretto, e in tanti casi bisogna ricorrere all’apparecchio.
Ma cosa significa avere il palato stretto e quale apparecchio occorre mettere?

Come un genitore può accorgersi che il proprio bambino ha il palato stretto?

Per accorgersi che il proprio figlio ha il palato stretto ci sono dei semplici segnali che dobbiamo osservare nella bocca dei nostri figli: severo affollamento dentale, difficoltà nell’eruzione dei denti permanenti e guardando la bocca con i denti a contatto osservare se si realizza un morso inverso, cioè se i denti dell’arcata superiore occludono internamente rispetto a quelli dell’arcata inferiore.

Che conseguenze comporta avere il palato stretto?

Le conseguenze principali consistono in una scorretta occlusione. In particolare la mandibola può subire una latero-deviazione. In più un palato stretto può favorire l’instaurarsi di abitudini viziate come l’interposizione della lingua tra i denti durante la deglutizione, che possono peggiorare la malocclusione.

Quanti bambini soffrono di palato stretto?

Il palato stretto è piuttosto frequente nei bambini e può creare affollamento dentale e problemi alla mandibola, oltre che difficoltà nel linguaggio.

Come si può correggere?

L’ortodontista può intervenire in vari modi, ma la terapia sarà tanto più efficace quanto prima il problema viene affrontato: il momento giusto per la prima visita è a 3-4 anni in modo che si possa intervenire sulle cause che determinano la malocclusione, semplicemente cercando di interromperle.

Cosa è un espansore rapido del palato?

La letteratura scientifica sull’applicazione delle viti per la disgiunzione rapida del palato è molto vasta: i primi tentativi e risultati risalgono al 1860. L’espansore rapido del palato è un’apparecchiatura fissa che viene posizionata prevalentemente sui molari da latte attraverso delle bande ortodontiche (piccoli anelli metallici), occupa la parte più alta del palato e al centro viene posizionata una piccola vite che il genitore deve girare giornalmente secondo le istruzioni del proprio ortodontista.

Perché l’ortodontista decide di mettere un espansore del palato?

Il clinico decide di posizionare l’espansore per correggere le malocclusioni che riguardano la dimensione trasversale della bocca, quindi quando la parte superiore non è sufficientemente larga rispetto alla parte inferiore della bocca. Gli effetti di questa apparecchiatura sono principalmente ossei e quindi l’approccio è per lo più ortopedico.

Quali sono le indicazioni e le controindicazioni di questo trattamento?

Le principali indicazioni al trattamento con espansore rapido del palato sono:

  • mancanza di spazio per la dentatura definitiva
  • palato stretto
  • morso inverso laterale
  • mascellare superiore poco sviluppato.

L’espansore è controindicato nei pazienti adulti dove le suture craniche sono già saldate e la terapia espansiva non sarebbe efficace.

Qual è l’età giusta per metterlo?

L’espansore permette l’allargamento del palato proprio perché quest’osso è formato da due emiparti, una a destra e una a sinistra, che nella parte mediana si saldano attraverso una sutura (come avviene per le suture craniche del neonato), questa resta cartilaginea fino al completo sviluppo puberale (circa 12 anni per le femmine, 14 anni per i maschi), dopo di che si salda formando un osso unico. E’ per questo che la terapia con l’espansore può essere efficace solo in età evolutiva. E’ l’ortodontista che attraverso lo studio del bambino è in grado di definire il periodo di crescita e se è possibile applicarlo.

Come è fatto un espansore e come funziona?

L’espansore viene applicato sull’osso mascellare superiore, in particolare attraverso due bande posizionate su due elementi dentali, uno a destra e uno a sinistra; al centro si trova la vite di espansione che una volta girata produce l’allontanamento delle due emiparti con conseguente espansione del palato. Una volta applicato l’apparecchio, va mantenuto in arcata per almeno 6 mesi dopo la fine dell’attivazione, tempo necessario per stabilizzare i risultati ottenuti.

Se si utilizza l’espansore del palato, occorre mettere un apparecchio anche nell’arcata inferiore?

L’espansore è un apparecchio che ha come obiettivo quello di espandere l’arcata superiore, sulla base delle caratteristiche specifiche di ogni paziente il medico prevede il tipo di trattamento indicato per correggere la malocclusione.

Quali sono le attenzioni che un bambino deve avere se porta l’espansore del palato?

I bambini che portano l’espansore devono evitare che le bande ortodontiche (anellini attorno ai denti) e gli altri componenti dell’apparecchio non si rompano o si distacchino. Pertanto si deve evitare di consumare cibi duri interi, ad esempio le carote crude vanno mangiate grattuggiate.

E’ doloroso o rende difficoltose le normali attività del bambino come parlare, deglutire, masticare?

Questo apparecchio è posizionato nella parte superiore della bocca, sul palato. Pertanto appena viene posizionato stravolge le normali funzioni di deglutizione e fonazione. Nelle ore successive all’applicazione dell’espansore i bambini si iniziano ad abituare e naturalmente si adattano alla nuova situazione orale. Per quanto riguarda la masticazione, il problema principale consiste nell’abituarsi a deglutire cibi solidi.

C’è qualche cibo o bevanda che un bambino deve fare attenzione ad assumere se porta l’espansore del palato?

Chi indossa l’espansore deve evitare il consumo di cibi cariogeni (carboidrati semplici e complessi) perché essendo più difficili le manovre di igiene orale il paziente ha più rischio di sviluppare carie.
Per quanto riguarda la consistenza degli alimenti, è meglio evitare cibi troppo duri che potrebbero deformare o danneggiare l’apparecchio. Inoltre è sconsigliato consumare cibi con una consistenza filamentosa (es: grasso del prosciutto, spaghetti, spinaci etc..) perché potrebbero restare sospesi tra il palato e l’espansore non consentendo al paziente di deglutire bene il boccone e rendendo difficoltosa la successiva pulizia dell’apparecchio.

Come si pulisce l’espansore del palato?

L’espansore del palato va pulito in tutte le sue parti con lo spazzolino da denti. In più bisogna prestare particolare attenzione alla zona limitrofa alle bande (gli anellini metallici attorno ai denti): per pulire queste zone si devono utilizzare degli scovolini monouso che riescono a raggiungere i punti più difficili come ad esempio tra espansore e palato. In aggiunta al dentifricio consiglio di utilizzare un collutorio con fluoro due volte al giorno facendo uno sciacquo di un minuto dopo essersi lavati i denti.

Dopo aver tolto l’espansore, bisogna mettere un altro apparecchio?

Non è sempre detto che dopo l’espansore si debba passare ad una nuova terapia. Con l’espansore si crea la condizione ideale per avere lo spazio sufficiente così che i denti permanenti si posizionino correttamente in arcata. Una volta erotti correttamente, intorno ai 12-13 anni, bisognerà valutare se sono ben allineati oppure meno. Questo dipende dalle caratteristiche intrinseche del paziente e quindi l’ortodontista valuterà se necessaria o meno un’altra terapia.

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Dott.ssa Valeria Viganò

Dott.ssa Valeria Viganò

La Dott.ssa Valeria Viganò si è laureata a pieni voti in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi Milano nel 2010 e si è specializzata con lode in Ortognatodonzia nel 2014. Ha conseguito vari Master, e attualmente riveste il ruolo di Professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia all’Università degli Studi di Milano.

I frenuli

Che cosa è il frenulo?

Il frenulo è un sottile lembo di tessuto connettivale che permette o limita il movimento di alcuni organi o di alcune loro parti.
Nel cavo orale i principali frenuli sono: il frenulo linguale, il frenulo labiale superiore e il frenulo labiale inferiore. Il frenulo linguale si nota alzando la lingua, e la sua funzione è quella di modulare i movimenti della lingua.
Il frenulo labiale superiore si nota rivoltando verso l’esterno il labbro superiore; il frenulo labiale inferiore è più sottile e meno sviluppato e si apprezza abbassando il labbro inferiore. Nel cavo orale esistono altri frenuli “minori” ma non per importanza: occorre ispezionare sempre la loro presenza e la loro inserzione per prevenire e valutare i potenziali danni alle strutture parodontali circostanti.

Cosa è il frenulo corto?

Anomalie di posizione o frenuli corti non sono infrequenti: il frenulo linguale corto ha una incidenza che varia dal 4-10%, e la prevalenza nei maschi è maggiore con un rapporto di 2:1 rispetto alle femmine.
Un frenulo labiale superiore corto o fibroso e ispessito determina la presenza di un diastema (spazio anomalo tra gli elementi dentari).

Cause e conseguenze di un frenulo corto

I frenuli possono essere anomali in caso di posizioni anomale e/o conformazioni anomale dei tessuti che li compongono.
I frenuli labiali corti o inspessiti provocano la presenza di un diastema (spazio aumentato tra gli elementi centrali aumentati) e possono provocare anche una recessione gengivale (retrazione della gengiva con esposizione della radice dentale).
Il frenulo linguale corto e fibroso può limitare la funzione e la mobilità della lingua.
I frenuli laterali possono provocare recessioni gengivali nei settori laterali.
Le problematiche possono essere estetiche e funzionali legate al linguaggio (la corretta articolazione dei fonemi risulta essere alterata per l’impedimento anatomico) e nella alimentazione (i lattanti con un frenulo corto avranno problemi nella suzione, nell’allattamento provocando quindi una scarsa crescita).

Come fa un genitore ad accorgersi che suo figlio ha un frenulo corto su cui intervenire?

Un genitore può accorgersi di un frenulo corto labiale superiore sul proprio figlio se nota uno spazio anomalo tra gli incisivi superiori, oppure se nota che la gengiva in corrispondenza del frenulo ha un colore più chiaro perché un frenulo corto provoca ischemia della papilla gengivale. Un frenulo molto inspessito può essere un altro campanello d’allarme.
Si può sospettare di frenulo linguale corto se si osservano anomalie estetiche della lingua (lingua bifida) oppure una limitazione della mobilità della lingua che può comportare problemi nel pronunciare i fonemi labio-palato-linguali ossia le lettere d,l,n,r,s,t,z (confermato dalla logopedista), deglutizione atipica, difetti ortopedico-ortodontici o aumentata carie sui molari inferiori perché la lingua non arriva a detergerli.
Alla nascita l’unico caso in cui si deve intervenire nella resezione del frenulo linguale è quando il neonato non riesce ad alimentarsi correttamente e a compiere una corretta suzione (la madre avverte dolore durante l’allattamento al seno e nota una ridotta crescita del bambino).

A che età è meglio intervenire?

Per i frenuli labiali le Linee Guida riportano la necessità di rimandare l’intervento fino a completa eruzione degli incisivi centrali superiori e dei canini: questo per essere sicuri che il diastema non possa chiudersi fisiologicamente senza intervento.
Qualora il frenulo esercitasse una forza traumatica sulla gengiva bisogna in primis eseguire una terapia ortodontica e solo successivamente intervenire chirurgicamente.
Per i frenuli linguali la decisione di intervenire dipende da diversi fattori: in caso di anchiloglossia l’intervento è consigliato quando il bambino ha tra gli 8 e i 10 anni, mentre fino ai 6 anni di età può regredire spontaneamente. E’ inoltre meglio intervenire su indicazione della logopedista qualora il bambino risultasse affetto da disturbi del linguaggio (pronuncia delle consonanti d,l,n,r,s,t,z) può rendersi necessario l’intervento chirurgico in età prescolare ossia 4-5- anni.

Quali sono le tecniche di intervento?

Si può intervenire chirurgicamente col bisturi o col laser, entrambe le tecniche sono ottimali nella risoluzione di ogni tipo di frenulo e non sono dolorose.
In entrambi i casi si esegue una preliminare anestesia, e mentre con la tecnica che prevede l’utilizzo del bisturi occorre posizionare dei punti di sutura, con il laser non è necessario, anche se ciò rallenta i tempi di guarigione.
Nel caso di intervento dedicato al frenulo linguale eseguito in età prescolare, potrebbe essere necessaria la sedazione cosciente con protossido per rilassare il bambino.

Cosa bisogna fare dopo l’intervento?

L’intervento di resezione del frenulo è un intervento di breve durata, sia eseguito col bisturi che col laser. Si esegue in anestesia locale e in genere un appuntamento di 1 ora è sufficiente per una corretta resezione del frenulo, dare le istruzioni generali di igiene post intervento e controllare il paziente prima della dimissione.
Per il primo pasto dopo l’intervento si consiglia dieta morbida e fredda. Successivamente si consiglia di evitare cibi acidi e piccanti, non spazzolare nella zona dell’intervento per 7 gg e utilizzare un gel alla clorexidina 1%. Si potrà poi procedere con una igiene con garza o spazzolino con setole extra soft. Di solito non sono necessari farmaci antinfiammatori per il controllo del dolore  anche se alcuni specialisti preferiscono somministrarli prima e dopo l’intervento a distanza di 5 ore per prevenire l’eventuale gonfiore che potrebbe aumentare una tensione sui tessuti e sui punti di sutura, rallentando la guarigione. I controlli post intervento vengono fatti a distanza di 7-14-21-90 gg e a 6 mesi.

Cosa succede se non si corregge un frenulo corto?

Potrebbe permanere il diastema e/o potrebbe peggiorare rispetto alla condizione iniziale. Potrebbe verificarsi anche una recessione gengivale con esposizione della radice dei denti interessati il cui recupero è possibile solo con interventi di chirurgia parodontale. Un frenulo linguale corto può compromettere la deglutizione e la fonazione.

Cosa consiglia ai genitori di un bambino che ha queste problematiche?

Il consiglio è sempre quello di affidarsi a odontoiatri specialisti che sappiano valutare correttamente la situazione per poter decidere con i criteri idonei se e quando intervenire chirurgicamente. La non correzione di un frenulo può compromettere non solo l’estetica ma anche la funzione di atti come la deglutizione e la fonazione. Non sempre gli esiti di un frenulo non reciso possono essere recuperati come nel caso di recessioni gengivali e carie.

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Dott. Jacopo Padalino

Dott. Jacopo Padalino

Il Dott. Jacopo Padalino si è laureato con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università Insubria di Varese, tra i primi in Italia si è specializzato con lode in Odontoiatria Pediatrica. Master in Chirurgia Orale – Implantologia, tutor degli studenti presso l’Università Insubria di Varese, svolge la libera professione a Legnano (MI).

Mio figlio ha uno spazio tra i denti!

Che cosa è il diastema?

Il diastema è la presenza di uno spazio tra i denti: solitamente quello relativo agli incisivi centrali superiori è di maggiore interesse sia per la sua relativa frequenza che per motivi estetici. La razza negroide sembrerebbe essere la più colpita, e il sesso maschile è quello più colpito in tutte le razze.

Quali sono le cause del distema?

Un diastema nei denti da latte è fisiologico: indica uno spazio che verrà poi colmato dall’eruzione dei denti permanenti che sono di dimensioni maggiori rispetto ai corrispettivi da latte. Può essere fisiologico e quindi risolversi spontaneamente anche un diastema in dentizione mista (presenza sia di elementi da latte che permanenti).
Per capire se il diastema si risolverà spontaneamente bisogna attendere l’eruzione degli elementi definitivi e - nel caso interessi gli incisivi centrali superiori - i canini definitivi.

Quali sono le conseguenze del diastema?

Nella maggior parte dei casi è solamente un difetto estetico e raramente ha implicazioni anche funzionali, ossia può provocare problemi nel corso della masticazione , traumi sulla papilla interdentale o favorire l’insorgere delle gengiviti. Spesso si risolve da solo con la permuta e l’eruzione di tutti gli elementi permanenti.

Quando bisogna intervenire sulla correzione del diastema?

Innanzitutto il dentista pediatrico deve escludere che il diastema possa risolversi fisiologicamente: si attenderà quindi l’eruzione degli incisivi centrali permanenti (5-7 anni). A discrezione dello specialista si potrebbe attendere l’eruzione dei canini permanenti (11-12 anni). Nel paziente in età adulta si può valutare direttamente una terapia, per esempio un trattamento ortodontico. Le nuove tecniche di ortodonzia invisibile con allineatori funzionano molto bene in questi casi.

Come si corregge il diastema?

Come spiegato precedentemente il diastema può risolversi fisiologicamente: una revisione della letteratura ha analizzato 5307 pazienti di età media di 14 anni e afferma che l’83% dei pazienti con diastema all’età di 9 anni risolve la situazione fisiologicamente entro i 16 anni di età. Soltanto diastemi oltre i 2mm sono a rischio di non risolversi spontaneamente; qualora non si risolvessero esistono diverse tecniche di correzione:

  • Tecniche conservative o protesiche: si possono eseguire delle otturazioni estetiche in materiale composito oppure procedere con la protesizzazione degli elementi mediante faccette o corone.
    In entrambi i casi si avrebbe una risoluzione solo estetica del problema tralasciando eventuali problemi funzionali.
  • Trattamento ortodontico: con l’ortodonzia anche in età adulta si potrebbero risolvere anche eventuali disallineamenti dentali.
  • Tecnica chirurgica: qualora il diastema non si risolvesse fisiologicamente e non fosse sufficiente la tecnica ortodontica, si dovrà valutare l’approccio chirurgico per rimuovere l’anomalia anatomica (frenulo corto o fibroso) che ne determina la permanenza. La tecnica chirurgica si rende necessaria in casi limitati di grossi diastemi con compromissioni non solo estetiche ma anche funzionali.

Cosa consiglia ad un genitore il cui figlio ha un diastema dentale?

La terapia dipende dall’età: credo di conseguenza sia fondamentale rivolgersi ad un odontoiatra pediatrico perché possa prendere visione della situazione e valutare con il paziente e la sua famiglia la terapia più indicata a seconda delle richieste e della situazione.

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Dott. Jacopo Padalino

Dott. Jacopo Padalino

Il Dott. Jacopo Padalino si è laureato con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università Insubria di Varese, tra i primi in Italia si è specializzato con lode in Odontoiatria Pediatrica. Master in Chirurgia Orale – Implantologia, tutor degli studenti presso l’Università Insubria di Varese, svolge la libera professione a Legnano (MI).

Le devitalizzazioni nei denti da latte: pulpotomia e pulpectomia

La polpa dentale: cos’è e a cosa serve?

La polpa dentale è un tessuto situato all’interno del dente, sotto lo smalto e la dentina, che contiene il nervo, vasi sanguigni e cellule in grado di creare la dentina. Si divide in due parti: camerale, perché situata nella corona del dente (la parte alta e visibile del dente), quindi superficiale, e radicolare, in quanto localizzata nelle radici del dente. Tra le varie funzioni, si incarica di regolare la sensibilità del dente.

Cosa significa pulpotomia? Che differenze ci sono con la pulpectomia?

La pulpotomia è una tecnica utilizzata dal dentista pediatrico che consiste nell’eliminazione della carie profonda mediante la rimozione della polpa camerale o superficiale infetta, mentre la polpa situata nelle radici viene preservata: una volta disinfettato il dente, viene medicato con materiali specifici. La pulpectomia o devitalizzazione, invece, si caratterizza per la rimozione della polpa sia camerale sia radicolare e per il sigillo delle radici con materiali biocompatibili.

Perché nella pulpotomia si preserva parte della polpa?

Nella pulpotomia, la polpa superficiale viene rimossa mentre si mantiene quella nelle radici. Il motivo principale è perché, nonostante la carie sia profonda e abbia già interessato la polpa del dente, il dente è ancora vitale, ovvero risponde a stimoli esterni come il freddo per esempio. Quindi eliminata la carie e la polpa superficiale infetta, la polpa nelle radici rimane intatta e il dente resta vivo.
Nella pulpectomia invece viene rimossa sia la polpa superficiale sia quella all’interno delle radici perché la carie è andata troppo in profondità in un processo irreversibile: si rende quindi necessaria la devitalizzazione del dente da latte e il dentino è un dente morto.

E se un dente ha un ascesso cosa bisogna fare?

Negli ascessi, l’infezione ha già colonizzato tutto il dente, arrivando all’osso attraverso le radici dell’elemento dentale. Ciò significa che il dente, ormai necrotico, necessita di una pulpectomia o devitalizzazione, ovvero di una rimozione totale della polpa (camerale e radicolare), non essendo più, quest’ultima, in grado di rispondere a stimoli esterni. Il dente viene quindi devitalizzato.

È necessario dover devitalizzare un dente da latte? Non si può direttamente estrarlo?

A seconda dell’età del bambino in cui riscontriamo delle carie profonde il cui trattamento sarebbe la devitalizzazione, mantenere il dente da latte nella sua posizione è necessario per mantenere lo spazio al corrispettivo dente permanente che dovrà erompere al suo posto, magari dopo diversi anni. La perdita prematura di un dente da latte può causare alterazioni nel processo di eruzione dei denti definitivi e in alcuni casi lo spostamento dei denti vicini che possono chiudere lo spazio al futuro dente permanente. Un dente da latte, pur con una estesa lesione da carie, deve essere trattato se ci sono le adeguate condizioni. L’estrazione andrebbe considerata come l’ultima opzione terapeutica possibile, ma se necessaria, esistono degli strumenti in grado di preservare lo spazio perso fino all’eruzione del corrispettivo dente permanente.

Quando una devitalizzazione sui denti da latte è sconsigliata?

Le devitalizzazioni nei denti da latte è controindicata quando ci sono determinate condizioni fisiologiche che non permettono di poter mettere in atto i protocolli clinici.
Tra queste si trovano: perforazioni del dente, radici riassorbite e mobilità eccessiva dell’elemento dentale.

Quali materiali vengono utilizzati in queste tecniche?

In letteratura scientifica sono presenti molti studi per determinare quali siano i materiali più efficaci attualmente disponibili nel mercato. I risultati più soddisfacenti sono stati osservati con materiali biocompatibili che sono diversi rispetto a quelli utilizzati per devitalizzare i denti degli adulti.

Se  il dente permanente sotto il dente da latte non è presente, cosa cambia nelle tecniche di devitalizzazione?

La mancata formazione del dente permanente (agenesia) colpisce prevalentemente i premolari; in caso di pulpectomia si utilizzeranno materiali non riassorbili proprio perché in mancanza di un dente definitivo le radici dei denti da latte non si riassorbiranno. La guttaperca, in uso negli adulti, è il materiale di riferimento in questi casi specifici.

Le devitalizzazioni nei denti da latte possono danneggiare i denti permanenti?

Le cure canalari eseguite nel rispetto dei protocolli clinici hanno un effetto terapeutico benefico sulla salute orale del paziente e non danneggiano i denti permanenti.

Sono trattamenti dolorosi? È necessario prendere l’antibiotico?

Le devitalizzazioni non sono trattamenti dolorosi ma richiedono tempistiche più lunghe rispetto a un’otturazione o a una pulizia dei denti. L’antibiotico va somministrato solo quando il dentista pediatrico lo ritenga necessario. È sconsigliato un abuso di antibiotico perché ciò ne potrebbe limitare l’efficacia in un futuro in quanto i batteri diventano progressivamente resistenti al principio attivo del farmaco.

Se aspettiamo a curare il dente con l’ascesso, essendo da latte, ci sono rischi?

In caso di ascesso, occorre consultarsi con il dentista pediatrico per la prescrizione del trattamento più indicato: qualora venga prescritto l’antibiotico, si noterà una riduzione nel volume del gonfiore a distanza di una settimana. Per ascessi localizzati e di piccole dimensioni, spesso non è necessario l’antibiotico ma si può ricorrere a degli impacchi tiepidi con acqua e sale, così che l’ascesso dreni velocemente. Il vostro dentista pediatrico saprà indicarvi il trattamento specifico a seconda del caso.
Va sottolineato però che ciò non significa che il dente sia curato o in via di guarigione. In questi casi, la riduzione dell’ascesso riduce la carica batterica dell’infezione ma non la elimina.
Un dente con un ascesso non va mai ignorato perché l’infezione può avanzare ed estendersi a strutture anatomiche circostanti.

Come si capisce che il trattamento ha sortito l’effetto desiderato?

Dopo la terapia canalare o devitalizzazione, vengono sempre eseguiti controlli clinici e radiografici con intervalli di tempo a discrezione del dentista. Generalmente, a livello radiografico, bastano pochi mesi per vedere l’inizio della guarigione dei tessuti intorno al dente.

Ho fatto una devitalizzazione su un dente permanente ed ho avuto male per i seguenti 7 giorni dopo il trattamento, può succedere anche a mio figlio/a con la pulpotomia o pulpectomia?

Il dolore nella prima settimana post-devitalizzazione in un dente permanente è considerato normale e non preoccupante. Ci possono essere molteplici cause ricollegabili sia ai materiali usati, alla tecnica adoperata e alla situazione iniziale nella quale si trovava il dente prima del trattamento. Non necessariamente va collegata con una mala prassi professionale. Nei denti decidui il dolore post-operatorio, seppur raramente, può essere presente, ma di breve durata e facilmente controllabile con analgesici.

Se il dente da latte con una grossa carie si muove tanto, va curato lo stesso?

La mobilità di un elemento dentale va considerato sempre in base al paziente e alle sue caratteristiche orali e anagrafiche. Un molare da latte prossimo alla permuta, con mobilità avanzata e con il permanente già visibile in bocca, non è indicato per una devitalizzazione.

La diga di gomma si utilizza anche nei bambini? Perché?

La diga di gomma è un strumento clinico indispensabile per la buona riuscita del trattamento sia nelle otturazioni che nelle devitalizzazioni. Permette di mantenere asettico il dente ed evitare che la saliva e l’umidità della bocca alterino l’efficacia dei materiali.

Qual è la percentuale di riuscita del trattamento? C’è il rischio che non funzioni?

Il tasso di successo di una devitalizzazione dipende da tanti fattori: situazione iniziale in cui si trova il dente prima del trattamento, materiali utilizzati, impossibilità ad adoperare la diga di gomma, ascessi ripetuti sullo stesso dente etc.
Il mio consiglio è quello di affidarvi sempre ad un dentista pediatrico che tratti questo tipo di patologie nella sua quotidianità.

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Dott. Federico Villani

Dott. Federico Alcide villani

Il Dott. Federico Villani si è laureato con lode in Odontoiatria e Protesi dentaria presso l’Università Europea di Valencia (Spagna) nel 2017. Dopo aver conseguito il Master in Odontoiatria Ospedaliera presso l’ Universitat de Valencia nel 2018, è attualmente iscritto al Master di I livello in “Salute orale nelle comunità svantaggiate e nei paesi a basso reddito” presso l’Università di Torino.
Svolge l’attività di odontoiatra libero professionista presso l’Ospedale San Isidoro di Trescore Balneario, l’Istituto Stomatologico di Milano e cliniche private. Si occupa prevalentemente di pedodonzia. E’ autore di articoli scientifici su riviste nazionali e internazionali.

Le sigillature dei denti permanenti

Le sigillature dei molari permanenti costituiscono un metodo non invasivo e molto efficace per la prevenzione della carie delle superfici masticanti di questi elementi. I molari permanenti spuntano intorno ai 6 anni di età, dietro l'ultimo dente da latte, senza farne cadere nessuno.

Le sigillature consistono nella chiusura con una resina bianca di tutti quei solchi e fossette in cui solitamente si ha ristagno di residui alimentari e in cui il bambino fa fatica ad arrivare con lo spazzolino, sia per la particolare forma di questi denti sia perché erompendo nella parte più posteriore della bocca risultano essere molto difficili da detergere bene per un bimbo così piccolo.

Ma cosa sono le sigillature? Servono davvero? Scopriamolo insieme!

Cosa sono le sigillature dei molari permanenti?

La sigillatura è una pratica odontoiatrica che viene eseguita per evitare la formazione di carie sulla superficie masticatoria dei denti posteriori, ossia molari e premolari. L’obiettivo di questa tecnica è appunto di sigillare, mediante un materiale biocompatibile, le zone del dente come solchi e fossette, che per forma e profondità sono maggiormente esposte a un rischio di lesione cariosa.

Un dente sigillato si può cariare?

Nonostante la sigillatura sia associata alla prevenzione e protezione del dente rispetto alla carie, un elemento sigillato può, nel tempo, sviluppare una carie. Tra le cause principali si possono riscontrare un’assenza di igiene orale personale, un’alimentazione squilibrata e ricca di zuccheri, una carente adesione del materiale sigillante e altri fattori di natura individuale. Inoltre la carie può interessare le superfici del dente che non possono essere sigillate come le superfici interprossimali la cui prevenzione della carie consiste in un’accurata igiene orale con il filo interdentale.

Le sigillature riducono realmente il rischio di carie?

Diversi studi internazionali presenti nella letteratura scientifica dimostrano che le sigillature riducono di circa il 76% il rischio di formazione di carie.

È necessaria l’anestesia per le sigillature?

Le sigillature non richiedono l’applicazione di anestesia locale per la loro esecuzione.
Sono assolutamente indolori: durante la loro esecuzione non viene utilizzato nessuno strumento invasivo ma solo uno spazzolino elettrico per pulire accuratamente la superficie del dente prima di essere sigillata, e l’applicazione di diverse sostanze con dei beccucci e pennellini.
Come nel caso delle otturazioni, l’uso della diga di gomma è imprescindibile e per questo, in alcuni pazienti, può essere necessario applicare l’anestesia topica in gel solamente per alleviare la pressione esercitata dal gancio della diga sulle gengive.

Quanto possono durare le sigillature?

La durata delle sigillature dipende da molti fattori, quali: tecnica utilizzata, materiali adoperati, età di esecuzione, igiene orale personale. Sono pensate per durare anni e garantire una protezione della superficie dentale durante la fase adolescenziale e post-scolastica. Richiedono controlli periodici e la collaborazione del paziente.

Da che età è consigliabile eseguire la sigillatura dei molari?

È consigliabile eseguire le sigillature a partire dai 6-7 anni, età corrispondente con l’eruzione dei molari permanenti superiori e inferiori.

Lo spazzolino elettrico può danneggiare lo stato di una sigillatura?

Nessun tipo di spazzolino, manuale o elettrico, può deteriorare lo stato delle sigillature.
Non esistono controindicazioni in questo trattamento.

Mio/a figlio/a porta l’apparecchio, può fare le sigillature?

Seppur sia sempre consigliabile eseguire le cure di conservativa dentale previamente alla terapia ortodontica, l’apparecchio non limita la possibilità di eseguire una sigillatura, se quest’ultima dovesse essere necessaria.

Il molare di mio/a figlio/a è già cariato, può fare la sigillatura?

La sigillatura è associata alla prevenzione di una possibile malattia. La carie si definisce un processo patologico infettivo multifattoriale. Un dente cariato necessita di un’otturazione e non di una sigillatura.

Mio figlio/a non ha mai avuto carie nei denti da latte e ha una buona igiene orale, deve fare le sigillature?

Le nuove linee guida del Ministero della Salute consigliano la realizzazione delle sigillature dei molari permanenti anche nei soggetti considerati a basso rischio di carie. Ogni caso clinico va però studiato in base alle reali esigenze del paziente e la decisione finale è a discrezione dell’odontoiatra curante.

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Dott. Federico Villani

Dott. Federico Alcide villani

Il Dott. Federico Villani si è laureato con lode in Odontoiatria e Protesi dentaria presso l’Università Europea di Valencia (Spagna) nel 2017. Dopo aver conseguito il Master in Odontoiatria Ospedaliera presso l’ Universitat de Valencia nel 2018, è attualmente iscritto al Master di I livello in “Salute orale nelle comunità svantaggiate e nei paesi a basso reddito” presso l’Università di Torino.
Svolge l’attività di odontoiatra libero professionista presso l’Ospedale San Isidoro di Trescore Balneario, l’Istituto Stomatologico di Milano e cliniche private. Si occupa prevalentemente di pedodonzia. E’ autore di articoli scientifici su riviste nazionali e internazionali.

Celiachia e cavo orale

Che cos’è la celiachia?

La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine nei soggetti geneticamente predisposti che determina un’infiammazione della mucosa dell’intestino tenue con atrofia dei villi intestinali e conseguente malassorbimento.
E’ una malattia immuno-mediata ossia causata da una risposta immunitaria nei confronti di un agente ambientale esterno: il glutine, nello specifico della sua frazione proteica chiamata gliadina.

Che cos’è il glutine?

Il glutine è una lipoproteina che si trova molto comunemente nella nostra dieta: si stima che ognuno di noi consumi in media 10-20 gr di glutine al giorno. Il glutine si trova nel grano, frumento, kamut, segale, avena, farro, orzo, spelta, triticale.
E’ costituito da 2 proteine: la glutenina e la gliadina che è appunto la responsabile dei principali fenomeni di reazioni avverse.

Come si manifesta la celiachia?

La celiachia si manifesta tra i 6 e i 18 mesi di età, dopo pochi mesi dall’introduzione del glutine nella dieta con lo svezzamento, con una tipica sindrome da malassorbimento. Sintomi caratteristici sono la diarrea, il rallentamento della crescita, l’inappetenza, la distensione addominale, il dolore addominale ricorrente, l’ipotonia muscolare, l’irritabilità, la perdita di peso.
Nella maggior parte dei casi però la celiachia non è diagnosticata a causa di sintomi atipici che interessano organi diversi dall’intestino, come:

  • Anemia per carenza di ferro, presente nel 40-50% dei bambini celiaci;
  • Anemia da carenza di folati, per malassorbimento dell’acido folico;
  • Anemia da carenza di vitamina B12;
  • Disfunzioni epatiche con aumento delle transaminasi;
  • Alterazioni ossee per malassorbimento del calcio e vitamina D (osteopenia nel 40% dei casi e osteoporosi che aumenta tanto più tardivamente viene posta la diagnosi);
  • Alterazioni endocrine come rallentamento della crescita in peso e altezza (che si risolve immediatamente appena il bambino inizia una dieta priva di glutine) o pubertà ritardata;
  • Alterazioni cutanee come dermatite o papule e vescicole sulle superfici estensorie degli arti, glutei, addome e cuoio capelluto
  • Alterazioni neurologiche (emicrania, epilessia);
  • Lesioni del cavo orale (ritardo dell’eruzione dentale, afte ricorrenti, riduzione del flusso salivare, difetti dello smalto).

La celiachia è molto frequente?

La prevalenza della celiachia è in continuo aumento: è 4 volte più comune oggi di 50 anni fa. Attualmente in Italia la prevalenza è dello 0,7% e si stima che ogni anno questa prevalenza aumenti del 10%.
Le donne sono colpite maggiormente rispetto agli uomini, 2 volte tanto.
Questo aumento è dovuto sia alla maggiore sensibilità dei medici di prescrivere i test diagnostici (oggi la celiachia viene diagnosticata molto prima che in passato) sia perché sono cambiati anche diversi fattori ambientali. Il consumo di grano è aumentato costantemente negli ultimi 50 anni, ma è ancora inferiore a quello che era un secolo fa, quindi il problema non è il semplice consumo di grano bensì le modifiche che il grano subisce durante la lavorazione che coinvolge ossidanti, nuovi metodi di lievitazione e di altri processi chimici. Non sappiamo quali effetti questi cambiamenti possono avere sul nostro sistema immunitario.

Perchè il dentista pediatrico è importante per un bambino celiaco?

Il cavo orale potrebbe essere una finestra privilegiata per porre il sospetto diagnostico di celiachia: infatti le manifestazioni orali possono essere delle vere e proprie “spie” della malattia celiaca. Il dentista potrebbe essere quindi la prima figura medica a porre il sospetto diagnostico, anche (e soprattutto) nelle forme poco sintomatiche della malattia. Ciò tuttavia non significa che chi presenta determinate lesioni orali automaticamente sia celiaco: il senso è avere la conoscenza di queste possibili manifestazioni orali che nel passato erano state sottovalutate.

Quali sono i problemi orali che si riscontrano in un bambino celiaco?

Le manifestazioni orali possono essere diverse:

  • Ritardo dell’eruzione dei denti: Il 5% dei bambini ha un ritardo dell’eruzione dei denti, e nei bimbi celiaci arriviamo al 20%. Quindi il bambino celiaco ha 4 volte la possibilità di avere ritardo nell’eruzione dei denti rispetto a un bambino non celiaco;
  • Alterazione del flusso salivare: è una manifestazione che non viene percepita dai genitori ma dal punto di vista clinico è importante perché la riduzione del flusso salivare è considerato un fattore di rischio per l’insorgenza della carie;
  • Afte: la prevalenza è del 20% sui bambini non celiaci, e del 50% sui bambini celiaci. Dobbiamo però differenziare le comuni afte e le stomatiti aftose atipiche, così frequenti nei celiaci non diagnosticati: nelle prime c’è una forte familiarità, a differenza delle seconde. Poi normalmente compaiono nella prima decade di vita, al contrario delle altre che possono esordire in età adulta e, infine, la frequenza. Queste afte sono subentranti addirittura, neanche ricorrenti, il bambino non fa in tempo a guarire da una che subito se ne ripresenta una nuova.

Nei pazienti pediatrici celiaci affetti da lesioni simil aftose, una dieta gluten free nel 71% dei casi porta alla scomparsa delle afte, nel 9% alla riduzione della severità e frequenza delle recidive, nel 20% a nessun miglioramento.

  • Lingua a carta geografica: la lingua appare cosparsa di macchie biancastre o rosse e il bambino si lamenta per bruciore riferendo di avere problemi con i cibi caldi o acidi. Occorre non confondere queste lesioni con la candidosi orale e quindi non trattarla con antimicotici perché sarebbero inutili;
  • Difetti dello smalto: sono lesioni circolari di colore bianco-giallo-brunastro, con o senza perdita di smalto. Di solito sono simmetriche e bilaterali. Questi difetti sono causati da alterazioni che insorgono durante la formazione dello smalto dei denti a causa di diverse noxe patogene: a seconda del momento in cui agiscono, avremo diverse manifestazioni.
    Il paziente celiaco ha un rischio circa 3 volte maggiore rispetto al paziente non celiaco di avere dei difetti dello smalto.La letteratura sostiene che tali difetti sono prevalenti nella dentizione mista/permanente (51,1%) rispetto alla decidua (9,60%).
    Gli incisivi sono i denti più colpiti, seguiti dai molari, canini e premolari.

Qual è la terapia per i bambini celiaci?

Sicuramente la dieta priva di glutine porta all’arresto di tutti i sintomi sopra descritti, ad eccezione dei difetti dello smalto che una volta verificati sono irreversibili perché non regrediscono con la dieta senza glutine. La dieta deve essere varia ed equilibrata, e l’apporto calorico dei carboidrati dovrebbe essere del 55%, dei quali il 35% privati di glutine e il 20% privi di glutine.
Tra i cibi privati artificialmente del glutine abbiamo il pane e suoi derivati, la pasta, i dolci; tra i cibi privi di glutine abbiamo il riso, mais, amaranto, carne, pesce, molluschi , prosciutto crudo, lardo di colonnata IGP, latte, formaggi, yogurt, panna, frutta e verdura.

Qual’è la terapia delle lesioni orali per i bambini celiaci?

La terapia delle lesioni orali prevede:

  • Per le afte ricorrenti: l’utilizzo di prodotti che contengano anestetici, antisettici, protettori tissutali, anti infiammatori, immuno-modulatori;
  • Per la riduzione del flusso salivare: consigliamo di aumentare l’idratazione bevendo tanta acqua, masticare dei chew-in-gum senza zucchero ma con xilitolo così che si riesca a stimolare la produzione salivare e ottimizzare al massimo l’effetto tampone della saliva;
  • Suggerimenti sull’igiene alimentare: limitare gli spuntini fuori pasto e il consumo di bevande zuccherate se non seguiti da spazzolamento;
  • Suggerimenti sull’ igiene orale domiciliare: far spazzolare i bimbi almeno 2 volte al giorno utilizzando un dentifricio al fluoro con 1000 ppm;
  • Terapia di supporto: attuare procedure di supporto quali utilizzo di vernice fluorate in studio (22600 ppm) e gel fluorati a casa (12500 ppm) o collutori al fluoro (250 ppm).

Che altri consigli vuole dare ai genitori dei bambini?

A tutti i genitori dei bambini consiglio una visita dal dentista pediatrico molto precoce, già intorno ai 12-18 mesi così da intercettare il prima possibile eventuali segni clinici di celiachia e inviare il paziente al gastro-enterologo. Una visita molto precoce inoltre permette al dentista pediatrico di poter informare i genitori sulla prevenzione della salute orale.
Per i bambini celiaci mi sento inoltre di consigliare le sigillature dei molari il più precocemente possibile. È fortemente consigliabile il monitoraggio delle sigillature in quanto, proprio per via della probabile presenza di smalto strutturalmente alterato, la ritenzione dei sigillanti può risultare deficitaria.
Inoltre consiglio visite di controllo molto più frequenti rispetto ai bambini non celiaci vista la loro maggiore predisposizione alla carie.

Autore

Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Macchie sui denti: è la MIH!

Che cos’è lA MIH?

E’ un difetto di maturazione dello smalto dei denti, e colpisce uno o più molari permanenti con o senza interessamento degli incisivi permanenti, ossia i denti che spuntano intorno ai 6 anni di età.
A volte può interessare i secondi molari permanenti e i primi premolari. Esiste una forma di MIH che interessa i denti da latte e colpisce i secondi molaretti e raramente anche i canini. I bambini che ne sono affetti hanno un rischio fino a 5 volte superiore di sviluppare MIH anche nei denti permanenti.
I bambini con MIH purtroppo vengono sottoposti a cure dentali 10 volte di più rispetto ai bambini non affetti.
Se vostro figlio/a ha denti colpiti da ipomineralizzazione non avete alcuna responsabilità: sono denti che nascono, purtroppo, già problematici.

La MIH è una condizione frequente?

La letteratura scientifica indica una distribuzione della MIH molto variabile e con dati di prevalenza che vanno dal 3% al 25%. Questo ampio intervallo è probabilmente legato alla diversa distribuzione della patologia nel mondo, ma anche ad un non preciso inquadramento della malattia nel momento dell’osservazione. In generale si stima che questa condizione colpisca un bambino su sei in tutto il mondo.

Che aspetto hanno i denti ipomineralizzati?

I molari ed incisivi ipomineralizzati hanno macchie opache di colore bianco, giallo o marrone sulla loro superficie esterna. Queste macchie corrispondono a zone dello smalto alterato, più poroso, meno mineralizzato rispetto allo smalto sano e quindi più debole.
Ciò significa che la struttura microscopica dello smalto alterato ha meno minerali resistenti agli acidi, per cui queste macchie sono più facilmente aggredibili dai batteri della carie. La gravità del fenomeno varia da lieve, a moderato e grave, con manifestazioni che vanno da leggere opacità di colore fino a fratture dello smalto.
Vi ricordiamo che i batteri responsabili della carie si nutrono di zuccheri che mettiamo in bocca e poi producono acidi che disgregano lo smalto dei denti: questo processo avviene più facilmente nei denti con smalto ipomineralizzato.

Qual è la causa?

I ricercatori non hanno ancora individuato una causa certa della MIH, anche se esistono delle situazioni favorenti che possono avvenire durante la gravidanza, nel periodo perinatale o nel periodo postnatale.
Infatti la formazione dello smalto dei primi molari inizia all’8° mese di gravidanza e termina a 4 anni, quella degli incisivi permanenti dai 3 mesi ai 5 anni. Il difetto di mineralizzazione avviene in questi due periodi e in particolare nei primi 10 mesi di vita.
Tra i fattori predisponenti in gravidanza e nel periodo perinatale ci sono: fumo materno o malattie durante la gravidanza (soprattutto ultimo trimestre: infezioni delle vie urinarie, diabete, ipotiroidismo, ipertensione), assunzione di antibiotici o farmaci antispastici in gravidanza, parto prematuro o prolungato, basso peso alla nascita, complicazioni alla nascita, parto cesareo, parto gemellare.
Dopo la nascita: malattie esantematiche, febbri alte, infezioni, malattie respiratorie, carenze vitaminiche (vitamina D), assunzione di amoxicillina (il comune Zimox e Augmentin), otiti ricorrenti, asma, allattamento prolungato oltre i 12 mesi, uso prolungato di biberon, inquinanti ambientali e diossine nel latte materno.

Che problemi hanno i denti affetti da MIH?

Sono denti variamente ipersensibili ai cibi caldi/freddi, dolci/salati e al semplice spazzolamento, proprio perché lo smalto è molto più poroso e meno resistente. Nelle forme di MIH più severe il bambino non riesce a masticare bene su quel dente quindi viene a mancare l’autodetersione che si realizza con la normale masticazione, né riesce a spazzolarlo bene perché sente dolore al semplice strofinamento. Per questo motivo i denti affetti da MIH devono essere riconosciuti appena erompono, altrimenti possono sviluppare delle carie che possono diventare profonde in pochissimo tempo.

Come riconoscere i denti affetti da MIH?

I denti affetti da MIH hanno delle macchie opache sullo smalto di colore bianco, giallo o marrone. Spesso il bambino non lamenta alcun fastidio perché impara subito a non masticare sui molari ipomineralizzati e a proteggerli con la lingua quando beve, per non sentire dolore.
E’ molto importante riconoscere i denti ipomineralizzati appena erompono perché una diagnosi precoce permette il loro trattamento prima che vadano incontro a problematiche importanti come carie estese e profonde o la frattura di parti di smalto particolarmente debole. Il dentista pediatrico o un pediatra particolarmente attento ai denti può aiutarvi.

Qual è il trattamento?

Se la MIH viene evidenziata appena il dente erompe e prima dell’insorgenza della carie, è possibile re-mineralizzare lo smalto utilizzando con regolarità un prodotto che contiene caseina del latte e fluoro. L’unico prodotto disponibile sul mercato è una pasta che somiglia ad un dentifricio e contiene caseina, calcio e fluoro 900 ppm: non si trova in farmacia e va chiesto al dentista.
Inoltre l’utilizzo del dentifricio al fluoro 1000-1400 ppm almeno 2 volte al giorno e applicazioni topiche di fluoro ogni 3 mesi dal dentista possono aiutare la mineralizzazione di questi denti.
Se invece le macchie ipomineralizzate sono già diventate carie, occorrerà prima rimuovere la carie e ricostruire il dente. La ricostruzione può richiedere rifacimenti per via di fratture o infiltrazioni dei margini, perché il materiale da ricostruzione spesso non aderisce bene allo smalto ipomineralizzato.

Come agisce la pasta remineralizzante?

La pasta remineralizzante che contiene caseina, con o senza fluoro, introduce nello smalto “malato” i minerali di calcio, fosfato e fluoro che formeranno nuovi “mattoni” di smalto sano.
In questo modo lo smalto diventa più resistente alla carie, e si riduce l’ipersensibilità. Le 900 ppm (parti per milione) di fluoro sono poco meno che nei dentifrici per bambini che devono contenere almeno 1000 ppm di fluoro.

Ha delle controindicazioni?

Questo prodotto contiene caseina: non può essere somministrato al bimbo intollerante al latte o proteine del latte o allergico agli idrossibenzoati (conservanti).


Come si usa la pasta remineralizzante?

Si consiglia di applicare sul dente interessato una quantità di prodotto pari a 1 pisello, con un dito o un cotton- fioc, meglio su denti puliti quindi dopo lo spazzolamento.
Si lascia agire 10 minuti e si sputa l’eccesso;
non mangiare, bere o sciacquarsi per almeno 30 minuti, meglio 2 ore.
Bisogna applicare il prodotto almeno 2 volte al giorno fino ad un massimo di 5 volte su indicazione del dentista.
L’applicazione deve essere fatta con la supervisione di un adulto: questa “pasta” non è pericolosa ma è opportuno evitare l’ingestione di quantità superiori al necessario;
si consiglia di adottare una mascherina all’interno della quale si inserisce il materiale da applicare sul dente interessato, la mascherina viene fornita dal dentista insieme al prodotto. La durata del trattamento varia da 2 mesi fino a diversi anni a seconda della gravità della MIH.

Cosa deve fare un bambino affetto da MIH?

E’ fondamentale adattare il trattamento alle condizioni di ciascun singolo paziente così da creare un piano di prevenzione personalizzato a seconda della gravità dei casi. Sicuramente i bambini affetti da MIH devono sottoporsi a visite di controllo più frequenti data la loro maggiore suscettibilità alla carie. Per alcuni bambini –nei casi più gravi- è necessario integrare sciacqui con collutorio al fluoro oltre all’utilizzo del dentifricio contenente fluoro, delle paste remineralizzanti contenenti caseina e fluoro e delle applicazioni topiche di fluoro dal dentista.

Consiglio sicuramente le sigillature dei molari permanenti.

E’ necessario limitare pasti e spuntini a base di cibi e bevande dolci, inoltre consiglio sempre di monitorare le lesioni con delle fotografie eseguite il primo giorno della visita e successivamente ad ogni controllo, così da poter monitorare la collaborazione del paziente ad eseguire le nostre istruzioni, e incrementare o ridurre le misure di trattamento a seconda della regressione della malattia.

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Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Zuccheri amici e nemici dei denti

Nemico: fruttosio

Un’assunzione adeguata di fruttosio, sotto forma di frutta, è parte integrante di una dieta corretta e salutare. Quello che dovrebbe suscitare preoccupazione, al momento non condivisa dalla pubblica opinione, è un consumo eccessivo, concentrato e continuativo di questo nutriente.
Il fruttosio è un monosaccaride contenuto principalmente nella frutta e nel miele.
Insieme al glucosio forma il più comune zucchero saccarosio e attualmente viene molto utilizzato dall’industria alimentare sotto forma di sciroppi ad alto contenuto di fruttosio derivati dal mais.
Inoltre sta prendendo piede l’utilizzo del fruttosio per il suo elevato potere dolcificante come additivo di marmellate, snack, succhi di frutta, bevande, dolciumi, impanature di carne e pesce surgelati.
Presenta un potere dolcificante maggiore del glucosio, ma il suo metabolismo avviene quasi esclusivamente nel fegato e determina:

  • la produzione di acido urico il cui eccesso è alla base della gotta, ma causa anche ipertensione e malattie cardiovascolari;
  • l'aumento di colesterolo LDL: se il consumo di fruttosio dovesse risultare cronico potrebbe istaurarsi un eccessivo accumulo di grasso al fegato nonché la cosiddetta Steatosi Epatica Non-Alcolica (NAFLD). Essa ha raggiunto negli ultimi anni proporzioni epidemiche anche tra la fascia pediatrica, diventando la patologia epatica cronica più diffusa tra i bambini;
  • la liberazione di grandi quantità di acidi grassi che vanno a depositarsi nei muscoli con conseguente incremento dell’insulino-resitenza, ma anche l’aumentata predisposizione ad asma, arteriosclerosi, problemi cardiovascolari, nefropatie, retinopatie e neuropatie;
  • l’interruzione dell’espressione della leptina (ormone che stimola il senso della sazietà ) e riduzione della grelina (ormone che stimola l’appetito);
  • I’iperglicemia quindi diabete mellito di tipo 2.

Uno studio scientifico ha evidenziato che i bambini che consumano discrete quantità di bevande zuccherate (1-2 dose al giorno) hanno un rischio maggiore del 26% di sviluppare diabete mellito di tipo 2 rispetto a quelli che ne assumono meno (nessuna/<1 dose al mese).

AMICI: XILITOLO, MANNITOLO, ISOMALTULOSIO

I polialcoli sono zuccheri in generale considerati non favorevoli allo sviluppo di carie specie nel caso di xilitolo presente naturalmente in foglie di betulla, mais e canna da zucchero- ma anche mannitolo e isomaltulosio.
Consumare chewing-gum al 100% xilitolo aiuta a prevenire la carie perché questo zucchero non viene utilizzato dai batteri cariogeni per produrre acidi. Esso contribuisce al mantenimento della salute orale perché aiuta a ridurre la concentrazione dei batteri cariogeni, a rimuovere i residui di cibo e della placca dalle superfici dentali e a stimolare la produzione di saliva.
Studi sperimentali suggeriscono che l’assunzione quotidiana di 11,6g di xilitolo attraverso la masticazione di chewing-gum o caramelle riduca in modo significativo la concentrazione salivare dei batteri responsabili della carie e di conseguenza il rischio di carie in una popolazione infantile ad elevato rischio a sviluppare tale patologia.
A differenza dell'isomaltulosio, nell'organismo umano viene convertito principalmente in fruttosio.

Il mannitolo è un dolcificante estratto dalla manna, ovvero dall’essudato del tronco di frassino mediante una serie di incisioni orizzontali. Questo a differenza di quello ottenuto artificialmente dalla melassa di saccarosio che invece è cariogeno, non presenta alcuna attività cariogena. Ha un basso indice glicemico e un potere dolcificante inferiore a quello del comune zucchero da tavola. È principalmente utilizzato nei dolci e in generale in prodotti da forno.

L’isomaltulosio è un dissaccaride composto da glucosio e fruttosio, naturalmente presente nel miele. Presenta un basso indice glicemico e insulinemico ed è completamente digerito se pur lentamente, nell’intestino tenue come glucosio e fruttosio, inoltre risulta non cariogeno.
Viene commercializzato anche con la dizione di palatinosio e industrialmente prodotto dalla fermentazione batterica della melassa saccarosio. In questo caso la sua attività acariogena è controversa, per cui necessità di ulteriori studi.
È stato approvato dall’EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) il clam secondo cui il consumo di cibi e bevande in cui l’isomaltulosio sostituisce gli altri zuccheri, contribuisce a mantenere la mineralizzazione dei denti e ha ridurre la risposta glicemica postprandiale.
Viene aggiunto in diversi prodotti alimentari come prodotti da forno, glasse dolciarie, cereali per la colazione, barrette di cereali, latticini, dolciumi (ad esempio il cioccolato, gelatine, dolci gommosi e gomma da masticare), semifreddi, succhi di frutta, bevande al malto, bevande sportive, bevande energetiche, bevande istantanee.

Autore

Dott. Rosario Simeone Morando

Dott. Rosario Simeone Morando

Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari, Laurea Specialistica in Alimentazione e Nutrizione Umana, si occupa di nutrizione pediatrica nelle patologie odontoiatriche e nutrizione materno-infantile ed in età evolutiva. Ha collaborato per l’elaborazione delle Linee Guida del Ministero della Salute sulla nutrizione e salute orale, con la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale sulle Raccomandazioni nutrizionali nei primi mille giorni di vita, fa parte del Comitato Scientifico dell’ALMA (Scuola Internazionale della Cucina Italiana). Collabora con i reparti di pediatria dell’Ospedale Santi Paolo e Carlo, Istituto Auxologico Italiano e Fondazione IRCCS Ca’ Granda di Milano. Relatore a congressi nazionali, autore di articoli scientifici su riviste nazionali, autore di libri scientifici, svolge attività didattico-seminariali presso l’Università degli Studi di Catania.

I bambini col diabete hanno più carie?

Che cos’è il diabete?

Il diabete mellito è una malattia autoimmune cronica caratterizzata da un eccesso di zuccheri nel sangue. Possiamo distinguere il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2.
Il diabete di tipo 1 è caratterizzato dalla distruzione di alcune cellule del pancreas e dalla conseguente mancanza di produzione di insulina (l’ormone che regola il livello di glucosio nel sangue).
Il diabete di tipo 2 è determinato da una ridotta produzione di insulina, può peggiorare nel tempo e colpisce maggiormente le persone in età adulta.

E’ una malattia molto frequente?

Il diabete colpisce oltre mezzo milione di bambini in tutto il mondo e la sua prevalenza è in aumento, soprattutto in Europa.
In Italia, il diabete mellito di tipo I si verifica ogni anno in 8.1 bambini su 100.000. Attualmente in Italia 25000 bambini soffrono di diabete di tipo 1. Si presenta con maggior frequenza nelle femmine rispetto ai maschi, con un rapporto di 5 a 1. In Sardegna ha un'incidenza annua 4-5 volte più elevata rispetto alla media nazionale.

Quali sono i sintomi?

Il diabete di tipo 1 al suo esordio si caratterizza per:

  • aumentato bisogno del bambino di fare pipì e per la quantità di urina emessa: nella maggior parte dei casi i genitori si preoccupano perché il bambino si sveglia ripetutamente durante la notte per urinare;
  • sete intensa;
  • rapida perdita di peso, nonostante la fame aumentata;
  • perdita di zuccheri nelle urine.

In fase avanzata possono verificarsi:

  • respiro pesante e affannato;
  • alito acetonemico (che sa di mele marce);
  • stanchezza;
  • stato soporoso.

Come può essere diagnosticato?

Il diabete può essere diagnosticato attraverso dei semplici esami del sangue che analizzano una sola goccia di sangue anche nello studio del pediatra, o attraverso esami delle urine. La presenza di iperglicemia (ossia valori di glucosio superiori a 125 mg/dl dopo 8 h di digiuno, oppure superiore a 200 mg/dl indipendentemente dai pasti), glicosuria (perdita di zuccheri nelle urine) e chetonuria sono tipici del diabete, così come il dosaggio della emoglobina glicata HbA1c: se superiore a 6,5% può indicare diabete.

Quali altri problemi comporta il diabete di tipo 1?

Numerosi studi epidemiologici hanno riportato che il diabete di tipo 1 aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, malattie renali e declino cognitivo nei bambini e negli adolescenti. Inoltre, un numero crescente di studi indica un legame tra diabete di tipo 1 e complicanze orali, comprese le malattie parodontali e la carie dentale.

Perchè la carie costituisce un problema?

La carie dentale è la malattia infettiva cronica più comune al mondo, e rappresenta una sfida internazionale per la salute pubblica, specialmente nei bambini piccoli. Inoltre è diventata una delle maggiori preoccupazioni in quanto può iniziare molto presto, progredire rapidamente in quei bambini che sono ad alto rischio e spesso non viene curata. Le sue conseguenze possono portare -oltre al dolore- a una difficoltà nel mangiare, a scarse prestazioni scolastiche e problemi di salute che possono influire sulla qualità della vita della famiglia del bambino e influire anche su significativi oneri sociali ed economici.

E’ vero che i bambini affetti da diabete di tipo 1 hanno più carie?

Diversi studi hanno dimostrato che la prevalenza e la gravità della carie dentale tra bambini e adolescenti con diabete di tipo 1 è superiore a quella della popolazione generale: circa il 67% dei bambini e adolescenti con diabete di tipo 1 presenta carie dentale. Inoltre, diversi studi hanno dimostrato una prevalenza di carie più elevata negli adolescenti diabetici con scarso controllo metabolico (66%) rispetto ai pazienti con un buon controllo metabolico (47%).
Infine, tra i bambini diabetici, la prevalenza della carie dentale era più alta nei bambini di età inferiore ai 10 anni (80%), rispetto ai bambini o adolescenti di età superiore ai 10 anni (56 %).

Da cosa dipende la correlazione diabete-carie?

L’elevata prevalenza della carie dentale nei pazienti con diabete di tipo 1, specialmente in quelli con scarso controllo metabolico, potrebbe dipendere da diverse caratteristiche: fattori genetici, batteri cariogeni orali, assunzione di cibo e igiene orale.
In primo luogo, la carenza di insulina potrebbe causare alterazioni degenerative delle ghiandole salivari e portare a una riduzione del flusso salivare e della capacità tampone salivare, fondamentali per contrastare l’insorgenza della carie. Inoltre, la disidratazione generale associata all'iperglicemia potrebbe ridurre il volume della saliva escreta. In secondo luogo, alcuni studi hanno dimostrato alti livelli di batteri responsabili della carie tra i soggetti diabetici, in particolare nei soggetti con scarso controllo metabolico . In terzo luogo, studi multipli hanno dimostrato che un elevato apporto di grassi saturi nei bambini e negli adolescenti diabetici di tipo 1 o il consumo di alimenti ricchi di energia, a basso contenuto nutrizionale e bassi livelli di fibre e verdure, sono stati associati ad un aumento di peso e all'obesità, che può portare alla carie dentale nei bambini. In quarto luogo, sebbene le conoscenze in materia di igiene orale e le abitudini dei bambini con diabete di tipo 1 sembrino superiori a individui sani, le diete di scarsa qualità potrebbero influire negativamente sulla salute orale attraverso i loro effetti sulla funzione immunitaria e sul controllo glicemico in bambini e adolescenti con diabete di tipo 1.

Cosa consiglia di fare?

Data l'elevata prevalenza della carie dentale tra i giovani con diabete di tipo 1, è fondamentale che il personale sanitario e i medici sottopongano bambini e adolescenti diabetici a screening e forniscano trattamenti preventivi durante la routine clinica dentale.
Inoltre, un buon controllo metabolico potrebbe aiutare a ridurre e controllare la prevalenza della carie.
Lo screening e il trattamento preventivo dovrebbero essere sistematicamente inclusi come approcci nelle cliniche dentali per bambini e adolescenti diabetici, in particolare quelli con scarso controllo metabolico.
Il riconoscimento e l'intervento precoci possono prevenire il peggioramento della carie dentale e i potenziali impatti negativi sulla qualità della vita dei pazienti.

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Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Quando spuntano i denti da latte?

I denti da latte o decidui sono 20: iniziano a formarsi intorno alla sesta settimana di gravidanza. La loro eruzione inizia intorno ai 6 mesi di età, per poi completarsi intorno ai 3 anni.

Nella tabella sopra riportata troverete l’età di eruzione per ogni dente da latte, anche se i tempi variano da bambino a bambino.

I primi a spuntare sono gli incisivi centrali inferiori, seguiti dagli incisivi centrali superiori.

Seguono tutti gli altri con un tipico andamento chiamato “a fontana”.

Dai 3 anni (quando termina l’eruzione di tutti i denti da latte) ai 6 anni (quando inizia l’eruzione dei denti permanenti) non si ha nessuna variazione nel numero dei denti, ma potrebbero verificarsi degli spostamenti creando degli spazi tra un dente e l’altro che prima non c’erano: non allarmatevi!

Questo succede perché le radici dei denti da latte vengono via via riassorbite dal corrispettivo dente permanente che sta erompendo, e questo può comportare a volte dei cambiamenti di posizione del dente interessato e degli spazi adiacenti.

Se vuoi sapere quando cadono i denti da latte clicca quì.

Quando cadono i denti da latte?

I denti da latte o decidui iniziano a cadere intorno ai 6 anni di età, quando vengono sostituiti dai corrispettivi denti definitivi o permanenti. A volte cadono prima o dopo questa età: dipende se sono spuntati prima o dopo i 6 mesi.

I denti permanenti sono 32.

I primi a spuntare sono gli incisivi centrali inferiori, seguiti dagli incisivi centrali superiori.

Seguono tutti gli altri con un andamento chiamato “a fontana”.

Se notate bene la tabella riportata sopra, intorno ai 6 anni spuntano anche i primi molari permanenti: si posizionano in fondo, dietro tutti i denti da latte senza farne cadere nessuno.

Questi molari sono importantissimi perché restano in bocca per sempre, e bisogna assicurarsi di pulirli bene perché sono quelli che si cariano più facilmente, sia per la loro forma che trattiene più placca, sia perché erompendo nella parte più posteriore della bocca sono molto difficili da detergere per un bambino così piccolo.

Ecco perché tutti i dentisti pediatrici raccomandano le sigillature dei solchi dei molari per prevenire le carie.

Per saperne di più sulle sigillature, visita la pagina dedicata ai sigilli dei solchi.

Come estrarre i denti da latte da soli e senza dolore!

Quando un dente da latte dondola, non sempre ci si reca dal dentista pediatrico per estrarlo ma spesso il “fai da te” la fa da padrona: a casa o a scuola, chi lo fa dondolare con le dita, chi con un fazzoletto, chi con un filo legato al dente e alla maniglia della porta… spesso si utilizza la tecnica sbagliata, con il risultato che il bambino ha male e non vuole farsi aiutare da nessuno.

Chiediamo alla Dott.ssa Anedda un aiuto a tutti i bambini e genitori!

Esiste una tecnica di estrazione dei denti da latte “fai da te”, corretta e senza dolore?

Certamente! Mi capita spesso di visitare bambini che hanno dei denti da latte che dondolano, e per non spaventarli parlando di estrazione, di pinze etc.. propongo loro questa tecnica rapida, sicura, senza dolore, fattibile tranquillamente a casa, da soli o con l’aiuto di un adulto.

Come funziona?

Intanto tranquillizzo il bambino, e mi faccio spiegare come di solito muove il dente per farlo cadere: nella maggior parte dei casi i bambini utilizzano un dito e spingono il dente avanti e indietro molto velocemente, con il risultato che il dente non cade e hanno male.
Spiego loro che esiste una tecnica più semplice, più veloce ed efficace, e che gliela insegnerò per far sì che facciano a casa da soli.

La tecnica consiste in 4 passaggi:

  • Lavare bene le mani prima di metterle in bocca!
  • Con un dito spingere il dente verso l’esterno, piano piano: quando il bambino inizia a sentire fastidio (non male, ma fastidio) si ferma ma tiene il dente premuto in quella posizione contando per 5 secondi;
  • Passati 5 secondi, inverte la direzione e col dito spinge il dente verso l’interno, piano piano, finchè non sente fastidio: a quel punto si ferma tenendolo in quella posizione, e conta fino a 5;
  • Ripetere diverse volte durante la giornata, finchè cade.

Funziona davvero?

Certo! Per provare l’efficacia, al bambino chiedo di muovere il dente da solo così da fargli testare il grado di mobilità iniziale. Poi gli chiedo se posso provare a muovere il dente con la nuova tecnica così da fargli capire come funziona, e lo invito a dirmi “ah” appena ha fastidio così che io mi fermi e conti 5 secondi. Ripeto 2 volte l’esercizio, poi invito il bambino a muovere nuovamente il dente da solo per capire se si muove di più: rimangono sconcertati dal fatto che in sole 2 volte si possa muovere così tanto!

Poi cosa succede?

Mostrare l’esercizio provando direttamente sul bambino, è una tecnica molto utile per capire il grado di mobilità del dente, e stimare il tempo che impiegherà a cadere. Di solito stabilisco un tempo in cui far tornare il bambino per un controllo, e qualora non riuscisse da solo gli anticipo che l’aiuterò a farlo cadere con una “spintarella”, ossia eseguendo l’estrazione dal dentista. Ma di solito non tornano mai con il dente ancora in bocca!
Se il bambino ha capito e immagino adotti la tecnica con successo, spiego ai genitori cosa fare subito dopo un’estrazione di un dente da latte.

Scopri cosa fare dopo un’estrazione di un dente da latte.

Autore

Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Cosa fare dopo l’estrazione di un dente da latte

Quando cade un dente da latte, sia che l’abbiate estratto da soli a casa, sia che vi siate recati dal dentista per estrarlo, ci sono delle piccole regole e attenzioni da seguire:

1Mettete subito sulla ferita dei tamponi di cotone o garze di cotone o dischetti struccanti, di uno spessore adeguato, leggermente bagnati nella parte che poggia sulla ferita: servirà a non rimuovere il coagulo appena formato quando rimuovete il tampone

2Dite al bambino di chiudere i denti con il tampone interposto tra loro così da tenerlo premuto nella zona post-estrattiva, oppure tener premuto il tampone con un dito (pulito!) per almeno 3 minuti

3Appena si rimuove il tampone, se la ferita ha smesso di sanguinare, mettere subito qualcosa di freddo: un ghiacciolo, un gelato…

4Potrebbe verificarsi una perdita di sangue occasionale (saliva rosa, o tinta di sangue): tenere il tampone premuto sulla ferita finchè la fuoriuscita non si è fermata. Potrebbe essere necessario cambiare il tampone o ripetere questo passaggio. Se l’emorragia continua per più di 2 ore, contatta il tuo dentista

5Non curiosare con la lingua nella zona della ferita, o toccare la ferita con le mani sporche

6Non fare sciacqui con l’acqua o il collutorio per il primo giorno: lo sciacquo rimuove il coagulo appena formato e la ferita inizierà a sanguinare nuovamente, finchè non si forma un nuovo coagulo. Piuttosto se si sente il sapore del sangue, si sputa senza sciacquare, e si mette nuovamente il tampone tenendolo stretto tra i denti per altri 3 minuti

7Il giorno dell’estrazione meglio consumare cibi morbidi e freddi: gelato, yogurt, formaggi molli freschi (ricotta, burrata, fiocchi di latte, mozzarella), crema di frutta, budini, creme caramel

8Il giorno dell’estrazione bisogna evitare cibi caldi, cibi che si sbriciolano (pane croccante, grissini, crackers…), cibi con semini che possono entrare dentro la ferita (frutta secca, fragole, lamponi, kiwi, marmellata, pop corn…)

9Mantenere la bocca pulita è essenziale: il giorno dell’estrazione ci si laverà i denti in maniera delicata, senza fare lo sciacquo finale, sputando l’eccesso dell’acqua o del dentifricio e avendo cura di non posizionare lo spazzolino nella zona della ferita

10Il giorno successivo all’estrazione si possono riprendere le normali abitudini

In caso di estrazioni complesse eseguite dal dentista:

1In caso di dolore, far assumere un antidolorifico alle dosi consigliate, a stomaco pieno. Non assumere aspirina

2Potrebbe verificarsi gonfiore: è possibile utilizzare un impacco di ghiaccio, e tenerlo 10 minuti sulla zona della ferita e rimuoverlo per altri 10 minuti, alternando. Se il gonfiore persiste dopo 48 h, contattare il proprio dentista

3Nelle prime 48 h potrebbe comparire la febbre (sopra i 37,5°C); se la temperatura è più alta o persiste, contattare il proprio dentista

4Se l’estrazione è stata fatta con l’anestesia, la bocca sarà insensibile per circa 2 ore. Fate attenzione che il bambino non morda, non graffi o si ferisca la guancia, le labbra o la lingua durante questo periodo

5Alveolite secca: in caso di estrazioni complesse, può verificarsi la dissoluzione prematura o perdita del coagulo. Si verifica dal 3° al 5° giorno dopo l’estrazione, con un dolore molto forte e persistente. Contattare il proprio dentista

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Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Aiuto, mio figlio ha un dente in doppia fila!

Capita spesso che un dente permanente spunti senza che il corrispettivo dente da latte cada, posizionandosi dietro il dente da latte. I genitori si recano dal dentista molto preoccupati perché pensano che il nuovo dente resti storto per sempre.

Niente paura! La Dott.ssa Anedda ci spiegherà perché succede e cosa fare in questi casi.

Si parla spesso di denti permanenti che spuntano in “doppia fila”: di cosa si tratta?

Come giustamente accennato, capita spesso che un dente permanente spunti senza far cadere il corrispettivo dente da latte, posizionandosi più anteriormente o posteriormente ad esso.
Si parla di eruzione ectopica: è un disturbo che ha origine dal malposizionamento della gemma dentaria che termina con l’eruzione del dente in una posizione impropria, che devia dal suo normale percorso eruttivo, posizionandosi in una zona non prevista. Interessa soprattutto gli incisivi centrali inferiori permanenti che si posizionano dietro il corrispettivo dente da latte.

Capita spesso?

E’ un problema clinico molto comune all'inizio del periodo di dentizione mista (5-7 anni) e rappresenta una fonte di disagio per i genitori e per i bambini che presentano questa condizione perché provoca problemi estetici e occlusali.
Si stima che vengano interessati circa 2 bambini su 10.

Quali sono le cause?

Tra i suoi più importanti fattori causali vi sono il macrodontismo (ossia la dimensione del dente permanente più grande rispetto alla norma), una ridotta lunghezza dell’arcata dentaria, il posizionamento posteriore della mandibola, l'angolo di eruzione atipica, fattori genetici, ma anche ascessi ripetuti a carico dei denti decidui, o traumi subìti dal dente da latte possono deviare il percorso eruttivo del dente permanente.

Cosa fare?

Consiglio una visita con un dentista pediatrico che tranquillizzerà i genitori e il bambino su questa nuova e imprevista condizione, e capisca se il nuovo dente può posizionarsi correttamente da solo oppure in seguito ad estrazione debba rendersi necessario l’utilizzo di un apparecchio.

Nel caso in cui il dente permanente possa posizionarsi correttamente da solo, possiamo distinguere 3 condizioni:

1se il dente permanente è appena erotto, e non ci sono importanti problemi nell’occlusione dentale, consiglierei la cosiddetta “wait-and-see policy”, ossia attendiamo e vediamo che succede. Spesso infatti la spinta eruttiva del dente permanente è tale che da solo riesce a spingere e far cadere il dente da latte, e in pochi mesi tutto torna alla normalità

2se il dente permanente è erotto da qualche mese e il dente da latte inizia a dondolare possiamo decidere di attendere che la natura faccia il suo corso e il dente da latte cada da solo, oppure se al bambino dà fastidio questa condizione possiamo dirgli di accelerare il processo invitandolo a far cadere il dente da latte da solo (scopri come estrarre i denti da latte da soli senza dolore!)

3se invece il dente permanente è erotto da diversi mesi ma il dente da latte è immobile, oppure il bambino in qualsiasi momento è infastidito da questa condizione, si può consigliare l’estrazione precoce del dente da latte dal dentista

E se il dente permanente è “in doppia fila” da tanti mesi?

Succede di frequente che i genitori portino in visita dal dentista pediatrico il loro bambino con il dente permanente posizionato “in doppia fila” da tanti mesi, notando che la situazione è stabile quindi sono preoccupati che il dente nuovo sarà storto per sempre. Niente di più sbagliato!

Anche se il dente permanente si trova lontano dalla sua posizione corretta, eseguendo l’estrazione del dente da latte (a casa da soli o dal dentista) si creerà tutto lo spazio necessario affinchè il dente permanente si collochi nella posizione corretta: grazie ai movimenti continui della lingua (se il dente nuovo è posizionato posteriormente) o delle labbra (se il dente nuovo è posizionato anteriormente) che si verificano mentre il bambino parla, il dente permanente verrà pian piano spinto nella posizione corretta.

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Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Macchie nere sui denti

E’ abbastanza frequente che alcuni genitori riscontrino sui denti dei loro figli la presenza di antiestetiche macchie nere che non vengono via con il normale spazzolamento: si chiamano black stains.

Preoccupati per la difficoltà nel rimuoverle e perché spesso i bambini affetti vengono derisi da altri bambini per la presenza di queste antiestetiche macchie, i genitori si rivolgono al dentista pediatrico pensando siano carie: vogliono quindi essere tranquillizzati e capire come eliminarle.

Cosa sono le black stains?

Le black stains sono delle antiestetiche macchie nere caratterizzate da una linea nera continua o tratteggiata localizzata sulla superficie del dente o nella zona più vicina al margine gengivale. Hanno una prevalenza che varia dal 2,4% al 18%, e colpisce indifferentemente entrambi i sessi senza predilezione.
Si riscontrano comunemente nei bambini ma possono interessare anche gli adulti.

Come si formano?

Le black stains sono causate da particolari batteri presenti all’interno del cavo orale chiamati batteri cromogeni. Questi batteri producono sostanze a base di zolfo come il solfuro di idrogeno, che reagendo con il ferro presente nella saliva o nel liquido gengivale in quantità eccessiva in alcuni bambini, crea il solfuro ferrico, che è la sostanza di cui sono costituite le macchie nere.

Perché alcuni bambini hanno le black stains mentre altri no?

Ci sono diversi fattori responsabili della loro formazione: alcuni bambini hanno una quantità elevata di batteri cromogeni all’interno della flora batterica del loro cavo orale; inoltre in alcuni bambini ci può essere un’eccessiva quantità di ferro nella saliva e nel liquido gengivale che favorisce la replicazione microbica favorendo la formazione di queste pigmentazioni.
Un aumento della quantità di ferro nella saliva si può avere in seguito a sanguinamento gengivale frequente (quando spuntano i dentini, in seguito a danneggiamento della gengiva da spazzolamento troppo vigoroso, per accumulo di placca e tartaro dovuti a scarsa igiene orale, etc..), o a causa di disturbi nell’omeostasi del ferro per infiammazioni frequenti, oppure per l’utilizzo prolungato di integratori vitaminici contenenti ferro durante la gravidanza o la prima infanzia.

Anche l’alimentazione può influire sulla formazione delle black stains?

Si, le abitudini alimentari possono giocare un ruolo importante nell’eziologia delle black stains. Il consumo di verdura, frutta, prodotti lattiero-caseari, uova, tè e salsa di soia promuove lo sviluppo di black stains.
Alcuni studi hanno dimostrato che i bambini che non sono mai stati alimentati con il biberon tendono ad avere una maggiore incidenza di queste macchie.  Altri studi hanno evidenziato che bere l’acqua potabile del rubinetto invece dell’acqua minerale in bottiglia o dell’acqua naturale del pozzo sembra essere associata ad una maggiore prevalenza di black stains in Brasile per esempio. Ci sono pareri discordanti sull’influenza dell’igiene orale: alcuni autori scientifici riferiscono che l’uso di dentifricio al fluoro e collutorio al fluoro favorirebbe l’insorgenza delle macchie, mentre altri autori non trovano correlazione.

Le black stains sono contagiose?

Si è notata una certa familiarità, e alcuni studi hanno confermato che può esserci un passaggio di batteri cromogeni in maniera diretta (tramite effusioni) o indiretta (tramite lo scambio di posate e spazzolino) da un paziente affetto ad un altro non affetto.

E’ vero che i bambini affetti da black stains hanno meno carie?

Studi scientifici hanno dimostrato che i bambini affetti da black stains hanno una prevalenza di carie minore rispetto ai bambini non affetti. Questo avverrebbe perché nel cavo orale dei bambini affetti da black stains il numero di batteri cromogeni è decisamente superiore al numero dei batteri che provocano la carie. Inoltre la saliva dei bambini affetti contiene molto più calcio e fosfati, ha un potere tampone maggiore e un PH più alto rispetto ai bambini non affetti: tutti fattori che notoriamente svolgono un ruolo fondamentale nella protezione dalla carie.

Come si eliminano le black stains?

Purtroppo le black stains sono quasi impossibili da rimuovere con le normali procedure di igiene orale domiciliare, anche utilizzando uno spazzolino elettrico molto efficace. Bisogna quindi rivolgersi al dentista che provvederà a rimuoverle con una pulizia professionale, utilizzando apposite paste da lucidatura e polveri veicolate da getti d’aria e acqua.
Questo trattamento risolve solo temporaneamente i problemi estetici ma non agisce sulle cause della formazione di questi pigmenti.

Come è possibile eliminarle del tutto?

Interessanti le nuove frontiere dei probiotici e dei prebiotici, sotto forma di integratori. La lattoferrina ad esempio sembrerebbe svolgere un ruolo importante per inibire la formazione delle black stains.

Cos’è la lattoferrina?

La lattoferrina è una proteina presente nei pazienti sani: si trova in tutte le secrezioni umane, inclusa la saliva, ed è caratterizzata da una potente attività antimicrobica, antiinfimmatoria e antiossidante. I pazienti sani non hanno ferro libero nella saliva: la lattoferrina infatti riesce a catturare il ferro presente inibendo la moltiplicazione batterica e la formazione di solfuro ferrico che causa appunto le antiestetiche macchie nere. Nei pazienti affetti da black stains invece la lattoferrina è assente o non è più in grado di svolgere la sua funzione: integrarla aiuterebbe ad inibire la formazione di queste macchie.
Si è visto infatti che l’assunzione di compresse orosolubili contenenti lattoferrina 2 volte al giorno lontano dai pasti per diversi mesi inibirebbe la formazione di black stains.
Questo è un fondamentale passo avanti per il trattamento di questa innocua ma antiestetica patologia, che condiziona l’autostima e la vita sociale dei bambini affetti.

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Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Aiuto, mio figlio digrigna i denti!

In che modo il dentista pediatrico si occupa di bruxismo?

Alcuni genitori giungono preoccupati dal pediatra o dal dentista pediatrico perché si accorgono che il loro figlio digrigna i denti durante la notte: a volte il rumore è così intenso che lo sentono dalla stanza vicina. Si tratta di bruxismo.
Noi dentisti pediatrici pur rassicurando i genitori prestiamo molta attenzione a ciascun caso clinico visto che riguarda i bambini nel periodo più critico per la loro crescita e sviluppo. Credo che il bruxismo infantile sia un’entità nosologica che debba essere conosciuta dalla comunità medica per poterlo identificare e poter inviare il piccolo paziente a noi specialisti.
Il ruolo dell’odontoiatra pediatrico è quello di diagnosticarlo precocemente, educare i genitori, prevenire le sue possibili conseguenze ed identificare le comorbilità associate.

Cos’e’ il bruxismo?

Il bruxismo è un’attività ripetitiva dei muscoli masticatori caratterizzata dal serrare e digrignare i denti in una serie di movimenti involontari, ritmici e spasmodici non funzionali della mandibola.
E’ un fenomeno regolato dal sistema nervoso centrale, e presenta due manifestazioni circadiane distinte: può verificarsi durante il sonno o durante la veglia. Il bruxismo durante il sonno è il più frequente in età infantile.

Qual è la percentuale de bambini colpiti?

Una recente revisione della letteratura scientifica ha riportato una variabilità della prevalenza del bruxismo tra il 3,5% e il 40,6% dei bambini, e diminuisce con l’avanzare dell’età: gli adulti sono colpiti in una percentuale di circa l’8%.
Non c’è un’età colpita maggiormente, ma alcuni studi riportano che le fasce d’età 5-7 anni e 11-12 anni siano quelle più rappresentative.
I maschi sembrerebbero maggiormente colpiti rispetto alle femmine.

Come si riconosce?

Si parla di bruxismo possibile quando un familiare racconta episodi di digrignamento dei denti del bambino durante il sonno.
Il bruxismo probabile si ha quando oltre al riferimento del digrignamento dei denti si osservano clinicamente delle caratteristiche tipiche come la maggiore usura dei denti, il dolore o affaticamento dei muscoli masticatori, l’ipertrofia dei muscoli masseteri. Per la diagnosi definitiva di bruxismo  è necessario oltre alle caratteristiche del bruxismo probabile, una conferma attraverso la polisonnografia in cui si misura l’attività elettromiografica dei muscoli masticatori durante il sonno, associata a registrazioni audio e video del digrignamento.
Nei bambini il metodo clinico più fidato per diagnosticare il bruxismo continua ad essere basato sulla notizia del digrignamento riportata dai genitori, anche se c’è un limite dovuto al fatto che diversi bambini dormono in stanze lontane dai genitori, quindi spesso molti casi vengono diagnosticati in ritardo da noi dentisti quando durante una visita individuiamo uno stato di usura dei denti.

Che problemi può comportare il digrignare i denti?

Le conseguenze del bruxismo possono essere dentali e neuromuscolari: usura dei denti, malattia parodontale, dolore o affaticamento dei muscoli masticatori, ipertrofia dei muscoli masticatori, problemi durante la masticazione, disturbi all’articolazione temporo-mandibolare, limitazione dell’apertura della bocca, mal di testa, disturbi durante il sonno, disturbi respiratori come l’apnea notturna, disturbi nel comportamento.

Quali sono le cause?

Non ci sono dati certi sulle cause, ma il bruxismo è associato a molteplici e precisi fattori di rischio:

  • Sesso: i maschi sono più a rischio delle femmine;
  • Genetica: è ragionevole credere che il bruxismo sia trasmesso geneticamente, quindi genitori affetti da bruxismo potrebbero essere un fattore di rischio;
  • Posizione scorretta durante il sonno: muoversi tanto durante il sonno potrebbe causare ostruzione delle vie aeree che causa continui movimenti dei muscoli durante il sonno, quindi bruxismo. Al fine di ridurre questo rischio o di alleviarlo, i genitori dovrebbero aiutare i figli a correggere la loro posizione durante il sonno e mantenere il controllo delle vie aeree;
  • Dormire con la bocca aperta e russare: entrambi correlati all’ostruzione delle vie aeree, sarebbero un fattore di rischio per il bruxismo;
  • Ansia e nervosismo: cambiare posizione durante il sonno, indica un sonno inquieto, disagio, che portano ad ansia e nervosismo, considerati fattori di rischio per i bruxismo;
  • Stress psicologici o eccessiva responsabilità: eccessivi stress e responsabilità sui bambini determinano un aumento di catecolamine, fattore di rischio per il bruxismo;
  • Fumo passivo: l’esposizione al fumo o alla nicotina può attivare un riflesso trigemino-cardiaco che comporta un effetto simile allo stress psicologico, importante nella patogenesi del bruxismo;
  • Riposo non ottimale: un sonno irrequieto, in una stanza rumorosa, con la luce o schermi accesi, potrebbe essere un fattore di rischio per il bruxismo;
  • Durata del sonno: esiste una correlazione tra le ore di sonno e il bruxismo. Il sonno dovrebbe essere di almeno 8 ore; l’ideale per i bambini sarebbe di 11-12 ore;
  • Altri fattori probabili: mal di testa, mordere il labbro o mordere oggetti, problemi nel comportamento, paura del buio, insonnia, pipì a letto, parlare nel sonno, iperattività, deficit dell’attenzione e problemi emotivi con i coetanei sarebbero probabili fattori di rischio per il bruxismo, ma necessitano di ulteriori studi.

Quando un genitore deve preoccuparsi se suo figlio digrigna i denti?

Il digrignare i denti è un’attività piuttosto frequente nei bambini tra il primo anno di vita e i 3-4 anni: al pari del succhiarsi il pollice, borbottii e vocalizzazioni il bruxismo è un modo che il bambino utilizza per scaricare la tensione emotiva interiore.
Il bambino così piccolo non è in grado di elaborare mentalmente l’ansia ed esprime il suo stato di tensione interna in questo modo.
Con il bruxismo notturno il bambino piccolo cerca di padroneggiare il momento dell’addormentamento che è sempre ansiogeno perché ci si confronta con le paure inconsce. Digrignando i denti il bambino cerca e trova conforto, in una sorta di sostituto dei genitori.
Per considerarlo un vero e proprio disturbo bisogna valutare da quanto tempo si protrae oltre i 4 anni, come interferisce nel sonno del bambino, quali altre conseguenze sta comportando a livello dentale e neuromuscolare.

Come si cura?

Nella maggior parte dei casi il bruxismo si risolve spontaneamente, ma la remissione dei sintomi può essere accelerata se i genitori aiutano a diminuire i fattori di rischio: rispettando le 8 ore di sonno, correggendo le posizioni sbagliate durante il sonno e agevolando la posizione che impedisce l’ostruzione delle vie aeree, evitando la TV, i videogiochi o il tablet nell’ora antecedente alla nanna, mantenendo il buio e il silenzio nella cameretta del bambino. Se il problema invece è l’ansia o il nervosismo, mi sento di dare ai genitori dei consigli diversi per ridurre le fonti di stress per il bambino, sia in caso di stress lieve che di stress più intenso.

Quali consigli?

Le coccole svolgono un ruolo fondamentale e consolatorio per il bambino che sta vivendo lievi momenti di stress o ansia, e che possono aiutare nel trattamento del bruxismo. Il genitore dovrebbe fare in modo di accompagnare il momento della nanna a dei piccoli rituali benefici e rilassanti: preparare una camomilla o valeriana (meglio senza zucchero o miele, ma se dolcificate ricordate di lavare i denti prima di dormire!), un bagno caldo, massaggi e tante tante coccole.

E se lo stress o l’ansia sono intensi?

In alcuni momenti emotivamente stressanti come l’inizio della scuola, l’arrivo di un fratellino/sorellina, un trasferimento di città, un lutto in famiglia, la perdita di un animale, il cambio di scuola ma anche fattori minori come un rimprovero, una parola detta in un certo modo dal genitore o dall’insegnante o un dispetto da parte di un amichetto possono portare un bambino particolarmente sensibile a scaricare l’ansia in eccesso digrignando i denti durante la notte.
Ricordo il caso di una bambina di 7 anni con un grado eccessivo di usura dentale.
La bambina era apparentemente serena e la mamma escludeva qualsiasi fonte di ansia o stress.
Parlando con la bimba ho scoperto che un compagno di classe le rubava e distruggeva tutte le gomme per cancellare, riducendole in pezzetti. La mamma era ignara di questi continui episodi, e ha iniziato a spiegarsi quella strana “epidemia” di gomme stranamente perse o date in prestito da ricomprare così spesso.
In tutto questo la bambina accettava il comportamento del compagno di classe, dicendo che comunque per lei non rappresentava un problema cancellare con i piccoli pezzetti di gomma distrutta e che per lei andava bene così.
In questi casi il mio consiglio per i genitori è quello di insegnare al bambino come esprimere all’esterno il proprio disagio, risentimento e rabbia; sarà poi lui a scegliere il linguaggio più adatto alla sua età: semplicemente sfogandosi e parlandone, disegnando, facendo dei giochi di costruzione e creatività, praticando attività fisica.
Qualora questo non dovesse funzionare, consiglio ai genitori di intensificare l’ascolto ma anche le coccole. Abbracciando, accarezzando, facendo dei massaggi ai propri bambini è possibile che questo comportamento possa sostituire l’automatismo motorio nella sua funzione consolatoria, aiutando a calmare questi sentimenti negativi che possono sfociare in bruxismo.

E se non dovesse funzionare?

Se non dovesse funzionare, e se il bruxismo ha già comportato conseguenze dentali e neuromuscolari, si può provare con:

  • Psicologia: i trattamenti psicologici durante l’infanzia permettono al bambino e futuro adulto di affrontare i conflitti e tensioni emozionali nella maniera migliore, con un effetto positivo nel controllo del bruxismo;
  • Fisioterapia: tecniche di autocoscienza attraverso il movimento atte a migliorare le posizioni cranio-cervicali, effettuate anche solo 1 volta a settimana, sembrerebbero limitare il bruxismo notturno: questo è il risultato di uno studio scientifico sperimentale che ha portato ad un miglioramento nel 77% dei bambini bruxisti partecipanti allo studio;
  • Ortodonzia e chirurgia: alcune alternative chirurgiche come rimuovere le adenoidi e le tonsille in bambini con ostruzione respiratoria in caso di iperplasia adeno-tonsillare ha avuto effetti significativi diminuendo il bruxismo in quei pazienti. Anche l’espansione del palato tramite apparecchio ortodontico nei bambini con palato stretto e problemi respiratori ha comportato una riduzione del bruxismo, minore russamento e minori movimenti durante il sonno.

Per gli adulti bruxisti spesso si ricorre ai byte, e per i bambini?

Il byte è un dispositivo occlusale che viene prescritto agli adulti che soffrono di bruxismo per proteggere i denti dall’usura prima che questa determini problemi di ipersensibilità, per ridurre un’iperattività dei muscoli masticatori, per ridurre tutti i sintomi che il bruxismo comporta, tra cui la tensione e i dolori dell’articolazione temporo-mandibolare.
Il byte di solito si porta tutte le notti, è facile da usare, non ha un costo eccessivo, è un trattamento reversibile e se portato correttamente risolve il bruxismo.
Nei bambini con denti decidui o dentizione mista invece non è indicato perché interferirebbe con i processi di crescita della mandibola e del mascellare superiore.

Concludendo?

Quando un genitore si accorge che il proprio bambino digrigna i denti durante la notte, consiglio una visita con il dentista pediatrico che individuerà se il bruxismo è in uno stadio iniziale o se ha già causato dei disturbi.
Nella maggior parte dei casi il dentista pediatrico consiglia una condotta osservazionale-non interventista, monitorando il piccolo paziente periodicamente.
Tuttavia, se il bruxismo manifesta sintomi come mal di testa, problemi respiratori durante il sonno e tutte le conseguenze viste in precedenza, verranno dati al genitore i consigli più adatti al grado di bruxismo: dalle coccole per ridurre piccole tensioni, ad un approccio multidisciplinare per i casi più complessi.

Autore

Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

I bambini che portano l’apparecchio hanno più carie?

Che legame esiste tra la carie e l’apparecchio per i denti?

La carie dentale rappresenta una delle più importanti malattie croniche a livello mondiale. La carie è una malattia microbica infettiva che colpisce i denti, causata da batteri che creano un ambiente acido determinando la demineralizzazione e distruzione della struttura dentale.
Diversi fattori influiscono sul rischio di sviluppare carie: l’alimentazione, l’igiene orale, l’utilizzo di prodotti fluorati, il flusso della saliva e i fattori immunologici che possono alterare la microflora orale.
Esistono poi alcuni fattori che aumentano il rischio di sviluppare carie: studi scientifici hanno dimostrato che questo rischio aumenta nei pazienti che portano l’apparecchio ortodontico fisso.

Come gli apparecchi ortodontici fissi possono aumentare il rischio di sviluppare carie?

Gli apparecchi ortodontici fissi sono considerati una delle principali cause della demineralizzazione dello smalto dentale perché facilitano l’accumulo della placca batterica offrendo ai batteri una superficie ritentiva.
L’igiene orale nei pazienti in trattamento ortodontico fisso risulta più difficoltosa per la presenza di brackets, di fili, ganci e bande metalliche che favoriscono l’accumulo di placca e la conseguente demineralizzazione dello smalto sottostante.
Altre concause sono le alterazioni della composizione e del flusso della saliva nei pazienti che portano l’apparecchio, e indubbiamente il tipo di dieta assunta nel periodo del trattamento ortodontico.

Come si creano le carie nei pazienti che portano l’apparecchio?

Molto spesso in seguito allo sbandaggio ortodontico ossia alla rimozione dell’apparecchio fisso sono visibili sullo smalto dentale delle macchie bianche opache chiamate WHITE SPOT LESIONS (WSL): sono dei segni di decalcificazione dello smalto causate dall’accumulo di placca nelle superfici dentali a contatto con bande e brackets ortodontici che causano la demineralizzazione dello smalto dei denti. Queste macchie bianche rappresentano una fase iniziale del processo carioso, e si è riscontrato che nei pazienti ortodontici le white spot lesions sono presenti nel 50% dei casi.

Cosa si può fare per prevenire le white spot lesions?

Le principali cause della decalcificazione dello smalto durante il trattamento ortodontico sono l’accumulo di placca batterica e la dieta del paziente; per prevenire le white spots basterebbe quindi prestare la massima attenzione a questi aspetti.
Occorre quindi che i dentisti e gli igienisti dentali istruiscano a dovere i pazienti ortodontici sulle corrette manovre di igiene orale che prevedono l’utilizzo di alcuni strumenti specifici per la pulizia degli apparecchi ortodontici, soprattutto dopo aver mangiato determinati cibi, ma a onor del vero questo non è sufficiente se non si ha la totale collaborazione del paziente.

Come fare quindi?

Si è visto che gli sciacqui con un collutorio a base di fluoro possono essere molto utili nella prevenzione delle WSP, così come le paste a base di fluoro e caseina sono molto utili per la remineralizzazione delle aree già demineralizzate.
Inoltre si è recentemente scoperto che una delle strategie per ridurre la comparsa di WSL e lesioni cariose nei bambini che portano l’apparecchio fisso è l’uso di cementi con proprietà antibatteriche e di rilascio di fluoro a lungo termine per cementare le bande ortodontiche.

Può spiegarci meglio?

Certamente. Per poter ”incollare” gli apparecchi fissi agli elementi dentali vengono utilizzati dei cementi chiamati vetro-ionomerici (GIC) che oltre ad essere molto resistenti ed avere una biocompatibilità ottimale, contengono fluoro che possono rilasciare per un lungo periodo di tempo. Studi scientifici dimostrano che il potenziale rilascio di fluoro di questi cementi è sufficiente per proteggere i denti dalle carie.
Ultimamente in commercio è stato introdotto un nuovo agente antibatterico vetro bioattivo (BAG) in grado di potenziare l’effetto anticariogeno dei cementi vetro-ionomerici. In un recente studio riportato nella letteratura scientifica si è visto che aggiungendo il BAG ai cementi GIC per cementare le bande degli apparecchi, il numero di batteri che avevano colonizzato le bande ortodontiche era 5 volte inferiore rispetto ai batteri che colonizzano le bande ortodontiche cementate col cemento senza BAG.

Cosa suggerisce?

Il trattamento ortodontico è uno dei fattori che può cambiare l’equilibrio della micro flora orale, aumentando il rischio carie. E’ quindi necessario ottenere la collaborazione del paziente ortodontico informandolo e istruendolo su una corretta igiene orale ed una dieta ottimale. Quando però ciò risulta complicato data la scarsa collaborazione dei pazienti (parliamo di bambini e adolescenti!) gli ortodontisti devono adottare delle misure preventive in grado di proteggere la superficie dentale consigliando l’utilizzo di collutori al fluoro, di paste a base di fluoro e caseina nelle zone già demineralizzate e utilizzando un cemento a rilascio di fluoro che contenga un vetro bioattivo in grado di ridurre la colonizzazione batterica attorno alle bande e ai brackets ortodontici.

Autore

Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Apparecchi per denti e postura

L’occlusione, l’estetica e l’odontoiatria minimamente invasiva sono i principali argomenti di discussione della moderna odontoiatria. Le tecniche biologiche mini invasive rivestono un ruolo importante nell’aiutare gli odontoiatri ad ottenere un’estetica eccellente ed una funzionalità predicibile per i nostri piccoli pazienti.

Esiste un legame tra l’occlusione dei denti e la postura?

Assolutamente si: il corpo umano viene considerato come un sistema complesso dove le sub-unità sono collegate tra loro anatomicamente e funzionalmente; tutto questo spiega come sia determinante la relazione esistente tra complesso cranio-facciale, piano scapolare, pelvico e la posizione dei piedi.
I rapporti di chiusura dei denti stabiliscono la posizione della mandibola che a sua volta attraverso i muscoli elevatori ed abbassatori condiziona fortemente la posizione della testa che a sua volta condiziona il tono muscolare e la posizione delle vertebre cervicali, del cingolo scapolare e del bacino.
Ad oggi è riconosciuto che i problemi che coinvolgono l’occlusione possono causare disfunzioni muscolo-scheletriche che conducono a patologie discendenti il tratto spinale attraverso uno schema definito a catena muscolare.

In cosa consiste l’Elastodontic Therapy?

L’Elastodontic Therapy® è un trattamento ortodontico precoce che cura le malocclusioni sin dalla loro primissima comparsa, già in bambini di 2 anni e mezzo: attraverso dispositivi mini-invasivi che sfruttano al massimo la crescita dei bambini e la notevole plasticità delle loro giovani strutture scheletriche, la terapia dà risultati rapidi e stabili nel tempo, richiedendo pochissima collaborazione da parte dei piccoli pazienti.
Inoltre il dispositivo elastodontico non richiede la presa dell’impronta per la sua realizzazione: grosso vantaggio per bambini molto piccoli e poco collaboranti.
L’Elastodontic Therapy® tratta però anche casi di malocclusioni in bambini più grandi, adolescenti e addirittura adulti in cui riesce a correggere malocclusioni più gravi e stabilire una corretta dimensione verticali nei pazienti che portano le protesi, ad esempio.

Com’è fatto l’apparecchio elastodontico?

L’apparecchio elastodontico è un dispositivo realizzato con materiale termoplastico, certificato e biocompatibile. Mantiene una forma rigida ma nello stesso tempo elastica procurando una piacevole sensazione di benessere: ecco perché nella maggior parte delle malocclusioni soprattutto nei pazienti molto piccoli, il loro utilizzo è considerato piacevole.

Come funziona questa tecnica?

Questa tecnica riesce a risolvere la maggior parte dei problemi ortodontici semplificando o addirittura eliminando un eventuale e successivo intervento ortodontico quando il bambino sarà più grande, perché facilita la crescita armoniosa, riduce il numero delle estrazioni, aumenta la stabilità nel tempo del trattamento.
La morfologia di questo apparecchio consente di guidare la lingua nella corretta posizione sul palato, favorire la respirazione nasale, rilassare la muscolatura facciale con un netto miglioramento dal punto di vista respiratorio e fonetico.
Il dispositivo è anche un validissimo strumento di lavoro decontratturante, detensionale di diverse problematiche muscolo-tensive e si rivela molto indicato anche per la riabilitazione delle articolazioni temporo-mandibolari (ATM). Se correttamente utilizzato, è in grado di procurare processi antinfiammatori e riparativi che vanno al di là di semplici trattamenti occlusali che danno al paziente l’opportunità di rimediare scompensi di carattere sintomatico e quindi psicologico.
L’azione riabilitativa si riflette su tutto il sistema stomatognatico: denti, alveoli, muscoli masticatori, ATM, guance, labbra, lingua, tessuti molli, ghiandole salivari, ossa mandibolari e mascellari, innervazione e vascolarizzazione e quindi il sistema dento- craniofacciale e cervico-posturale. Corregge, quindi, le abitudini viziate e i dismorfismi cranio-facciali, vere cause delle malocclusioni.
Il dispositivo è anche consigliato a pazienti con bruxismo e russamento notturno.

In che modo la  tecnica Elastodontic Therapy® può considerarsi ideale per risolvere problematiche scheletriche e funzionali?

Le patologie occlusali e quindi le malocclusioni sono spesso un fattore causale di molte patologie osteo- articolari, infatti si dice proprio che i muscoli masticatori fanno parte della così detta “catena posturale”. Diversi studi dimostrano come la II Classe scheletrica (che si osserva quando il mascellare superiore è più avanzato rispetto alla mandibola) è associata spesso ad una postura avanzata ed iperlordosi del rachide cervicale, mentre la III Classe (che si osserva quando la mandibola è più avanzata del mascellare superiore) è per lo più associata ad una postura arretrata. Attraverso un’attenta analisi della postura del paziente dal semplice esame clinico alle radiografie, si evince una correlazione tra malocclusione e significative alterazioni posturali e significative differenze tra l’appoggio plantare destro e sinistro.
Con il raggiungimento della normocclusione attraverso l’Elastodontic Therapy®, sarà possibile anche correggere la postura stessa del paziente, in alcuni casi per accelerare e migliorare la terapia sono utili persino le sedute di fisioterapia o osteopatia.
Concludendo l’ortodonzia preventiva tramite dispositivi elastodontici rappresenta quindi un importante passo avanti nell’ambito dell’ortodonzia in età evolutiva dal momento che è in grado di risolvere la maggior parte dei problemi ortodontici trasformando molti di questi casi in occlusioni ideali sotto il profilo estetico, funzionale e posturale.

Autore

Dott. Filippo Cardarelli

DOTT. FILIPPO CARDARELLI

Laurea con Lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria, è specializzato con lode in Ortognatodonzia presso l'Università degli Studi di Milano. E' cultore della materia in Odontoiatria Pediatrica presso l'Università degli Studi di Milano, nonchè autore di pubblicazioni su riviste nazioni ed internazionali. Ideatore della tecnica ortodontica: Elastodontic Therapy®

Ridurre la paura del dentista con la musica

Sono tanti i bambini che hanno paura del dentista?

L’ansia e la paura del dentista sono una delle problematiche più significative negli studi dentistici: colpiscono il 10-20% degli adulti e fino al 43% dei bambini e degli adolescenti.
Nei bambini per ovviare a questo problema così frequente si ricorre a farmaci ansiolitici pediatrici oppure alla sedazione cosciente con protossido d’azoto e ossigeno. Nella sedazione i gas vengono inalati tramite una mascherina poggiata sul naso e si riesce a vivere con più serenità i trattamenti odontoiatrici.
Spesso però i genitori dei bambini che soffrono di odontofobia (paura del dentista) preferiscono risolvere il problema senza farmaci; inoltre gioca un ruolo importante anche l’aspetto economico visto che il costo delle sedute odontoiatriche aumenta con l’utilizzo della sedazione cosciente.

Cosa si può fare allora?

Se un genitore ha un bambino che manifesta ansia o paura del dentista, gli consiglierei sicuramente una visita da un dentista pediatrico, specializzato in bambini. I dentisti pediatrici hanno tutte le conoscenze per affrontare qualsiasi situazione di paura: una prima visita odontoiatrica senza fare nulla di operativo anzi gestita in maniera giocosa, successive sedute di approccio psicologico e iniziale confidenza aiutano ad arrivare all’appuntamento operativo sicuramente rilassati e preparati a ciò che si deve affrontare.
Un altro strumento molto utile nel gestire la paura è sicuramente la musicoterapia, ossia l’ascolto della musica per la gestione dell’ansia. E’ una tecnica semplice, economica, che funziona molto bene e ampiamente accettata dai bambini, dai genitori e dai professionisti. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato l’azione benefica della musica durante i trattamenti odontoiatrici per ridurre l’ansia dei pazienti.

Cos’è la musicoterapia?

La musicoterapia è una tecnica che consiste nel far ascoltare al paziente la sua musica preferita durante i trattamenti odontoiatrici, al fine di ridurre l’ansia e la paura. E’ una tecnica di distrazione passiva.
Tutti gli studi dentistici hanno un PC nella sala operativa che può trasmettere la musica, oppure tramite il telefono dei genitori.
La musicoterapia quindi è una tecnica molto semplice, non costosa, alla portata di tutti e realizzabile in qualsiasi contesto.

Funziona?

In alcuni casi funziona molto bene: poter ascoltare la musica preferita può aiutare bambini e adolescenti ad avere il controllo su una situazione sgradevole come il trattamento odontoiatrico. Inoltre può rendere l’ambiente più familiare e meno minaccioso, facendo sentire i piccoli pazienti a proprio agio.
Nei bambini molto piccoli (età inferiore ai 6 anni) e nei casi d’ansia più gravi però potrebbe non funzionare.

Come si effettua la musicoterapia?

Alcuni autori della letteratura scientifica internazionale hanno stilato delle vere e proprie linee guida che l’odontoiatra dovrebbe seguire nell’esecuzione della musicoterapia:

1Al momento di fissare l’appuntamento, bisognerebbe chiedere al genitore di portare la musica preferita del bambino, non limitandosi solo alla scelta di brani rilassanti tra le sue canzoni preferite ma estendendosi a qualsiasi brano che sollevi il suo umore e lo aiuti a sostenere la sua attenzione;

2Se i pazienti preferiscono ascoltare musica rilassante durante i trattamenti, sarebbe bene indirizzarli sulla scelta di musiche semplici, armoniche e melodiche, senza testi, lente, senza tensioni, preferibilmente caratterizzate dal suono di archi, fiati di legno e pianoforte (no ad ottoni e percussioni!). Anche i suoni della natura come le onde del mare o i versi degli uccelli possono essere inclusi. La musica scelta comunque non dovrebbe evocare ricordi o associazioni in contrasto con l’obiettivo di relax;

3Bisogna permettere al paziente di gestire il controllo del volume, per prevenire i disagi e massimizzare il controllo percepito;

4Bisogna far scegliere al paziente se utilizzare le cuffie o avere un ascolto a campo libero. Anche se le cuffie possono aiutare a mascherare i “suoni odontoiatrici”, possono aumentare l’ansia nei pazienti ostacolando la comunicazione con il dentista. Quando si usano le cuffie, il volume della musica deve essere tenuto basso per consentire la comunicazione con l’operatore, ma allo stesso tempo deve garantire un adeguato mascheramento dei “suoni odontoiatrici”;

5È importante che l'ascolto della musica inizi prima del trattamento odontoiatrico, possibilmente già dalla sala d’attesa. Questo può aiutare a prevenire l’ansia mentre il paziente attende di essere chiamato;

6Si devono invitare i pazienti a concentrarsi attivamente sui brani musicali che stanno ascoltando piuttosto che ascoltare la musica in modo passivo.

Cosa consiglia in caso di insuccesso?

L'ascolto della musica può aiutare a ridurre l'ansia relativa alle procedure mediche/odontoiatriche e rendere più gestibili le cure. Essendo una tecnica semplice, non costosa, facile da attuare e che può essere realizzata in qualsiasi contesto, consiglierei ai colleghi odontoiatri di prenderla in considerazione come alternativa alle classiche tecniche di sedazione per avere una maggiore collaborazione da parte del piccolo paziente. Nei pazienti molto piccoli o altamente ansiosi però la musicoterapia potrebbe non funzionare. Per questi bambini si potrebbero prendere in considerazione i consigli di un musico-terapeuta, oppure ricorrere alle metodiche classiche di sedazione.

Autore

Dott.ssa Lara Figini

Dott.ssa Lara Figini

Laurea con Lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Milano, svolge la libera professione odontoiatrica in qualità di direttore sanitario e odontoiatra. E’ autrice di numerose pubblicazioni scientifiche per importanti riviste odontoiatriche italiane e internazionali, quali Dentalcadmos e la rivista online Odontoiatria33.

Consumo di zuccheri nei bambini

La correlazione tra cibo e patologie, in particolare le patologie del cavo orale, rappresenta una delle più recenti scoperte della scienza dell’alimentazione. Sono moltissimi gli alimenti implicati nella salute globale e orale; fra tutti quelli che destano maggiori preoccupazioni, gli zuccheri costituiscono i principali imputati della cattiva salute.

Cosa si intende per zuccheri?

Gli zuccheri sono sostanze naturali contenute in frutta, verdura, diversi cereali, latte materno, latte e prodotti lattiero caseari, ma possono anche essere addizionati agli alimenti in fase di trasformazione industriale e casalinga delle materie prime. Essi rendono dolce il sapore di cibi e bevande, migliorandone la loro palatabilità e capacità di conservazione, conferendone attributi funzionali quali viscosità, consistenza, struttura e colore. La dolcezza è misurata utilizzando come punto di riferimento il saccarosio, che ha un valore di dolcezza pari a 1,00. Il fruttosio è lo zucchero naturale più dolce con un valore zuccherino pari a 1,17.
La definizione aggiornata dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di zuccheri liberi è: monosaccaridi e disaccaridi aggiunti a cibi e bevande dal produttore, dal cuoco o dal consumatore e zuccheri naturalmente presenti in alimenti quali miele, sciroppi e spremute e/o estratti di frutta.

Perché ai bambini piacciono così tanto le sostanze dolci?

L’esperienza dei sapori inizia in utero attraverso il liquido amniotico e continua con l’allattamento al seno. I neonati per via di meccanismi di sopravvivenza della specie umana, hanno un’innata preferenza per i gusti dolci, preferiscono soluzioni zuccherine all’acqua, manifestano un naturale rifiuto per i sapori acidi e amari. La preferenza per il gusto dolce ha una forte componente genetica e diminuisce con l’avanzare dell’età; è determinata da molti fattori che riguardano il comportamento alimentare mediante sistemi di ricompensa, le analisi sensoriali e i processi complessi elaborati dal sistema limbico.
Le preferenze durante lo svezzamento, possono essere diverse tra i neonati allattati al seno e quelli nutriti con latte di formula. I neonati allattati con latte artificiale sono esposti a sviluppare un gusto assai più dolce rispetto a quelli nutriti con latte materno, dato dal conseguente innalzamento della soglia di percezione del sapore dolce.

Nelle etichette dei prodotti spesso si legge “senza zuccheri aggiunti”: cosa significa?

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) parla di zuccheri totali, includendo in questa definizione sia quelli naturalmente presenti in alimenti quali frutta, verdura, cereali, latte e prodotti lattiero- caseari, sia gli zuccheri aggiunti. Questi ultimi sono rappresentati da saccarosio, fruttosio, glucosio ed idrolizzati di amido (sciroppo di glucosio, sciroppo ad alto contenuto di fruttosio, isoglucosio).
In Europa, non esiste un’etichettatura obbligatoria per gli zuccheri aggiunti o liberi in quanto devono essere dichiarati solo gli zuccheri totali. La dicitura senza zuccheri aggiunti e zuccheri presenti in natura all’interno degli alimenti pediatrici sono conformi al Reg. n° 1924 in merito alle indicazioni nutrizionali e alla salute sui prodotti alimentari, ma non con la definizione dell’OMS. Infatti sulle etichette può essere riportata la dicitura senza zuccheri aggiunti nonostante contengono zuccheri liberi che rimangono nascosti. I consumatori potrebbero non essere consapevoli di assumerli mediante alcuni alimenti e bevande.
Una recente dichiarazione scientifica dell’American Heart Association (AHA) ha rilevato l’incremento dei fattori di rischio di malattie cardiovascolari associati a zuccheri aggiunti, tra cui l’obesità, dislipidemie, livelli elevati di acido urico e pressione arteriosa, steatosi epatica non alcolica, nonché tutti fattori predittivi delle carie e malattie parodontali.

E’ necessario consumare zuccheri per il bene del nostro organismo?

Gli zuccheri non costituiscono un componente necessario nella dieta in quanto forniscono calorie senza apportare altri fattori nutrizionali essenziali e, sostituendosi agli alimenti ricchi di sostanze nutritive, si associano a svariate patologie metaboliche, in particolar modo quelle cardiovascolari oltre che patologie odontoiatriche quali carie e malattie parodontali. Il consumo di zucchero specie quello sotto forma di dolcificanti presenti maggiormente nelle bevande gassate e nei succhi di frutta, nei bambini e negli adolescenti europei supera le attuali raccomandazioni.
Gli zuccheri semplici non rientrano nel normale fabbisogno nutrizionale, sebbene i bambini abbiano una preferenza innata per i sapori dolci, la quale può essere potenziata dall’esposizione pre e post-natale.

Quali sono le bevande che contengono zuccheri per cui bisogna stare attenti?

Le bevande zuccherate che contengono additivi dolcificanti calorici, includono l’intera gamma di bevande analcoliche (compreso il tè freddo, consumato ampiamente dai bambini), bevande gassate (come la cola, aranciata, etc..), alla frutta (come i succhi di frutta), energetiche, vitaminiche etc.
I cosiddetti succhi di frutta sono principalmente costituiti da acqua, zuccheri liberi, coloranti e una bassissima percentuale di frutta che oscilla generalmente dal 15 al 37%. Questi purtroppo incentivano il sovrappeso e/o l’obesità con eventuali conseguenze metaboliche e lesioni cariose sia dei denti da latte sia dei denti permanenti. La maggior parte degli studi condotti dimostra che un consumo di bevande zuccherate durante l’infanzia ne influenza fortemente il successivo consumo nell’adolescenza.
I bambini e adolescenti che consumano quotidianamente i succhi di frutta o i tè freddi confezionati sono sicuramente esposti ad un maggiore rischio di carie rispetto ai bambini che non ne assumono: la quantità di zuccheri presenti in queste bevande è notevole anche se “nascosta”, e pensando di consumare bevande naturali perché “alla frutta” o tè, si sottovaluta l’elevato rischio associato di sviluppare le carie.

Quanto zucchero bisognerebbe consumare al massimo ogni giorno?

Sulla base di evidenze provenienti da studi scientifici sulla carie dentale in bambini, adolescenti ed adulti, l’OMS raccomanda di limitare l’assunzione di zuccheri liberi a meno del 10% dell’apporto energetico totale giornaliero e suggerisce che una riduzione inferiore del 5% apporterebbe ulteriori benefici nel diminuire ulteriormente il rischio. La dose raccomandata sarebbe meno di 16 grammi di zucchero al giorno per i bambini di 4–8 anni. Inoltre, l'American Heart Association raccomanda di ridurre il consumo di zucchero nei bambini e negli adolescenti a meno di 25 grammi di zucchero aggiunto al giorno. Si deve notare che 200 ml di bibita contengono circa 26 grammi di zucchero.

Gli zuccheri sono tutti uguali o alcuni sono più pericolosi di altri?

Nel 2017, la Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (ESPGHAN) ha fornito raccomandazioni e punti pratici in merito all’assunzione di zuccheri liberi nella popolazione pediatrica. Il saccarosio è lo zucchero più cariogeno poiché può formare glucani che consentono l’adesione batterica ai denti e limitano la diffusione di acido e tamponi nella placca.
Tali batteri, primo fra tutti lo Streptococco mutans, hanno quindi delle preferenze e prediligono gli zuccheri semplici. Gli zuccheri complessi quali l’amido della pasta e alcune fibre solubili, non subiscono immediatamente l’attacco di questi batteri, perché sono delle molecole troppo grandi per essere facilmente scisse. I risultati della maggior parte degli studi revisionati, dimostrano che l’incidenza della carie si riduce quando l’assunzione degli zuccheri liberi è inferiore al 10%.

E i dolcificanti?

Nell’ambito dei dolcificanti si distinguono quelli calorici e non calorici, naturali e artificiali. Nei dolcificanti calorici naturali riveste particolare attenzione il palatinosio, che non favorisce la carie dei denti ed è riscontrabile in piccole quantità nel miele, e i polialcoli come lo xilitolo (presente nelle chewing gum e caramelle), l’eritritolo, il sorbitolo, il maltitolo e il lattitolo. I polialcoli sono in generale considerati non favorevoli allo sviluppo di carie specie nel caso di xilitolo ed eritritolo. I dolcificanti calorici artificiali includono invece l’aspartame, l’acesulfame K, saccarina, sucralosio, neotame.
Mentre i dolcificanti ipocalorici naturali includono la stevia rebaudiana, monellina e taumatina. La stevia è considerata un dolcificante sfavorevole alle carie, mentre per quanto riguarda taumatina e monellina non sono ancora sufficienti i dati in letteratura che confermino le loro attività.
I dolcificanti artificiali sono i ciclammati. Essi derivano dai sali di sodio e di calcio dell’acido ciclamico. Questi edulcoranti sintetici sono impiegati nella produzione di confetteria e bevande zuccherate, nella preparazione di complementi alimentari ed integratori alimentari, alimenti dietetici e pastiglie/caramelle da masticare.
Possono essere associati ad un aumento di rischio di malattie cronico-metaboliche pari a quelle derivanti dal consumo di zuccheri semplici addizionati negli alimenti. Gli effetti a lungo termine del consumo di bevande zuccherate artificialmente sono sconosciuti per tanto si sconsiglia di evitarli in età pediatrica e di ridurre l’assunzione di dolcificanti per combattere i fattori di rischio cardiometabolico. Inoltre, in uno studio su bambini con obesità e sindrome metabolica la sostituzione ipocalorica di disaccaridi con amido migliorerebbe i parametri metabolici compresa la tolleranza al glucosio e l’iperinsulinemia.

Quindi zuccheri si o zuccheri no?

Gli zuccheri dovrebbero preferibilmente essere consumati come parte di un pasto principale privilegiando la forma naturale come il latte materno o latte animale non addizionato di zucchero artificiale, lo yogurt naturale con probiotici e con aggiunta di frutta fresca, spremute di frutta specie quelle rosse ricche di polifenoli con attività antinfiammatoria e antiossidante e non sotto forma di bevande zuccherate, succhi di frutta o prodotti a base di latte zuccherato.
La sostituzione sia degli zuccheri semplici sia degli edulcoranti artificiali calorici presenti in alimenti e bevande con cibi funzionali contenenti composti nutraceutici e acqua minerale ricca di calcio, nei bambini e negli adolescenti è associata ad una riduzione di lesioni cariose, adiposità, diabete mellito di tipo 2 e malattie cardiovascolari.

Autore

Dott. Rosario Simeone Morando

Dott. Rosario Simeone Morando

Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari, Laurea Specialistica in Alimentazione e Nutrizione Umana, si occupa di nutrizione pediatrica nelle patologie odontoiatriche e nutrizione materno-infantile ed in età evolutiva. Ha collaborato per l’elaborazione delle Linee Guida del Ministero della Salute sulla nutrizione e salute orale, con la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale sulle Raccomandazioni nutrizionali nei primi mille giorni di vita, fa parte del Comitato Scientifico dell’ALMA (Scuola Internazionale della Cucina Italiana). Collabora con i reparti di pediatria dell’Ospedale Santi Paolo e Carlo, Istituto Auxologico Italiano e Fondazione IRCCS Ca’ Granda di Milano. Relatore a congressi nazionali, autore di articoli scientifici su riviste nazionali, autore di libri scientifici, svolge attività didattico-seminariali presso l’Università degli Studi di Catania.

Cosa mettere in valigia?

Vacanze! In Italia o all’estero, al mare o in montagna, quali farmaci mettere in valigia per essere pronti ad ogni inconveniente?

Noi di dentalbaby vi diamo qualche suggerimento!

1Prima di un viaggio in paesi lontani: consultare il pediatra per verificare che il bambino stia bene e per farsi prescrivere i farmaci indispensabili (può essere utile farsi preparare la prescrizione anche nella lingua del paese di destinazione)

2A seconda della meta prescelta, verificate che non ci siano malattie endemiche: in caso contrario procedere con le relative profilassi (prendete appuntamento alla vostra ASL almeno un mese prima della partenza)

3Assistenza sanitaria: in Europa è garantita e gratuita (portare sempre la tessera sanitaria non scaduta del bambino e dei genitori); al di fuori dell’Europa valutate se stipulare un’assicurazione sanitaria privata

4Vaccinazioni: controllate che siano in regola, soprattutto l’antitetanica

5In caso di mete lontane ed esotiche, memorizzate sul cellulare il numero del centro antiveleni più vicino (non si sa mai!)

6Preferite farmaci che i vostri bambini hanno già utilizzato, così da conoscerne dosi e tolleranza

7Se volete portare dei farmaci che avete in casa, verificate la data di scadenza e portate dietro il foglietto illustrativo da consultare in caso di dubbi sul dosaggio e controindicazioni/effetti collaterali

8Se il vostro bambino ha una patologia cronica, portate i farmaci che utilizza abitualmente nella quantità sufficiente per tutto il periodo della vacanza: meglio metterli nel bagaglio a mano, oppure raddoppiate le dosi e dividetele in due valigie diverse, in caso di smarrimento bagagli

9Se viaggiate in aereo: tenete i farmaci necessari nel bagaglio a mano, ma ricordate di non portare flaconi di contenuto superiore a 100 ml (non consentito nel bagaglio a mano). In alternativa fatevi fare un certificato dal vostro pediatra che attesti la patologia, quali farmaci deve avere con sé e in quale dosaggio

10Farmaci utili:

  • disinfettanti spray, cerotti, garze (o garze già imbevute di disinfettante che occupano meno spazio in valigia);
  • creme solari con protezione totale;
  • creme doposole contro le scottature;
  • repellenti contro le zanzare;
  • stick lenitivo post puntura di insetti (anche ammoniaca contro le punture delle meduse);
  • crema all’arnica in caso di contusioni;
  • prodotti alla propoli per il mal di gola e sciroppi anti-tosse (l’aria condizionata non perdona!);
  • termometro;
  • farmaci contro la diarrea;
  • soluzioni reidratanti e sali minerali;
  • un farmaco antinausea se il bambino soffre di mal d’auto-nave-aereo (oppure caramelle allo zenzero, possibilmente senza zucchero!);
  • se il bambino soffre d’asma: spray e distanziatore;
  • antistaminico in caso di reazioni allergiche;
  • prima della partenza consultate un dentista pediatrico che attesti il buono stato di salute orale del vostro bambino e vi dia tutte le raccomandazioni pre-partenza;
  • se il bambino ha delle carie estese e partite prima che le curi, oppure ha dei denti che sono già stati devitalizzati: antidolorifico in caso di dolore (paracetamolo o ibuprofene sospensione orale), antibiotico in caso di ascessi estesi (penicilline o claritromicina per gli allergici alle penicilline; in caso di ascessi circoscritti vanno bene anche impacchi di acqua e sale), fermenti lattici (da utilizzare durante tutto il trattamento antibiotico), pasta per otturazione provvisoria (se il bambino ha un’otturazione provvisoria che quindi potrebbe staccarsi), filo interdentale/forcelle interdentali per pulire bene dai residui di cibo, collutorio o gel disinfettante in caso di infiammazione delle gengive e delle mucose (previo consulto con il vostro dentista pediatrico per la prescrizione del prodotto più corretto).

Per qualsiasi dubbio, scriveteci! Noi non andiamo mai in vacanza, siamo sempre con voi a vostra disposizione!

Il team di dentalbaby

Autore

Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Piercing negli adolescenti

Cosa è un piercing?

Il piercing consiste nella perforazione di alcune parti del corpo (labbra, lingua, naso, sopracciglio, ombelico etc..) al fine di inserirvi degli ornamenti. E’ una pratica che ha origini tribali: in molte società primitive il piercing veniva usato come forma decorativa per il corpo sia per ragioni estetiche che per affermare la propria appartenenza ad una particolare classe o etnia.
A partire dagli anni ’70 questa pratica si è rapidamente diffusa negli USA poi in Europa, e sta guadagnando sempre più popolarità tra gli adolescenti e i giovani adulti.

E’ pericoloso?

Per quanto riguarda noi odontoiatri, il piercing al labbro e alla lingua non è innocuo perché comporta rischi locali e sistemici, ed è stato associato a complicanze precoci e tardive. Purtroppo la maggior parte dei soggetti che si sottopongono al piercing non è a conoscenza delle conseguenze che questa pratica può comportare alla salute.

Può spiegarci meglio?

Certamente. In seguito ad un piercing eseguito sul labbro o sulla lingua possono verificarsi delle complicanze precoci come:

  • dolore nella parte interessata
  • gonfiore della zona interessata
  • aumento del flusso salivare
  • alterazione della masticazione
  • alterazione del linguaggio
  • infiammazione della zona perforata
  • infezione della zona perforata (per presenza di batteri veicolati dal piercing inteso come corpo estraneo)
  • emorragia.

Le complicanze tardive che invece possono verificarsi nel tempo sono:

  • infiammazione della zona perforata
  • alterazione della capacità di masticare, parlare, deglutire
  • aumento del flusso salivare
  • ipercrescita del tessuto nella zona perforata
  • incorporazione dell’ornamento nella lingua
  • generazione di correnti galvaniche
  • lingua bifida
  • perdita parziale o totale della sensibilità gustativa della lingua
  • danno dei denti adiacenti il piercing: accumulo di placca, recessioni gengivali, ipersensibilità dentinale, abrasione-scheggiatura-frattura dei denti (causate dai continui traumi del piercing sui denti), problemi parodontali
  • aumento di batteri patogeni nella zona perforata
  • aumento della colonizzazione di Candida Albicans.

Sono stati riferiti anche gravi complicanze come:

  • reazioni allergiche
  • angina di Ludwing
  • ascessi cerebrali
  • endocardite (infezione a carico della parete che riveste il cuore, causata da batteri presenti nel cavo orale e migrati altrove)
  • ingestione del piercing e ostruzione delle vie aeree
  • rischio di epatite e infezione da HIV (nell’80% dei casi i piercing vengono eseguiti in laboratori spesso non regolamentati, e non in centri medici).

C’è differenza di complicanze tra il piercing al labbro e quello alla lingua?

Sembrerebbe di si. In letteratura è emerso che entrambi i piercing alle labbra e alla lingua comportano un rischio di recessione gengivale circa 4 volte maggiore rispetto ai soggetti che non hanno un piercing; inoltre il piercing alla lingua è associato maggiormente a lesioni dei denti adiacenti.
L’incidenza delle recessioni gengivali può arrivare al 50% per i pazienti con il piercing al labbro e fino al 44% per i pazienti con il piercing alla lingua.
Le lesioni ai denti (abrasione, scheggiatura, frattura) sono state osservate fino al 47% nei pazienti con piercing alla lingua e fino al 26% nei pazienti con piercing al labbro.
Inoltre maggiore è il tempo di permanenza del piercing, maggiore sarà la prevalenza di complicanze ai denti contigui.

Qual è il compito del dentista?

I dentisti devono informare i pazienti, soprattutto i più giovani, delle conseguenze del piercing orale per i denti e gengive, e consigliare loro di evitare o rimuovere i piercing orali a causa delle potenziali patologie e sequele associate a tale pratica. 
Nei casi in cui il paziente scelga di tenere i piercing orali nonostante sia stato consigliato il contrario, è responsabilità del dentista educare il paziente su una corretta cura del piercing e monitorare la situazione orale. Il paziente deve essere informato che maggiore è il tempo di usura, maggiore è la possibilità di sviluppare complicanze. I pazienti con piercing devono essere richiamati frequentemente per i controlli così da garantire l’individuazione precoce di possibili complicanze orali.
Il dentista deve documentare l'esistenza dei piercing e le loro caratteristiche per quanto riguarda l'ubicazione, il tempo di usura, le abitudini e la lunghezza del gambo del piercing.

Che raccomandazioni darebbe ad un paziente che ha un piercing orale?

Il Ministero della Salute ha stilato delle indicazioni per la promozione della salute orale nelle scuole secondarie, e per i pazienti che portano un piercing al labbro o alla lingua specifica:

  • di effettuare un’igiene orale quotidiana scrupolosa, almeno due volte al giorno, dopo i pasti principali con spazzolino e dentifricio al fluoro
  • dopo l’igiene orale spazzolare la barra del piercing in modo da eliminare placca e residui alimentari che possono causare infezione
  • dopo aver effettuato la pulizia della barra del piercing, effettuare sciacqui con collutorio o con acqua e sale, senza risciacquare successivamente con acqua
  • effettuare controlli periodici dall’odontoiatra.

Autore

Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Carie nei bambini intolleranti al lattosio o allergici alle proteine del latte

Sono tanti i bambini allergici alle proteine del latte o intolleranti al lattosio?

L’allergia alle proteine del latte vaccino rappresenta l’allergia più comune nei bambini, e negli ultimi decenni la sua prevalenza sembrerebbe in aumento, con un’incidenza del 2-3% nel primo anno di vita.
Tende a scomparire con la crescita e negli adulti è piuttosto rara.
L’intolleranza al lattosio ha un’incidenza maggiore, che si aggira intorno al 10-20% fino all’età di 2 anni, tra il 20-30% tra i 2-10 anni, tra il 30-70% negli adulti.
Attenzione: non tutti questi pazienti manifestano sintomi.

Che cos’è l’allergia alle proteine del latte?

L’allergia alle proteine del latte è causata da una reazione avversa da parte del nostro sistema immunitario che crede di avere a che fare con una minaccia e scatena dei meccanismi di difesa. È una reazione mediata dalle Immunoglobuline E verso una o più proteine del latte, in particolare la caseina e proteine del siero, non il lattosio che è uno zucchero.

Che cos’è l’intolleranza al lattosio?

L’intolleranza al lattosio è la ridotta capacità dell’intestino di digerire il lattosio, uno zucchero presente nel latte. Nei pazienti sani esiste un enzima (la lattasi) in grado di digerire il lattosio, nei pazienti intolleranti invece questo enzima manca o si riduce parzialmente.
Ricordiamo che la lattasi è un enzima che abbiamo tutti a livello intestinale, presente già alla 23° settimana di gestazione: raggiunge la sua massima attività alla nascita e rimane tale per i primi mesi di vita quando il latte rappresenta l’unica fonte di alimentazione per il bambino.
Dopo lo svezzamento la sua attività inizia a diminuire in ognuno di noi, quindi l’intolleranza al lattosio non è una malattia ma una condizione fisiologica.

Che sintomi danno?

L’allergia può causare prurito, orticaria, sintomi gastrointestinali (crampi e dolori addominali, nausea, vomito, diarrea), sintomi respiratori (asma, dispnea). I sintomi possono verificarsi entro un’ora dall’assunzione del latte (reazioni immediate) o dopo 1 ora (reazioni tardive).
La prognosi è buona perché ha un tasso di remissione del 85-90% a 3 anni.
L’intolleranza al lattosio può causare gonfiore, tensione, dolore o crampi addominali, meteorismo, brontolio dello stomaco, vomito, diarrea.
Se poi il lattosio viene assunto contemporaneamente ad altri carboidrati che aumentano la velocità di svuotamento gastrico, i sintomi possono essere più frequenti e violenti. Di solito i sintomi si risolvono spontaneamente.

Dov’è contenuto il lattosio?

Distinguiamo cibi ad alto contenuto di lattosio (latte intero, latte parzialmente scremato e scremato di ogni specie animale, latte in polvere e condensato, latticini, ricotta, formaggi freschi e spalmabili, yogurt, panna, gelati, frullati) da cibi a basso contenuto di lattosio (latte ad alta digeribilità, burro, formaggi stagionati, alimenti con siero del latte, pane al latte). Attenzione: il lattosio è contenuto anche in molti farmaci in commercio, nei salumi (affettato di tacchino, salame, salsicce, prosciutto cotto), brioches, pane e hamburger dei fast food, purè di patate in busta, ravioli e tortellini confezionati, brodo in dado, nei gelati.

Come capire se si è allergici o intolleranti?

Si può provare a consumare latticini senza lattosio e osservare se i sintomi persistono: se scompaiono si tratta di intolleranza al lattosio e non allergia alle proteine del latte. Viceversa per l’allergia. Esistono poi diversi test di laboratorio per avere la certezza scientifica che si tratti di allergia o intolleranza, come il breath test, il prick test etc..

Come si guarisce?

In caso di allergia bisogna eliminare i cibi e bevande contenenti le proteine del latte. In caso di intolleranza al lattosio bisogna condurre una dieta a ridotto contenuto di lattosio, sostituendo il latte vaccino con latte senza lattosio o latte vegetale, e poi gradualmente gli altri prodotti iniziando da quelli ad alto contenuto di lattosio così da scoprire la soglia di tolleranza del paziente.

E’ vero che i bambini allergici alle proteine del latte o intolleranti al lattosio hanno più carie?

Si, è vero. Studi scientifici hanno dimostrato che i bambini che hanno eliminato il lattosio dalla loro dieta perché intolleranti o allergici alle proteine del latte hanno più carie rispetto ai bambini che non presentano questo problema. In uno studio su 200 bambini affetti da allergia alle proteine del latte o intolleranza al lattosio, il 67,5% aveva carie ai denti e ha dovuto eseguire trattamenti odontoiatrici, mentre il 33,5% no.
Questo però non sembra essere legato ai cibi e bevande sostitutivi assunti normalmente dai pazienti allergici o intolleranti, come latte di soia o altri sostituti del latte: queste sostanze non sarebbero la causa della maggiore cariorecettività dei bambini colpiti, ad eccezione di succhi di frutta a base di soia molto zuccherati.

Qual è allora la causa della maggiore cariorecettività?

La situazione orale dei bambini allergici/intolleranti sarebbe peggiore a causa delle restrizioni alimentari su un’importante fonte di calcio come il latte vaccino e la sostituzione dello stesso in alcuni casi con alimenti particolari come i succhi di frutta a base di soia molto zuccherati, a basso pH, che possono potenziare la demineralizzazione dello smalto nella dentizione primaria, oltre alle erosioni dei denti.

Cosa dovrebbe fare un dentista pediatrico?

Un dentista pediatrico dovrebbe sicuramente eseguire un’accurata anamnesi medica del bambino che indaghi sulla sua salute generale, ponendo particolare attenzione ai bambini allergici alle proteine del latte o intolleranti al lattosio.
Avere questo tipo di informazione può aiutare il dentista pediatrico a identificare i bambini ad alto rischio di carie così che insieme alla famiglia si possa lavorare sulla prevenzione o intervenire il più precocemente possibile qualora ci fossero già dei problemi orali in corso.
Inoltre qualora il bambino dovesse presentare uno di questi problemi, bisogna prestare particolare attenzione quando si prescrivono farmaci che potrebbero contenere lattosio, come alcuni antibiotici, antidolorifici o paste a base di proteine del latte che vengono prescritte ai bambini affetti da MIH (ipomineralizzazione dello smalto di incisivi e molari permanenti).

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Dott.ssa Tiziana Anedda

DOTT.SSA TIZIANA ANEDDA

Laurea con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Cagliari, è specializzata in Chirurgia Odontostomatologica presso l'Università degli Studi di Milano. Owner di dentalbaby, portale di informazione scientifica sulla salute orale pediatrica rivolto ai genitori e ai colleghi odontoiatri ed igienisti.

Dentifrici per bambini: quale scegliere?

Cos'è il dentifricio e cosa contiene?

Il dentifricio è una sostanza dalla consistenza pastosa o fluida che viene impiegato nelle manovre di igiene orale quotidiana. La pasta dentifricia può essere specifica per alcune problematiche orali e può contenere principi attivi diversi come sostanze antibatteriche, desensibilizzanti, remineralizzanti o sbiancanti. In base alla sua composizione chimico-fisica il dentifricio può essere più o meno abrasivo e questa caratteristica, espressa con l’acronimo RDA (Relative Dentin Abrasivity), non è trascurabile e in presenza di determinate condizioni cliniche del paziente deve essere tenuta in considerazione nel momento dell’acquisto.

Il dentifricio è indispensabile per l'igiene orale o basterebbe il movimento del solo spazzolino?

La pasta dentifricia non ha una funzione detersiva vera e propria, deve essere sempre associata alla detersione meccanica dello spazzolino, unica manovra che realmente è in grado di rimuovere il biofilm batterico. E’ comunque molto importante poiché veicola all’interno del cavo orale sostanze preziose per i nostri denti, come calcio, fosfati e fluoruri.
In particolare il fluoro è il principio attivo più utile per ridurre il rischio di sviluppare nuove lesioni cariose.
La carie infatti è una malattia multifattoriale ancora troppo presente in Italia e nel mondo.

Che differenza c'è tra un dentifricio per adulti e uno per bambini?

La differenza tra un dentifricio per adulti e per bambini sta proprio nel quantitativo di fluoro, espresso in parti per milione (ppm).
I composti fluorati infatti prevedono modalità di somministrazione e posologia differenti in base all’età e alle necessità dell’individuo.

È pericoloso deglutire il dentifricio?

Il quantitativo di fluoro del dentifricio deve essere quindi adeguato all’età del soggetto che ne fa uso. Gli individui in tenera età non sapendo ancora controllare efficacemente il riflesso della deglutizione, tendono a ingerire involontariamente parte del dentifricio apportato durante le manovre di igiene orale domiciliare, con conseguente assorbimento sistemico. Questo può essere pericoloso poiché un sovradosaggio può portare a fluorosi.

I dentifrici per bambini sono tutti uguali?

I dentifrici per bambini non sono tutti uguali, alcuni ad esempio non contengono consapevolmente fluoro, sostanza che come abbiamo già detto è molto importante per la prevenzione della carie.

È necessario che un dentifricio per bambini contenga il fluoro?

Secondo le linee guida del Ministero della Salute i bambini dai 6 mesi ai 6 anni di età, la fluoroprofilassi può essere effettuata attraverso l’uso di un dentifricio contenente almeno 1000 ppm di fluoro, 2 volte al giorno, sotto stretta supervisione del genitore e in dose pea-size, ovvero un quantitativo paragonabile alla dimensione di un pisello.

Cos'è la fluorosi?

La fluorosi è una patologia che riguarda lo smalto e si manifesta con macchie bianche sui denti o in casi più gravi con lesioni giallo-brunastre. E’ causata da un sovradosaggio di fluoro in tenera età, motivo per il quale i medici pediatri non prescrivono più su larga scala integratori di fluoro in gocce o compresse, quest’ultimi sono indicati solo se il piccolo paziente non riesce ad assumere fluoro con altre fonti.

Un bambino può utilizzare un dentifricio per adulti?

Il dentifricio per adulti contiene almeno 1450 ppm, pertanto non dovrebbe essere utilizzato prima dei 6 anni. Dopo i 6 anni la fluoroprofilassi viene effettuata attraverso l’uso di un dentifricio contenente almeno 1000 ppm di fluoro, 2 volte al giorno.

Qual è la quantità giusta di dentifricio da mettere sullo spazzolino?

E’ consigliabile un’accurata supervisione della quantità di dentifricio fluorato somministrato al bambino nei primi anni di vita da parte del genitore (pea-size) per ridurre al minimo il rischio di fluorosi

Quanto tempo bisogna aspettare prima di lavare i denti dopo aver mangiato?

E’ consigliabile aspettare almeno 30 minuti poiché in questo periodo la saliva è in grado di neutralizzare gli acidi prodotti dai batteri e ripristinare un pH ideale.

Cosa si sente di suggerire ad un genitore al cui figlio non piace il dentifricio?

I controlli periodici, l’educazione alimentare e l’applicazione di gel e vernici fluorate eseguite dal professionista sono sicuramente utili per ridurre il rischio di sviluppare nuove lesioni cariose. Se il bambino ha più di 6 anni si può introdurre l’uso del collutorio che in genere contiene una quantità di fluoro che può variare da 100 ppm a 230 ppm.

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Dott.ssa Camilla Donghi

Dott.ssa Camilla Donghi

Laurea con Lode in Igiene Dentale presso l’Università degli Studi di Milano nel 2010, e Laurea con Lode in Scienze Tecniche Assistenziali presso l’Università degli Studi di Milano nel 2012. Dal 2013 è tutor al Corso per gli Igienisti Dentali dal titolo “Il ruolo dell’igienista nel trattamento del paziente parodontale”. Relatrice a corsi e congressi a livello nazionale, svolge la libera professione come Igienista Dentale.

Spazzolino manuale o spazzolino elettrico?

Quando iniziare a spazzolare i denti?

La detersione del cavo orale dovrebbe essere fatta quando ancora non sono spuntati i primi dentini, con una garza inumidita con soluzione fisiologica per rimuovere i residui di latte. Lo spazzolamento vero e proprio invece inizia con l’eruzione del primo dente in arcata, sarà il genitore quindi ad utilizzare uno spazzolino specifico, con ridotte dimensioni.

Come si utilizza uno spazzolino manuale?

Con uno spazzolino a setole morbide è necessario lavare i denti senza fretta, tutti i giorni dopo ogni pasto con un movimento lento ed accurato che va dal rosa della gengiva verso il bianco del dente. Iniziare a spazzolare le superfici interne dell’arcata superiore, cominciando dall’ultimo dente del lato destro fino a raggiungere il lato opposto. Si passa poi alla parte esterna e alla superfici masticanti. Infine dedicare lo stesso procedimento per l’arcata inferiore senza dimenticarsi della lingua.

Come funziona uno spazzolino elettrico?

Lo spazzolino elettrico è uno strumento che sfrutta una tecnologia 3D, ovvero con movimenti oscillanti-rotanti è in grado di rimuovere efficacemente la placca batterica. Alcuni modelli sono dotati di un dispositivo visivo per controllare la pressione che si imprime sulla testina, questo permette di evitare danni ai denti e alle gengive. Lo spazzolino elettrico inoltre presenta un timer che consente di tenere conto del tempo impiegato nello spazzolamento di ciascun quadrante della bocca.

Che caratteristiche deve avere uno spazzolino manuale per bambini?

Lo spazzolino manuale per bambini presenta una testina piccola adatta alle dimensioni ridotte del cavo orale con setole molto soffici per essere non traumatico. Il manico ha un design studiato appositamente per la presa del bambino.

Che vantaggi/svantaggi presenta?

Ha un costo ridotto ed è semplice da utilizzare anche se il bambino deve fare molta pratica per sviluppare una tecnica corretta.

Che caratteristiche deve avere uno spazzolino elettrico per bambini?

Lo spazzolino elettrico per bambini ha dimensioni e peso molto inferiori rispetto a quello per adulti per favorirne l’utilizzo. La testina è piccola e soffice e i suoi movimenti sono meno potenti ed intensi. I modelli per bambini hanno un design accattivante con personaggi di film di animazione e serie che piacciono ai più piccoli, in modo che i bimbi si sentano più coinvolti nella fase di pulizia quotidiana, mentre musiche e suoni vengono utilizzati ad esempio per far apprendere quando bisogna cambiare arcata dentaria e passare alla successiva.

Che vantaggi/svantaggi presenta?

Ha un costo superiore rispetto al manuale ma è più semplice applicare la tecnica corretta con risultati molto soddisfacenti.

È più efficace lo spazzolino manuale o quello elettrico?

Da una recente revisione della letteratura condotta dalla Cochrane Collaboration è risultato che lo spazzolino elettrico con movimento di oscillazione-rotazione è più efficace nel controllo di placca e dell'infiammazione gengivale rispetto allo spazzolino manuale. Per questa ragione gli spazzolini elettrici, ricaricabili e con movimento oscillante-rotante sono da preferire agli spazzolini sonici o a batterie.

Qual è l'età più adatta per iniziare ad usare uno spazzolino elettrico?

Lo spazzolino elettrico può essere utilizzato già all’età di 3 anni, sotto la supervisione del genitore.

Quanto deve durare il lavaggio dei denti per essere efficace?

Per essere efficace lo spazzolamento deve durare almeno 2 minuti. E’ importante quindi rispettare il timer sonoro dello spazzolino elettrico o trovare un indicatore temporale nel caso in cui venga utilizzato lo spazzolino manuale.

E' vero che le cicche senza zucchero possono sostituire l'azione dello spazzolino?

I chewing-gum senza zucchero non sostituiscono l’azione dello spazzolino ma nel caso in cui non è possibile lavare i denti possono essere utili in quanto aumentano l’autodetersione del cavo orale e il flusso salivare, incrementando il pH della saliva e della placca. Inoltre le cicche senza zucchero che contengono xilitolo sono considerate “cibo funzionale” ovvero un alimento che grazie ad alcuni principi attivi in esso contenuti, rappresentano proprietà benefiche per la salute. Lo xilitolo infatti svolge un’importante azione cario-preventiva.

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Dott.ssa Camilla Donghi

Dott.ssa Camilla Donghi

Laurea con Lode in Igiene Dentale presso l’Università degli Studi di Milano nel 2010, e Laurea con Lode in Scienze Tecniche Assistenziali presso l’Università degli Studi di Milano nel 2012. Dal 2013 è tutor al Corso per gli Igienisti Dentali dal titolo “Il ruolo dell’igienista nel trattamento del paziente parodontale”. Relatrice a corsi e congressi a livello nazionale, svolge la libera professione come Igienista Dentale.

Herpes nei bambini: diagnosi e trattamento

Cosa è l'herpes e come si manifesta?

L’infezione da herpes virus è una malattia molto comune che nella sua forma più frequente si manifesta come “febbre al labbro”. È causata dal virus dell’herpes di tipo 1 (Human Herpes Virus 1), che una volta penetrato nell’organismo, vi rimane a tempo indeterminato, riattivandosi con una frequenza variabile e provocando vescicole e ulcere alle labbra e, meno comunemente, all’interno della bocca.

Qual è la percentuale dei bambini colpiti?

Bisogna distinguere tra infezione del virus e manifestazione di malattia. La prima è estremamente frequente sia nei bambini (quasi la metà ne sono interessati) che negli adulti (oltre i due terzi). La presenza di lesioni labiali od orali è invece molto molto meno comune. I dati in questo caso sono molto più difficili da ottenere, ma se diciamo che ne sono affetti in maniera ricorrente due o tre bambini ogni dieci non sbagliamo di molto.

Quali sono i primi segni con cui l'herpes si manifesta e a cui un genitore dovrebbe prestare attenzione?

In un numero di casi piuttosto ridotto, il primo incontro con il virus determina un quadro acuto molto importante detto “gengivo-stomatite erpetica” che è caratterizzato dalla rapida comparsa di lesioni dolorose, diffuse alle labbra, alle gengive e a tutta la bocca, accompagnate da malessere, febbre, linfonodi del collo ingrossati. In questo caso è importante che il bambino sia visitato da uno specialista, che confermi la diagnosi e che, eventualmente prescriva una terapia specifica. Eventualmente, perché la malattia si risolve spontaneamente nel giro di una settimana, durante la quale però è importante che il bambino si alimenti e soprattutto non si disidrati, una evenienza non rara in questi casi.

Quali sono le terapie specifiche per questo quadro?

In alcuni casi può essere utile, in particolare nelle fasi iniziali, prescrivere antivirali da somministrare per bocca, come l’aciclovir o farmaci analoghi, che devono essere prescritti dal medico e assunti seguendo la posologia.

Esistono diversi tipi di herpes?

Certamente, questo è un gruppo che comprende 8 virus responsabili di malattie molto diverse, come la varicella, la mononucleosi e la sesta malattia.

Può colpire solo la bocca o anche altre parti del corpo?

L’Human Herpes Virus 1 solitamente interessa la bocca, mentre il Human Herpes Virus 2 i genitali, ma può succedere anche l’inverso.

Se mamma o papà soffrono di herpes anche il loro bambino ne soffrirà?

E’ vero, il virus può essere trasmesso attraverso la saliva o per contatto diretto con le lesioni dai genitori o dai fratellini.

È vero che una volta che l'herpes si manifesta significa che il bambino potrà soffrirne anche in futuro?

Come abbiamo detto, questa è proprio la caratteristica peculiare di questi virus, che una volta entrati nell’ospite rimangono a tempo indeterminato, per lo più in forma latente, senza cioè manifestazioni cliniche. In occasione però di stati di affaticamento, esposizione ai raggi solari e più in generale di diminuzione delle difese immunitarie, il virus si riattiva e provoca lesioni alle labbra o alle mucose, di gravità variabile.

Cosa fare per evitare che si manifesti un secondo episodio?

Evitare, se possibile, le situazioni che mettono a rischio di recidive.

Ci si può contagiare da soli in altri distretti del corpo per esempio toccandosi le labbra poi il naso o gli occhi?

Certamente: quando la malattia è attiva, è possibile trasmettere il virus ad altri individui o ad altre sedi, anche se questa ultima evenienza fortunatamente non è molto frequente in un bambino altrimenti sano.

Quanto tempo dura una lesione?

Le lesioni, sia nella malattia primaria che nelle recidive, guariscono spontaneamente nel giro di 7-15 giorni.

Come guarire dall'herpes?

La guarigione intesa come eliminazione del virus dall’organismo non è possibile, mentre le lesioni ricorrenti al labbro o alla bocca, si risolvono spontaneamente o con il ricorso a trattamenti antivirali.

I rimedi della nonna funzionano? Sul web si leggono diversi suggerimenti: applicare dentifricio sulle vescicole, applicare malva, pappa reale, propoli...

Le lesioni guariscono spontaneamente, quindi qualsiasi intervento sembra funzionare dopo qualche giorno.
Esistono però interventi che aiutano ad alleviare il fastidio o il dolore delle lesioni.

Probiotici e prebiotici possono aiutare?

Studi molto preliminari sembrano indicare potenziali benefici dei probiotici nel ridurre le ricorrenze e la durata delle lesioni, ma è ancora presto per poter considerare efficaci questi trattamenti.

Cosa dare da mangiare ad un bambino con l'herpes?

Qualsiasi alimento che il bambino riesce a mangiare va bene, ma la cosa più importante è mantenerlo idratato. Nelle forme primarie, spesso la dieta deve essere semiliquida e fredda a causa del dolore provocato dalle ulcere.

Non bisogna confondere l'herpes con...

Esistono malattie della bocca che hanno aspetti molto simili a quelle delle lesioni erpetiche. Per esempio la forma primaria può essere confusa con una malattia piuttosto rara detta eritema multiforme, con cui condivide più di una caratteristica.

L'herpes può essere segno di qualcosa di più importante?

Può essere segno di stati più o meno profondi di immunodepressione.

Quando un genitore deve portare il suo bambino in visita da un patologo orale pediatrico?

In presenza di un quadro di ulcere diffuse alle mucose orali è indicata la visita di uno specialista, affinché si possa arrivare ad una diagnosi precisa nel tempo più breve possibile.

Come viene effettuata una visita di patologia orale nel bambino affetto da herpes?

L’esperto di patologia orale è interessato soprattutto a visitare con attenzione tutte le mucose della bocca, cosa che normalmente fa solo con un paio di guanti e la luce della poltrona, senza ricorrere agli strumenti del dentista che talvolta possono spaventare i piccoli pazienti (non quelli di dentalbaby). In alcuni casi particolari possono essere utili particolari esami del sangue.

Qualche consiglio per i genitori?

In generale, quando si parla di salute, la cosa più importante è fare una diagnosi, ovvero scoprire quale malattia è la causa dei problemi. Solo dopo una corretta diagnosi è possibile consigliare la cura giusta.

Autore

Prof Giovanni Lorenzo Lodi

PROF. GIOVANNI LORENZO LODI

Professore associato con funzioni assistenziali presso il Dipartimento di Scienze Biomediche Chirurgiche e Odontoiatriche dell'Università degli Studi di Milano, co-editor in chief di Oral Desease e direttore scientifico della rivista Dental Cadmos, Honoray lecturer presso l’Eastman Dental Insititute, UCL London, Membro dello Steering Committee del World Workshop in Oral Medicine, Editor del Cochrane Oral Health Group, Fondatore di D.O.T..

Gli allineatori invisibili

Cosa sono gli allineatori?

La tecnica di trattamento ortodontico tramite allineatori consiste in una serie di mascherine in resina trasparente ad uso medico che vengono realizzate su misura su indicazione dell'Ortodontista in seguito alla visita specialistica, alle radiografie, ad un set di fotografie dell’interno della bocca e del viso del paziente, alle impronte dei denti (o alle scansioni intraorali).
Le impronte vengono scansionate in tomografia computerizzata e viene realizzato un modello tridimensionale (3D) virtuale delle mascelle, operazione che può essere semplificata se l’Ortodontista invia un file contenente le scansioni intraorali del paziente.
La correzione ortodontica viene simulata grazie ad un’interfaccia tridimensionale. Dentista e paziente possono esaminare insieme l'animazione e, se necessario, l'Ortodontista può ancora richiedere modifiche alla pianificazione del trattamento.
Quando il piano di trattamento viene accettato è possibile richiedere la produzione degli allineatori (mascherine).
I movimenti dei denti necessari per la correzione sono suddivisi in un numero diverso di passaggi intermedi, a seconda del caso. Per ogni fase intermedia, viene prodotta una coppia di allineatori numerata che viene consegnata al paziente. Il paziente indossa l'allineatore per 7-15 giorni, secondo le indicazioni dell’Ortodontista, e poi lo sostituisce con il successivo.

Con quale materiale sono fatti?

Le mascherine sono realizzate con un polimero trasparente, già largamente utilizzato in odontoiatria, che risulta avere il giusto compromesso tra resistenza, elasticità e durata e che viene prodotto in spessori variabili ma che, generalmente, risulta essere di 0,3 mm.

Possono provocare allergie?

Essendo un trattamento costituito da una serie di mascherine in polimero trasparente e senza ricorrere a brackets e archi metallici, la terapia risulta essere priva di effetti collaterali nei pazienti allergici ai metalli.

Da cosa differiscono rispetto ai normali apparecchi fissi con le stelline?

Gli allineatori trasparenti, rispetto ai tradizionali brackets metallici, sono praticamente invisibili e risultano più confortevoli da indossare.
Per mangiare e lavarsi i denti vengono rimossi, di conseguenza, non ci sono limitazioni nel consumare particolari cibi (es. cibi duri o croccanti) e l'igiene orale è molto più semplice ed efficace del normale”apparecchio”.

In quali casi possono essere utilizzati?

Oggi è possibile trattare una vasta serie di problematiche ortodontiche nel paziente adolescente con gli allineatori.
La cosa migliore per capire se un giovane paziente presenta le caratteristiche per essere trattato con questa tecnica ortodontica è chiedere il parere allo specialista in ortodonzia.

Da che età possono essere utilizzati?

L’età in cui gli allineatori possono essere utilizzati per correggere un problema ortodontico varia in funzione della gravità della malocclusione che si deve risolvere.
Oggi è possibile utilizzare allineatori anche in pazienti in dentizione mista, quindi potenzialmente a partire dai 10-11 anni, anche se, ovviamente, l’esperienza dello specialista permetterà di valutare adeguatamente le possibilità di trattamento nel singolo caso.
In linea di massima, un giovane paziente che deve essere curato con questo tipo di metodica, deve essere in grado di fornire il rispetto di due parametri fondamentali affinché il trattamento ortodontico possa avere successo: la compliance, intesa come la dedizione del paziente nell’ascoltare le indicazioni fornite dall’ortodontista, e un’ottima igiene orale, estremamente importante in quanto la permanenza sui denti di cibo e batteri, aumenta il rischio di carie e malattia parodontale che potrebbero causare il fallimento dell’intero trattamento ortodontico.

Come si usano?

Ogni fase intermedia del trattamento con gli allineatori corrisponde ad una coppia numerata di mascherine (superiore ed inferiore) che viene consegnata al paziente.
Il paziente indossa gli allineatori per 7-15 giorni (secondo le indicazioni dello specialista) e poi li sostituisce con i successivi.
Gli allineatori si rimuovono solo durante i pasti e le manovre di igiene orale domiciliare e devono essere indossati per 22 ore al giorno.

Quali sono i loro vantaggi rispetto alle altre tecniche di allineamento dentale?

Le mascherine sono particolarmente confortevoli dato il loro spessore ridotto e l’assenza di componenti metalliche.
Sono praticamente invisibili durante un normale colloquio grazie alla trasparenza della resina con la quale sono costituite.
Inoltre, il paziente non riferisce problemi nella fonazione poiché gli allineatori hanno uno spessore minimo e in quanto ricoprono esclusivamente le superfici dei denti, senza interferire con labbra e lingua.

E gli svantaggi?

Gli svantaggi del trattamento con gli allineatori sono che non è possibile trattare con predicibilità tutte le problematiche occlusali che possono presentarsi all’attenzione dell’Ortodontista e che per ottenere un risultato sovrapponibile a quello richiesto in fase di programmazione è assolutamente fondamentale che gli allineatori vengano indossati scrupolosamente secondo le indicazioni dello specialista.

Funzionano meglio o peggio dei classici apparecchi fissi con le stelline?

Ci sono due condizioni che permettono di affermare che con gli allineatori trasparenti è possibile trattare ortodonticamente un paziente con un buon grado di predicibilità, quindi ottenere un risultato sovrapponibile a quello di un “classico” apparecchio metallico fisso. La prima è che la problematica del paziente venga opportunamente valutata dallo specialista in ortodonzia e, quindi, che la malocclusione rientri tra quelle effettivamente gestibili con questa tecnica. La seconda è che il paziente segua con scrupolo e disciplina le indicazioni di utilizzo degli allineatori.

Quanto dura un trattamento con gli allineatori invisibili?

Il trattamento ortodontico con gli allineatori ha una durata sovrapponibile a quella degli altri trattamenti ortodontici, di conseguenza può variare da pochi mesi fino a 2-3 anni in funzione dell’entità degli spostamenti programmati.

Quante ore al giorno bisogna portarli?

La richiesta di collaborazione con gli allineatori prevede un tempo di utilizzo quotidiano di 22 ore, in pratica vanno utilizzati sempre, durante il giorno e la notte, tranne durante i pasti e la pulizia dei denti.

Quando bisogna toglierli?

Gli allineatori vanno indossati tutto il giorno tranne durante i pasti e durante le successive normali manovre di igiene orale.

Come si puliscono?

Si consiglia di spazzolare gli allineatori trasparenti con uno spazzolino morbido e del dentifricio, avendo l’accortezza di rimuovere le particelle di cibo su entrambi i lati delle mascherine.

Possono rovinarsi?

Le mascherine, molto raramente, potrebbero andare incontro a rotture accidentali o usura precoce. In queste situazioni una visita permette allo specialista curante di valutare se sia sufficiente passare all’allineatore successivo o richiedere un duplicato dell'allineatore rovinato o rotto.

In quali casi consiglierebbe ad un genitore gli allineatori trasparenti rispetto all'apparecchio fisso tradizionale per il proprio figlio?

Se consideriamo i benefici a lungo termine di un trattamento ortodontico in età adolescenziale, diventa importante suggerire, come alternativa di trattamento all’apparecchio fisso, anche gli allineatori trasparenti, in quei pazienti che richiedono un’alternativa discreta ed efficace agli apparecchi tradizionali.
In questo modo possiamo concedere la possibilità di avere denti dritti e una buona masticazione anche a quei ragazzi che, forse, avrebbero rinunciato al trattamento ortodontico, Ovviamente, le condizioni indispensabili perchè questo avvenga è che ci sia collaborazione nel seguire le indicazioni all’uso delle mascherine e nel mantenimento dell’igiene orale, oltre che un’attenta diagnosi iniziale, motivo per cui il mio invito è di rivolgersi ad uno specialista in ortodonzia.

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Dott. Michele Calabrò

Dott. Michele Calabrò

Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria conseguita presso l'Università degli Studi di Genova nel 2004, si è perfezionato in Odontologia e Odontoiatria Forense nel 2005. Ha conseguito un Master in Ortodonzia Linguale, un Master Internazionale di II Livello in Ortodonzia Linguale e una Specializzazione in Ortognatodonzia e Gnatologia. Nel 2015 ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Morfometria Analitica e Modelli di Medicina Biomolecolare.

Text neck, la sindrome del XXI secolo

Nel 2018 essere connessi è una condizione indispensabile: notizie, notifiche, social network, messaggi, e-mail e telefonate scandiscono le nostre giornate ad un ritmo incessante.
In strada, in treno, in autobus, mentre passeggiamo, al tavolo di un bar il cellulare è un elemento sempre presente e il suo utilizzo spesso va a discapito della postura.

Cosa può accadere abusando di essi?

Lo stress ripetuto generato dalla flessione della zona cervicale con conseguente anteposizione della testa causato dall’uso continui degli strumenti di connessione determina il presentarsi di una sindrome molto sviluppata negli ultimi anni che si definisce “text neck”. Tale problematica è molto frequente nella popolazione adulta. Quando la flessione del capo aumenta incrementa il carico sulla struttura generando un cambiamento nella curvatura cervicale e un’alterazione della salute dei segmenti ossei, delle strutture legamentose, dei muscoli e dei tendini.

Cosa accade quando consentiamo ai bambini di utilizzare i dispositivi elettronici?

Nei bambini e adolescenti del nuovo millennio si rileva un aumento considerevole del dolore registrato nella zona cervicale. Ad ogni prima esperienza, il rischio di ricadute diventa frequente. Tale condizione è causata dall’uso/abuso dei cellulari e dei tablet.
Essa può generare delle alterazioni nella giovane colonna vertebrale dei ragazzi creando delle deformazioni nella postura e in conseguenza a ciò si possono presentare delle complicanze come: alterazioni nella respirazione e alterazioni cardiovascolari per via di restrizioni della zona sotto clavicolare, estremamente importante per la nostra salute.
Meno frequenti ma di notevole interesse sono le conseguenze a carico del sistema visivo, sottoposto ad affaticamento per via della concentrazione posta su un soggetto molto piccolo per lungo tempo che possono generare problemi di miopia e secchezza oculare.

Come prevenire questo problema?

Limitare l’uso, in particolare modo ai bambini e ai ragazzi limiterebbe l’insorgenza di una serie di problematiche che potrebbe ridurre la loro qualità di vita.
Evitare di eseguire attività prolungate nel tempo come ad esempio leggere, vedere film e scrivere messaggi in modo continuo può evitare una serie di sintomi e ridurre algia che a lungo termine potrebbero cronicizzare.
Anche il trattamento manipolativo osteopatico può essere utile per ritrovare la mobilità e ridurre la tensione a livello muscolare, ma il primo obiettivo per tutti deve essere la prevenzione.

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Dott.ssa Alessia Alati

Dott.ssa Alessia Alati

Laurea in Fisioterapia presso l'Università Politecnica delle Marche nel 2006, si è perfezionata in Osteopatia presso la SOMA di Milano nel 2015. Dopo la laurea ha lavorato presso strutture private e centri ambulatoriali in libera professione, dove ha effettuato prestazioni con pazienti ortopedici, neurologici, post traumatici e posturali.

Eruzione dei denti da latte e febbre: associazione reale?

Molto spesso le mamme ci raccontano che quando ai loro bambini spuntano i denti da latte, compare la febbre.
Ma questa associazione è solo una diffusa convinzione popolare o trova reali riscontri scientifici? Ne parliamo con la Dott.ssa Lara Figini, odontoiatra, che ci riporta i risultati di una recentissima revisione sistematica della letteratura pubblicata dall’International Journal of Clinical Pediatric Dentistry e che cerca di spiegare la reale associazione tra eruzione dei denti da latte e la comparsa di febbre.

Cosa si intende per eruzione dei denti da latte?

L'eruzione dentale è un processo fisiologico naturale che inizia col primo dente da latte tra i 4 e i 10 mesi e si completa normalmente intorno ai 3 anni di vita del bambino.

Quali sono i sintomi che possono comparire quando spuntano i denti da latte?

Il processo di eruzione dei denti da latte è spesso associato ad alcuni sintomi che includono irritabilità, infiammazione gengivale, aumento della salivazione, sonno agitato, diarrea, perdita di appetito e febbre.
Tra questi sintomi quello maggiormente riportato dai genitori e dai pediatri è la febbre.
Per febbre si definisce la temperatura corporea sopra i 37° C.

Quali sono i metodi di rilevazione della temperatura maggiormente utilizzati nei bambini?

Esistono svariati metodi di misurazione: ascellare, rettale, orale, frontale, timpanica, per contatto dermico.

Che differenza c’è tra le varie rilevazioni?

La misurazione ascellare risulta meno invasiva rispetto alle altre tecniche ma non riflette la temperatura interna ed è in gran parte influenzata dalla temperatura ambientale e dalla vasoattività.
La misurazione rettale invece risulta essere probabilmente la più affidabile nei neonati ma anche la più invasiva, e bisogna considerare che la temperatura a livello anale è più alta di 0,5° C rispetto alla temperatura orale e di 1° C rispetto a quella ascellare.

Esiste una reale associazione tra l’eruzione dei denti da latte e la febbre?

Su 83 lavori scientifici selezionati, alcuni studi riportano la reale esistenza di questa associazione, mentre altri no. Questa discordanza di dati dipende da diversi fattori: misurare in modo corretto la febbre ai neonati non è così semplice (lontano dai pasti, dal sonno, dal pianto etc..), i siti corporei dei bambini selezionati in cui è stata misurata la temperatura sono stati diversi, così come i termometri utilizzati (termometri in vetro a mercurio, termometri elettronici con display digitale, a infrarossi, termometri timpanici, termometri per contatto, usa e getta, termometri chimici etc), per cui è anche difficile poter paragonare i dati ottenuti tra i vari studi senza dover considerare questi fattori come “potenziali interferenze”.

Concludendo?

Si può concludere che in letteratura allo stato attuale ci sono pochi studi congrui e affidabili riguardanti l'associazione tra eruzione dei denti da latte e febbre, e quei pochi rintracciati sono caratterizzati da elevata eterogeneità tra loro. Tuttavia questa recente revisione ha evidenziato una pur vera associazione tra febbre e eruzione dei denti da latte solo qualora fosse stata misurata la temperatura corporea a livello rettale.
Sono necessari ulteriori studi per fare luce su questa relazione utilizzando parametri di rilevazione della temperatura e strumenti a disposizione omogenei tra loro.

Cosa si sente di consigliare ad un genitore al cui bambino stanno spuntando i dentini e rileva un aumento della temperatura?

Consiglierei di non sottovalutare la presenza di febbre durante l’eruzione dei denti da latte, assicurandosi che non sia dovuta ad altre infezioni in corso. Consiglierei sicuramente un accertamento dal pediatra che escluda infezioni in altri distretti corporei e una visita dal dentista pediatrico così che possa istruire il genitore sulle più corrette tecniche di pulizia dei dentini in eruzione.

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Dott.ssa Lara Figini

Dott.ssa Lara Figini

Laurea con Lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Milano, svolge la libera professione odontoiatrica in qualità di direttore sanitario e odontoiatra. E’ autrice di numerose pubblicazioni scientifiche per importanti riviste odontoiatriche italiane e internazionali, quali Dentalcadmos e la rivista online Odontoiatria33.

Cos'è l'osteopatia?

Cos’è l’osteopatia?

L'osteopatia è una medicina manuale inserita dall’ OMS tra le Medicine Complementari ed Alternative (CAM). Essa si affida al contatto manuale per effettuare diagnosi e trattamento.
L’obiettivo del trattamento manipolativo osteopatico è di raggiungere una condizione di equilibrio della struttura migliorando le funzioni fisiologiche.
Gli operatori di osteopatia utilizzano un'ampia varietà di tecniche terapeutiche manuali per sostenere il corpo che può essere disturbato dalla presenza di alterazioni del sistema muscolo scheletrico e dei relativi elementi vascolari, linfatici e neurali.
Essa si avvale di modelli di riferimento che delineano come secondo le leggi biologiche tensioni, limitazioni, alterazioni del movimento, inattività motoria, infezioni, infiammazioni, malnutrizione possono incidere sulla vitalità dell’organismo, sul dispendio energetico e sulla funzione organica.
La valutazione osteopatica evidenzia le disfunzioni somatiche, cioè quelle limitazioni di movimento fisiologico che subiscono i distretti corporei e che possono generare manifestazioni cliniche del sistema muscolo-scheletrico o degli altri apparati.
Il trattamento si pone come obiettivo quello di normalizzare le condizioni tessutali.

E l’Osteopatia Pediatrica?

L’Osteopatia Pediatrica si avvale degli stessi principi che definiscono il trattamento osteopatico sull’adulto, integrando e ampliando le patologie del bambino.
Tale approccio pone attenzione sullo stato di salute del piccolo, la storia traumatica, i fattori emotivi legati al contesto in cui vive, le eventuali patologie presenti e il suo stato di evoluzione.
Il trattamento deve tenere conto del fattore tempo secondo regole di sviluppo in continuo cambiamento. L’approccio è ad una struttura diversa rispetto a quella dell’adulto, che sta mutando non solo nelle sue proporzioni.
Comprendere le limitazioni posturali e muscolo-scheletriche del neonato, infante, bambino è finalizzato a migliorare il suo schema motorio, di funzionamento e promuovere il suo stato di salute.
Il trattamento manipolativo osteopatico è un approccio non invasivo, non doloroso che utilizza tecniche dolci.

Quali sono i problemi che l’osteopatia può migliorare in un neonato, un bambino e un adolescente?

I principali motivi di consulto osteopatico in un neonato sono:

  • Parti con complicazioni: presentazione podalica, parto gemellare, lungo periodo espulsivo, uso di ventosa, forcipe, manovra di Kristeller, parto cesareo;
  • Alterazioni muscolo-scheletriche: asimmetrie del volto e della testa, asimmetrie nel movimento, torcicollo, plagiocefalia, piede torto;
  • Alterazioni legate al pasto: difficoltà di suzione, rigurgiti, coliche;
  • Alterazioni del ritmo sonno-veglia.

I principali motivi di consulto osteopatico in un bambino sono:

  • Alterazioni della bocca: alterazioni nella dentizione da latte o permanente, nella deglutizione, nei casi di apnee notturne, respirazione orale, problematiche legate alla fonazione;
  • Alterazioni muscolo-scheletriche: ritardo nell’acquisizione delle tappe motorie, piedi piatti, scoliosi infantile;
  • Patologie respiratorie: bronchioliti, asma, raffreddo, laringiti, riniti;
  • Patologie otorino-laringoiatriche: sinusiti, otiti;
  • Patologie legate al sistema gastroenterico: stipsi.

I principali motivi di consulto in adolescenza sono:

  • Patologie legate all’aspetto ormonale: amenorrea, dolore mestruale, permuta vocale;
  • Patologie post traumatiche legate allo sport o a incidenti stradali;
  • Alterazioni legate alla scolarizzazione: disturbo dell’attenzione, mal di testa, problematiche visive, scoliosi adolescenziale.

Quali sono i problemi che l’osteopatia può migliorare in un neonato, un bambino e un adolescente?

All’osteopata pediatrico si rivolgono tutti i bambini in momenti e in condizioni differenti. In presenza di malattia il Pediatra e l’osteopata insieme, attraverso il contributo delle proprie specifiche competenze, riescono finalmente a soddisfare le effettive esigenze del bambino o del paziente in generale. La loro interazione permette di raggiungere la massima completezza di cura in quanto l’organismo del paziente riceve i benefici del trattamento manuale e in associazione alla chimica. In assenza di malattia si possono riscontrare disturbi, tensioni, asimmetrie presenti fin dalla nascita, se tali alterazioni vengono identificate tempestivamente permettono una crescita fisiologica, funzionale ed equilibrata; l’osteopatia ha il potere di debellare tali disfunzioni riportando il sistema in salute.

A che età portare un bambino dall’osteopata pediatrico?

Non ci sono limiti di età per i quali i bambini possano essere portati da un osteopata pediatrico. Alle volte ci si può avvalere del trattamento osteopatico anche all’interno degli stessi ospedali a seguito della nascita o nelle terapie intensive neonatali.

Come l’osteopata può collaborare con il dentista pediatrico?

Il parto è il primo grande trauma che il bambino subisce nella sua vita, esso sviluppa delle forze di compressione sul cranio che nella maggior parte delle situazioni si annullano in autonomia attraverso il pianto, la suzione e la plasticità della sua struttura, ma in alcune occasioni lasciano un segno sul tessuto, non visibile, ma che genera delle tensioni. Queste alterazioni possono portare ad una asimmetria del cranio o del volto.
La forma ha una relazione molto forte con la funzione, quindi a monte dello scatenarsi di queste alterazioni si possono generare delle ulteriori complicazioni sulle relative funzioni: vista, suzione, masticazione etc..
La bocca del bambino, come tutte le sue strutture, è in continuo mutamento durante il suo sviluppo. Se si registrano delle anomalie nella mobilità linguale o nella tecnica masticatoria o di deglutizione, questo può generare spinte sull’ osso mascellare o mandibolare ancora in costruzione e in fase di consolidamento.
Normalizzare le asimmetrie generate da precedenti traumi o funzioni alterate aiuta a non disturbare l’accrescimento osseo e la crescita dentale fornendo cosi un aiuto importante al dentista pediatrico.
Evolvendo in termini il sistema oculare, buccale, uditivo e cervicale aumentano le loro funzioni e ad essi si generano dei legami sempre più stabili tra di loro (muscoli, legamenti, tessuto connettivale). Ognuno di essi può, se il sistema corpo non ha più capacità di compenso, generare indirettamente alterazioni sugli altri sistemi.
Liberare le varie strutture facilita il lavoro su una nello specifico. Ad esempio se vi è la necessità di mettere un apparecchio ortodontico e il bambino mostra delle riduzioni di mobilità della zona cervicale o tensioni muscolari, potrebbe essere opportuno liberare la colonna vertebrale al fine di ottenere un miglior risultato ortodontico in tempi ridotti.
L’osteopatia pediatrica può essere quindi un valido aiuto anche in ortodonzia.

Quali sono i principali problemi odontoiatrici di un bambino che l’osteopatia pediatrica può migliorare?

  • Differenza di suzione tra un seno e l’altro: problemi legati alla mobilità buccale, presa, lingua, mobilità cervicale;
  • Deglutizione disfunzionale;
  • Mobilità linguale alterata;
  • Asimmetrie facciali;
  • Respirazione difficile;
  • Respirazione orale;
  • Apnee notturne.

Come si svolgono le sedute e quante sedute sono necessarie?

La prima valutazione osteopatica si svolge in ambulatorio, l’osteopata raccoglie tutti i dati riguardanti la salute del bambino, la gravidanza, la dinamica del parto sia nel caso di neonati, sia di bambini che di adolescenti.
È fondamentale avere come riferimento il racconto dei genitori e comprendere se ci sono eventuali difficoltà nella gestione della vita quotidiana.
Nella stessa seduta l’osteopata eseguirà una valutazione funzionale del piccolo e il trattamento.
Alla fine del trattamento il terapeuta indicherà consigli alla famiglia.
In relazione alle problematiche viene indicato il numero necessario di sedute per la risoluzione del disturbo, che mediamente varia da 3 a 5; in seguito si possono concordare con i genitori delle sedute di follow up a distanza di 1/3/6mesi o all’acquisizione della successiva tappa motoria o evolutiva.

L’osteopata può essere d’aiuto anche nella donna in gravidanza?

Il corpo della donna durante la gravidanza diventa un prezioso scrigno ed esso va incontro a modifiche ormonali e strutturali per garantire lo spazio necessario e le sostanze nutritive al bambino.
L’osteopatia ha studiato delle tecniche non invasive per la donna in dolce attesa che l’aiuteranno: ad acquisire una migliore mobilità, come ad esempio nei passaggi di curva della colonna vertebrale o nel bacino; a favorire il ritorno linfatico e a rilasciare il diaframma favorendo respirazione e digestione. Tutto ciò sarà un supporto per migliorare la sintomatologia spesso presente di: fatica, nausea, dolore pelvico, stipsi, dolore cervicale, gonfiore alle gambe e alle braccia generando una piacevole sensazione di benessere.

Che consigli darebbe ad un genitore per far sì che si accorga il prima possibile di eventuali problemi da trattare?

Il consiglio che darei a tutti i genitori è quello di prestare particolare attenzione all’osservazione del bambino nelle attività di vita quotidiana.
È infatti prezioso vederli mangiare, giocare, dormire o osservarli nei movimenti spontanei.
Se si notano asimmetrie o difficoltà nel compiere qualche attività è importante monitorarlo.
Pur non sapendolo anche i genitori possono avere un ruolo importante nell’intercettare tempestivamente una particolare sintomatologia.

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Dott.ssa Alessia Alati

Dott.ssa Alessia Alati

Laurea in Fisioterapia presso l'Università Politecnica delle Marche nel 2006, si è perfezionata in Osteopatia presso la SOMA di Milano nel 2015. Dopo la laurea ha lavorato presso strutture private e centri ambulatoriali in libera professione, dove ha effettuato prestazioni con pazienti ortopedici, neurologici, post traumatici e posturali.

L'ortodonzia nei bambini

Che cos'è l’ortodonzia?

L’ortodonzia è la specialità medica che si occupa di prevenire e curare le anomalie nella posizione dei denti (malocclusioni), le malformazioni delle ossa mascellari ed i problemi di allineamento dentali.

Chi è l'ortodonzista e di cosa si occupa?

In Italia possono esercitare l’ortodonzia coloro che sono in possesso della laurea in medicina o di quella in odontoiatria  ma solo alcuni, dopo la Laurea hanno conseguito un diploma di formazione specialistico. Occorrono quindi diversi anni per diventare uno Specialista in Ortodonzia.

Che differenza c'è tra l'ortodonzia rivolta ad un bambino e quella rivolta ad un adulto?

L’obiettivo degli adulti che si sottopongono ad un trattamento di ortodonzia è quello di migliorare l’estetica del proprio sorriso e la funzionalità dell’apparato masticatorio.
Nel bambino, la terapia ortodontica è finalizzata a conseguire gli stessi obiettivi, ma anche a prevenire le problematiche di crescita del mascellare superiore e della mandibola.

A che età è meglio portare il bambino dall’ortodonzista?

Possiamo considerare i 5 anni l’età più appropriata per la prima visita ortodontica, considerando che, in questo periodo, alcune malocclusioni scheletrico-dentali potrebbero essere già da trattare.

Qual'è il momento migliore in cui iniziare un trattamento ortodontico nel bambino?

L’età di inizio trattamento è correlata alla gravità della malocclusione. Potrebbe essere necessario trattare precocemente, cioè indicativamente verso i 5 anni di età, le malocclusioni in cui è presente un problema scheletrico che può peggiorare con la crescita, ad esempio il morso incrociato con latero-deviazione funzionale della mandibola o le terze classi scheletrico-funzionali.

Quali sono i tipi di apparecchio che si utilizzano nei bambini?

Tra le varie tipologie dobbiamo considerare, innanzitutto, gli apparecchi fissi e mobili. I primi s’incollano ai denti, i secondi li applica e rimuove il paziente. Tra gli apparecchi rimovibili si trovano vari tipi di placche meccaniche e funzionali.

Quanto dura un trattamento ortodontico nel bambino?

La durata è variabile in funzione della gravità del problema da trattare. Un trattamento ortodontico può durare da pochi mesi a 24-30 mesi nell’adulto. Nel bambino, invece, potrebbe essere necessario alternare periodi di trattamento ad altri di attesa, ad esempio può essere necessario un trattamento in due fasi, in dentizione mista e poi appena erotti tutti i denti permanenti.

Portare l'apparecchio è doloroso?

Indossare un apparecchio ortodontico non è propriamente doloroso ma si può manifestare qualche fastidio nel giorno o nei giorni successivi alla sua applicazione o in risposta alla sua attivazione. Potrebbero presentarsi piccole irritazioni della mucosa che entra in contatto con l'apparecchio o una lieve dolenzia dei denti, in particolare, durante la masticazione. Di solito, però, nel giro di pochi giorni i fastidi si riducono fino a scomparire.

Ci sono cose che un bambino che porta l'apparecchio deve evitare di fare? (cibi, attività, sport…)

Durante una cura ortodontica è necessario tagliare a piccoli pezzi i cibi duri (mele, carote, etc.) ed evitare i pop-corn, le noci e le caramelle dure che possono danneggiare l’apparecchio. Inoltre è importante ridurre l’assunzione di cibi e bevande dolci che, favoriscono la formazione di placca batterica, e possono causare la carie e problemi parodontali.

Chi porta l'apparecchio è più predisposto ad avere le carie?

L’apparecchio ortodontico non causa l’insorgenza della carie. Soprattutto se, nel corso del trattamento, il paziente segue le istruzioni per l’igiene date dall’ortodontista, non c’è alcun pericolo né di carie né d’infiammazioni gengivali.

Se una malocclusione viene corretta da bambini, che benefici possono esserci da adulti?

I benefici di un trattamento ortodontico sono il miglioramento dell’estetica facciale, del sorriso, della funzionalità della masticazione oltre alla maggiore facilità con cui i denti ben allineati possono essere puliti, con grande vantaggio nella prevenzione di carie e problemi gengivali.

Una volta allineati i denti restano dritti per sempre?

Un trattamento ortodontico deve necessariamente essere seguito da un periodo di contenzione allo scopo di favorire la stabilità a lungo termine della correzione. La contenzione si effettua alla fine del trattamento ortodontico, per favorire la stabilizzazione della correzione. A volte, interrotta la contenzione, possono insorgere recidive del trattamento, che possono essere di lieve entità o essere tali da richiedere piccoli interventi di riallineamento.

Quando spunteranno i denti del giudizio i denti possono disallinearsi?

La recidiva della correzione ortodontica può avvenire anche in assenza dei denti del giudizio. Si è studiato, nel periodo successivo al trattamento ortodontico, pazienti con e senza denti del giudizio. Lo studio ha messo in evidenza recidive post trattamento anche in pazienti che non avevano i denti del giudizio. La loro rimozione non da la sicurezza che la recidiva non si presenterà.

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Dott. Michele Calabrò

Dott. Michele Calabrò

Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria conseguita presso l'Università degli Studi di Genova nel 2004, si è perfezionato in Odontologia e Odontoiatria Forense nel 2005. Ha conseguito un Master in Ortodonzia Linguale, un Master Internazionale di II Livello in Ortodonzia Linguale e una Specializzazione in Ortognatodonzia e Gnatologia. Nel 2015 ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Morfometria Analitica e Modelli di Medicina Biomolecolare.

Abitudini viziate nel bambino: suzione del dito e del ciuccio

Quali sono le abitudini viziate più frequenti nei bambini?

Nel bambino a volte è possibile riscontrare alcune tra le cosiddette abitudini viziate. Vengono chiamate in questo modo perché sono abitudini nocive e se non corrette possono provocare delle malocclusioni.
In questa categoria consideriamo problematiche come la deglutizione infantile (si verifica quando un bambino deglutisce con la lingua interposta tra i denti) e la respirazione orale (si verifica quando un bambino respira con la bocca aperta) anche se, le più frequenti, sono il succhiamento del dito o del ciuccio.

Con quale frequenza si verificano queste abitudini viziate?

Ricordiamo che la suzione è un’abitudine innata che viene acquisita in epoca prenatale (17° settimana) per permettere al bambino di succhiare il latte materno sin dalla nascita.
Nella letteratura scientifica i dati riportano che quasi il 90% dei neonati all’età di 2 mesi succhia il pollice; intorno all’anno di età si stima che i bambini che succhiano il pollice o il ciuccio siano circa il 50%. Questa percentuale scende al 46% quando parliamo di bambini tra gli 1 e i 4 anni, e l’età media in cui i bambini smettono autonomamente è 3.8 anni (tra i 2 e i 4 anni).
Dopo i 4 anni si assiste ad un crollo del fenomeno e ad 8 anni solo il 4,3% dei bambini mantiene l’abitudine della suzione in particolare quella del pollice.

A che età è consigliabile eliminare le abitudini viziate?

Sarebbe opportuno considerare di limitare il protrarsi di un’abitudine al succhiamento (del dito o del ciuccio) tra i due e i quattro anni. L’età in cui sarebbe opportuno che tale attività sia stata già interrotta è quella dei 4 anni.

Quali danni possono comportare se protratte oltre questa età?

Un’abitudine al succhiamento che si protrae oltre i 4 anni può portare l’insorgenza di una malocclusione (occlusione scorretta).
In particolare si potranno presentare problemi come: mancanza di contatto anteriore dei denti (morso aperto), vestibolarizzazione dei denti superiori (inclinazione verso l’esterno), contrazione del palato, creazione di un diastema (spazio) tra gli incisivi superiori e lingualizzazione (inclinazione verso l’interno) degli incisivi inferiori.

Se l'abitudine viziata viene eliminata entro questa età, si corregge da sola?

Se l’attività del succhiamento protratto viene interrotta prima dei 4 anni, i danni che si siano eventualmente determinati sono, generalmente, risolti spontaneamente.

Se l' abitudine viziata non viene eliminata entro questa età, significa che in futuro il bambino dovrà sicuramente portare l’apparecchio?

La comparsa di una malocclusione in relazione ad un’abitudine viziata dipende da diversi fattori: l’età di inizio, il tipo di abitudine, l’intensità della stessa, la preesistenza della malocclusione e soprattutto la durata dell’abitudine.
Se a causa dell’abitudine viziata si crea una problematica occlusale, il paziente ha la necessità di risolvere il suo problema con un trattamento ortodontico.

Sono più gravi i danni causati dalla suzione dal dito/dita o quelli causati dal ciuccio? C'è differenza?

Non c’è una vera e propria differenza a livelli di danni che si possono creare, nella mia esperienza i danni dovuti al dito sono leggermente peggiori e più complessi da risolvere.

Quali tecniche consiglia ai genitori di un bambino che succhia il dito o il ciuccio per interrompere questa abitudine?

Non esiste un protocollo valido per tutti: ogni bambino è un mondo a sé, e l’approccio per convincerlo ad abbandonare l’abitudine viziata può risultare più o meno complicata a seconda della valenza che il bambino dà alla suzione.
Il mio consiglio è quello di cercare di creare consapevolezza nel bambino dei danni che può provocarsi e di associare un “rinforzo positivo”, tipo un piccolo premio, quando riesce ad evitare di succhiare il dito.
Talvolta risulta essere sufficiente il solo rinforzo della visita dal dentista perché il bimbo si impegni ad eliminare la suzione del dito o del ciuccio. Solo in casi estremi si ricorre a dispositivi fissi quali l’utilizzo di griglie che impediscono al bambino di inserire il ciuccio o il dito in bocca.

Quando è bene portare il bambino dal dentista per capire se queste abitudini stanno causando dei danni alla bocca del bambino?

Consiglierei di portare il piccolo paziente dall’ortodontista, per una prima visita, intorno ai 5-6 anni.

Cosa si sente di consigliare ai genitori di un bambino che succhia il dito o il ciuccio?

Consiglierei di non sottovalutare il problema connesso a queste abitudini viziate, in quanto la risoluzione delle malocclusioni che si possono determinare non è semplice e può risultare frustrante per il paziente, ed i suoi genitori, affrontare un trattamento ortodontico che è possibile prevenire.

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Dott. Michele Calabrò

Dott. Michele Calabrò

Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria conseguita presso l'Università degli Studi di Genova nel 2004, si è perfezionato in Odontologia e Odontoiatria Forense nel 2005. Ha conseguito un Master in Ortodonzia Linguale, un Master Internazionale di II Livello in Ortodonzia Linguale e una Specializzazione in Ortognatodonzia e Gnatologia. Nel 2015 ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Morfometria Analitica e Modelli di Medicina Biomolecolare.

Bisfenoli e materiali dentali

Aumentano sempre più le richieste da parte di genitori preoccupati per la salute dei propri figli poiché molti materiali utilizzati in odontoiatria contengono bisfenoli, composti chimici ritenuti dannosi per la salute.

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Le afte nei bambini

Cosa sono le afte?

Le afte sono piccole ulcere della bocca, dall’aspetto molto tipico (piccoli ovali di colore chiaro circondati da un alone infiammato) che hanno la caratteristica di essere molto fastidiose, nonostante le piccole dimensioni e di guarire spontaneamente, salvo poi ripresentarsi a intervalli variabili: alcuni soggetti soffrono di questo problema un paio di volte all’anno, mentre altri più sfortunati ne sono interessati per la maggior parte del tempo.

Qual è la percentuale dei bambini colpiti?

La stomatite aftosa ricorrente, questo è il nome proprio, rappresenta la malattia più frequente tra quelle che colpiscono le mucose orali, sia tra gli adulti che tra i bambini. Gli studi che hanno misurato quanto frequente sia questo problema nei piccoli pazienti hanno restituito risultati variabili, con punte del 40%, ovvero quattro bambini su dieci.

Quali sono le cause?

Non sappiamo quali siano le cause ed è possibile che siano diversi i fattori che contribuiscono al problema.

Talvolta si pensa derivino da carenze alimentari (deficit di vitamina B12, acido folico, ferro, intolleranze alimentari...): è vero?

Per quanto riguarda i deficit di micronutrienti, la cosa è vera in teoria, ma in un bambino sano e con una dieta normale, altamente improbabile. Diverso il discorso per i piccoli pazienti affetti da malattie capaci di causare problemi di assorbimento, penso ad esempio la celiachia o altri disturbi cronici dell’intestino.

Spesso si dice che alcuni soggetti siano più predisposti: c'è una predisposizione genetica?

Sappiamo che un individuo i cui genitori soffrano di afte, ha una probabilità molto più alta di soffrirne a sua volta, rispetto a un altro con una storia familiare negativa.

Quanto durano?

Nella forma più comune le ulcere guariscono da sole in circa sette giorni. Esistono però forme dette major, fortunatamente piuttosto rare, con lesioni molto più grandi, che possono durare oltre un mese.

Si possono curare o solo alleviare i sintomi?

Non esistono cure per risolvere il problema in maniera definitiva, ma ci sono diversi trattamenti che possono alleviare i sintomi e abbreviare la durata delle ulcere.

Quali sono questi trattamenti?

Può aiutare trattare le ulcere con un antibatterico locale come i gel alla clorexdina, mentre per i casi più fastidiosi, è possibile impiegare dei cortisonici topici.

I rimedi naturali sono efficaci? (aloe, bustina di thè, liquirizia, propoli, tea tree oil, aglio, malva...)

Alcuni tra questi trattamenti locali possono dare sollievo, e quindi possono essere utilizzati. Proprio per la natura ricorrente della malattia, ogni paziente dopo un po’ trova il rimedio che lo aiuta a controllare il fastidio, e se funziona senza essere pericoloso per la salute, va benissimo.

E cosa pensa dei rimedi omeopatici?

Non c’è nulla di scientifico nella omeopatia. Per quello che mi riguarda è come se mi chiedessero cosa ne penso della magia per curare le malattie.

Si può fare prevenzione per non farle venire?

Attualmente non siamo in grado, non esiste un trattamento preventivo di provata efficacia.

Cosa dare da mangiare a un bambino con le afte?

Sicuramente vanno evitati cibi irritanti, in particolare quelli acidi. Ad esempio molta frutta può risultare fastidiosa.

Non bisogna confonderle con...

Nei bambini le afte possono essere confuse con le ulcere causate da infezione erpetica intraorale e qualche volta con piccole lesioni da automorsicamento.

Possono essere il segno di qualcosa di più importante?

Come abbiamo accennato, ci sono alcune malattie che possono presentarsi con delle afte. Sicuramente alcune patologie intestinali, ma anche disturbi dell’immunità o particolari forme infiammatorie.

Perché ad alcuni soggetti vengono più frequentemente?

Non lo sappiamo con precisione. Abbiamo visto che ci può essere una certa familiarità, per il resto non abbiamo certezze.

Quando portare un bambino affetto da afte dal dentista o dal patologo orale?

Direi quando le afte diventano un problema che ha un impatto sulla qualità di vita, perché troppo frequenti, o troppo grandi o troppo numerose.

Sul web si trovano tanti articoli a riguardo, per esempio ho letto che una causa possa essere una eccessiva esposizione a tensioattivi aggressivi (composti organici che sciolti in acqua favoriscono la solubilità dello sporco e si trovano nei detersivi e nei dentifrici) che, a lungo andare, possono favorire la comparsa delle afte orali: è vero?

Non esistono studi che abbiano dimostrato in maniera rigorosa questo legame.

Fattori emotivi come causa: ansia, stress fisico e mentale... anche per i bambini? E' vero?

Difficile rispondere. Più di uno studio condotto sui pazienti che soffrivano di afte, ha mostrato che le afte sono particolarmente frequenti in momenti di particolare affaticamento psico fisico, per esempio in studenti universitari nel periodo degli esami. Non so se questo possa bastare a creare una associazione causale, anche perché potrebbe essere che sono le afte a causare stress e non viceversa.

Autore

Prof Giovanni Lorenzo Lodi

PROF. GIOVANNI LORENZO LODI

Professore associato con funzioni assistenziali presso il Dipartimento di Scienze Biomediche Chirurgiche e Odontoiatriche dell'Università degli Studi di Milano, co-editor in chief di Oral Desease e direttore scientifico della rivista Dental Cadmos, Honoray lecturer presso l’Eastman Dental Insititute, UCL London, Membro dello Steering Committee del World Workshop in Oral Medicine, Editor del Cochrane Oral Health Group, Fondatore di D.O.T..

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L’A B C dell’Evidence Based Dentistry

Che cos’è l’Evidence Based Dentistry?

Ne sentiamo parlare sempre più spesso ma siamo sicuri di sapere esattamente di cosa si tratti?
Abbiamo chiesto al Prof. Giovanni Lodi, docente di EBD presso il Corso di Laurea di Odontoiatria e Protesi dentaria dell’Università degli Studi di Milano, di chiarirci le idee riguardo questa fondamentale disciplina.

Prof. Lodi, quindi l’EBD è così importante da diventare una materia del corso di laurea in odontoiatria?

Certamente: nella medicina e nell’odontoiatria contemporanea una pratica basata sulle prove scientifiche è, nella mia opinione e nell’opinione dei docenti di Milano, l’unico modo per esercitare l’odontoiatria.  Come lo dimostra l’introduzione di un corso di evidence based dentistry tra quelli obbligatori nel curriculum degli studenti di Odontoiatria di Milano.

Ho predisposto un breve glossario così da offrire ai colleghi odontoiatri uno strumento molto semplice, da usarsi come piccola guida, utile per orientarsi e comprendere meglio dei termini che sempre più spesso ricorrono non solo nella letteratura, ma anche nella pratica medico-odontoiatrica.

Evidence based medicine

Termine coniato nei primi anni novanta, indica una pratica clinica in cui tutti gli attori (pazienti, medici, paramedici, amministratori) compiono scelte riguardanti diagnosi, trattamento o prognosi, basandosi sulle informazioni rese disponibili dalla ricerca scientifica. Concetto solo apparentemente scontato, richiede al clinico competenze nuove, quali consultare una banca dati o verificare la validità di uno studio.

Evidence based dentistry

Pratica dell’odontoiatria basata sui principi dell’evidence based medicine. Il ruolo fondamentale che l’abilità dell’operatore e le combinazioni di materiali e strumenti hanno nel successo di molti trattamenti odontoiatrici, rende assolutamente peculiare la ricerca clinica in questo campo, così come la sua applicazione.

Evidenze

Termine utilizzato a causa di una cattiva traduzione dell’inglese evidence, che significa invece prova. La corretta traduzione di evidence based medicine dovrebbe essere quindi medicina basata sulle prove. Le tanto citate evidenze scientifiche non sono che le prove che la ricerca scientifica ha prodotto, per esempio, su di un particolare trattamento.

Disegno dello studio

Metodo con cui viene condotto uno studio. Ne esistono diversi, ognuno adatto a uno scopo preciso: uno studio che verifichi l’efficacia di un farmaco, per esempio, deve avere caratteristiche diverse da quello che deve testare l’utilità di un nuovo strumento diagnostico.

Trial clinico randomizzato

Se ne parla e se ne scrive (spesso a sproposito) come se fosse un totem o una parola magica. Più semplicemente è la maniera migliore per verificare l’efficacia di un trattamento, medico o chirurgico. In questo tipo di studio si selezionano pazienti con caratteristiche molto simili e li si divide in maniera casuale in due gruppi. I pazienti di un gruppo vengono sottoposti al trattamento che si vuole testare, mentre l’altro gruppo è sottoposto a un trattamento di efficacia nota o inattivo (placebo). Concluse le cure si confrontano i due gruppi, se esistono delle differenze è possibile che uno dei trattamenti sia “migliore” dell’altro. Esistono moltissime varianti di questo disegno di studio.

Randomizzazione

Procedura con cui i pazienti selezionati per un trial clinico randomizzato vengono assegnati a uno dei due o più gruppi (bracci dello studio). È fondamentale che ciò avvenga in maniera indipendente dalla volontà del ricercatore, ovvero secondo passaggi casuali e non prevedibili.

Validità

Se uno studio è valido significa che ci possiamo fidare dei suoi risultati, ovvero che quanto è successo ai nostri pazienti, succederebbe con tutti i pazienti con caratteristiche simili. La validità di uno studio dipende in massima pare dal suo disegno e può essere inificiata dai bias.

Bias

Errori sistematici di uno studio dovuti ai metodi utilizzati, per esempio, nella selezione dei partecipanti. Se presenti, i bias compromettono la validità dei risultati della ricerca. Non dipendono dalla dimensione del campione.

Outcome

Variabile presa in considerazione nel corso di uno studio per misurare gli effetti di un trattamento. Dovrebbe essere direttamente correlata agli effetti che si desidera ottenere. Se ad esempio si volesse valutare l’efficacia di un collutorio per la prevenzione della gengivite, l’outcome più indicato sarebbe la frequenza con cui tale malattia si sviluppa. Se il ricercatore invece sceglie di considerare un outcome indiretto (anche detto outcome surrogato), come quantità o qualità della placca, può accadere che i risultati clinici si discostino da quanto previsto o addirittura vadano nella direzione contraria. I casi presenti in letteratura sono numerosi, come quando, per valutare l’efficacia di un trattamento per l’osteoporosi, si utilizzò la densità ossea (outcome surrogato), per poi accorgersi che nonostante un miglioramento di questa variabile, aumentavano i casi di frattura (outcome diretto). Significatività statistica e clinica Se ci sono meno di cinque possibilità su cento che le differenze tra due gruppi messi a confronto in uno studio possano essere dovute al caso, allora si parla di differenza statisticamente significativa. Questo però non determina necessariamente la rilevanza clinica della differenza. Se un trattamento aggiuntivo fa migliorare le tasche parodontali di 0,65 mm rispetto alla terapia tradizionale, e la differenza è statisticamente significativa, possiamo anche dire che la differenza sia clinicamente significativa? probabilmente no.

Banca dati

Se è vero che i risultati della ricerca clinica vengono pubblicati sulle riviste peer review, è altrettanto vero che il clinico non può consultare direttamente le riviste: sono troppe e spesso di difficile reperibilità. La soluzione è rivolgersi a una banca dati che permette di consultare in pochi secondi i dati relativi a milioni di articoli, rendendo possibile (e relativamente semplice) l’individuazione di quel singolo articolo capace di aiutarci a prendere una decisione clinica evidence based.

Medline

Strumento indispensabile alla pratica evidence based. È la più completa banca dati a disposizione del clinico. Accessibile all’indirizzo web www.pubmed.org, è gratuita e di semplice consultazione. Attualmente comprende oltre sedici milioni di referenze bibliografiche, di cui mezzo milione riferite ad articoli di argomento odontoiatrico.

Critical appraisal

In Italiano valutazione critica. Purtroppo non tutti gli studi prodotti dalla ricerca clinica e pubblicati dalle riviste, comprese quelle che utilizzano il processo di peer review, sono di buona qualità. È quindi sconsigliabile un’accettazione passiva di ciò che viene scritto, anche dalla più prestigiosa delle riviste. Solo attraverso una verifica attenta dei metodi usati dai ricercatori e dei risultati presentati, ovvero il critical appraisal, è possibile stabilire la validità delle conclusioni dello studio e la loro applicabilità ai bisogni dei nostri pazienti reali. Nonostante siano richieste conoscenze di base della metodologia della ricerca clinica, questo approccio alla letteratura scientifica è alla portata di qualsiasi clinico.

Revisione sistematica

Sintesi della letteratura pubblicata su di un particolare problema, generalmente di rilevanza clinica, in cui gli autori hanno ricercato nelle banche dati gli articoli pertinenti, per poi sottoporli a un rigoroso processo di critical appraisal, escludendo la ricerca di valore scientifico insufficiente. Il tutto attraverso un processo trasparente e ripetibile. Il risultato è un distillato della migliore letteratura scientifica disponibile. Esiste un’organizzazione internazionale il cui scopo principale è quello di redigere e mantenere aggiornate revisioni sistematiche: si chiama Cochrane Collaboration, dal nome di un epidemiologo inglese le cui idee contribuirono a gettare le fondamenta della evidence based medicine.

Peer review

Processo con cui le riviste biomediche più autorevoli selezionano gli articoli scientifici. In breve, ogni articolo proposto dagli autori per la pubblicazione viene inviato dal direttore scientifico della rivista (l’editor) a uno o più autorevoli ricercatori, esperti in quel particolare campo di ricerca. La decisione finale circa la pubblicazione dipende in massima parte dal giudizio di questi arbitri imparziali (i referee).

Studio osservazionale

Quando il ricercatore si limita a raccogliere informazioni su uno o più gruppi di pazienti senza intervenire direttamente, ad esempio sul trattamento, ma limitandosi a osservarli in un momento preciso o per un periodo più o meno lungo. Ingiustamente messo al bando dalle frange più oltranziste della evidence based medicine, lo studio osservazionale, se condotto correttamente, può fornire indicazioni molto utili al clinico. Si tratta di una categoria molto ampia, che comprende studi tra loro anche molto diversi.

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Prof Giovanni Lorenzo Lodi

PROF. GIOVANNI LORENZO LODI

Professore associato con funzioni assistenziali presso il Dipartimento di Scienze Biomediche Chirurgiche e Odontoiatriche dell'Università degli Studi di Milano, co-editor in chief di Oral Desease e direttore scientifico della rivista Dental Cadmos, Honoray lecturer presso l’Eastman Dental Insititute, UCL London, Membro dello Steering Committee del World Workshop in Oral Medicine, Editor del Cochrane Oral Health Group, Fondatore di D.O.T..

Elastodontic Therapy®: La nuova frontiera

Con il termine Elastodontic Therapy® si intende un nuovo approccio alla terapia ortodontica nel rispetto di principi importantissimi come la miniinvasività, il rispetto dei tessuti orali e la semplificazione delle cure; parliamo quindi di ortodonzia preventiva ed intercettiva che ha come scopo principale la cura delle malocclusioni scheletriche sin dalla loro comparsa, con dispositivi miniinvasivi che richiedono una minima collaborazione da parte del piccolo paziente; ma nello stesso tempo parliamo di sensibilizzazione ad una cultura adeguata per una crescita fisiologica delle strutture facciali in maniera da ritrovare la giusta relazione cranio-mandibolare, vera base posturale.

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Sigillanti dentali: meglio con o senza sistema adesivo?

Sono recentissimi i dati pubblicati dall’autorevole The Journal of The American Dental Association (JADA) sull’utilità di applicare un sistema adesivo (bonding) prima di un sigillante dentale a base resinosa. Il razionale pone le basi sulla capacità dell’agente adesivo di aumentare la forze di legame tra struttura del dente e materiale riducendo il microleakage, ossia l’infiltrazione marginale di fluidi, batteri, ioni e molecole tra dente e restauro.

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Patologia orale e malattie della bocca

Partiamo dall’inizio. Di cosa si occupa uno specialista in patologia orale?

Con patologia orale, o medicina orale, se vogliamo usare l’espressione utilizzata prevalente nel resto del mondo, si intende una specialità che ha un campo di competenza molto ampio con dei confini piuttosto sfumati. Per semplificare, potremmo dire che lo specialista in patologia orale si occupa della diagnosi e del trattamento dei pazienti affetti da tutte le condizioni e i disturbi che colpiscono la bocca, con l’esclusione di carie e malattia parodontale. Questo significa che in un ambulatorio di patologia orale sarà possibile incontrare pazienti affetti da condizioni piuttosto comuni e relativamente innocue come le afte, così come pazienti con il cancro della bocca.

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Dentalbaby
dentalbaby è un brand ideato dalla Dott.ssa Tiziana Anedda
Sede legale: Via Stendhal, 72 | 20144 Milano (MI) | P.IVA: 02991440922 | C.F.: NDDTZN78L57H118H
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Dott.ssa Tiziana Anedda | Iscrizione all'Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Cagliari | Albo Odontoiatri pos. n° 726 | Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria all'Università degli Studi di Cagliari in data 15/07/2004 | Abilitazione conseguita nella II sessione del 2004 presso l'Università degli Studi di Cagliari | Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica conseguita presso l'Università degli Studi di Milano.
La Dott.ssa Tiziana Anedda dichiara che il messaggio informativo contenuto nel presente sito web è diramato nel rispetto delle linee-guida contenute nelle "Direttive per l'autorizzazione della pubblicità e dell'informazione su siti internet e per l'uso della posta elettronica per motivi clinici". Dichiara, inoltre che il sito web corrisponde alle linee-guida inerenti l'applicazione degli art. 55-56-57 del Codice di Deontologia Medica (pubblicità dell'informazione sanitaria).
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